mercoledì 12 ottobre 2011

RETHINK II: Siamo italiani o siamo umani

Il 6 ottobre Jobs muore e si innalzano ovunque cori piangenti, si abbassano ovunque capi e cappelli, cadono ovunque lacrime, e si levano da ogni dove preci e preghiere.

L'8 ottobre girano mail, blog e proclami su quanto Jobs fosse un tagliatore di teste, un padre degenere dedito al lavoro a scapito della famiglia, un iracondo bastardo che tutti temevano.

Sui forum di arrampicata, subacquea, giardinaggio, cucina, amateurs sex, feng-shui e ikebana si alza la polemica tra chi protegge il buon nome di Steve e chi lo denigra. Qualche voce pare più oggettivamente pacata e invoca l'espressione da parte della massa (tutti noi) di semplici opinioni sull'operato di Jobs (Apple, il Mac, l'iPhone, etc), anziché di giudizi sulla persona.

Condivido questo atteggiamento fintanto che queste persone non citano la trasposizione campana della vita di Jobs e di Apple Incorporated (che può essere trovata su un blog che si chiama isegretidellacasta). Ovviamente in questa trasposizione Jobs finisce a fare il garagista dopo essere stato vessato da strozzini, agenti corrotti (di qualsiasi arma e ordine), malfidenza, delazione, camorra, e chi più ne ha più ne metta.

Senza contare che, se io fossi campano, forse un po' dovrei risentirmi, o quantomeno affrancarmi, o spiegare agli altri che stronzate simili fanno (poco) ridere e fanno molto comodo a chi abbia tutto l'intresse a lasciarsi ricadere in luoghi comuni ed etichette trite e ritrite, ciò che più mi colpisce è il primo (più recente) dei 26 commenti a quel post: un tizio che dice che in Campania proprio non c'è verso di far emergere la genialità: lui stesso ci ha provato ma lì a Napoli è impossibile.

Io ho qualche domanda:
  • da dove ci deriva questa compulsione irresistibile a giudicare esseri umani dei quali nosappiamo nulla se non le poche informazioni diffuse sull'orbe terrarum, spesso connesse a ciò che l'essere umano fa (e non ciò che è)?
  • perché dobbiamo sempre uniformarci a tendenze (contribuendo a crearle, diffonderle e potenziarle)?
  • perché non siamo in grado di prendere il meglio e lasciare il peggio? Eppure lo facevamo quando non ci chiedevamo se Schweizer, Einstein o Churchill fossero santi o figli di troia e ne apprezzavamo le scoperte, le teorie e le doti di statista e politico.
Ma soprattutto:
  • se un qualche tecnico informatico nostrano non è il Jobs, il Gates, lo Zuckerberg italiano, è perché da noi la genialità non ha modo di esprimersi?

lunedì 10 ottobre 2011

RETHINK: stay hungry, stay foolish


Steve Jobs muore, e ovunque rimbalzano le sue 4 parole più recentemente famose: stay hungry, stay foolish. Parole del 2005 - lo scopro ora - che riemergono all'attualità viva e drammatica come pronunciate dal letto di morte per un'imperitura epigrafe, un testamento morale: restate affamati, restate folli.

In realtà so di questo suo dicorso da un certo tempo, ma fino ad ora non ho sperimentato alcuna curiosità di leggerlo; quelle 4 parole mi sembrano un ottimo mantra per aspirazioni pseudoeroiche, proprio ciò che in me combatto dopo aver percepito che per me erano spinte viziate dal bisogno di compensazione.

Però, ora che quelle parole si sono gonfiate in uno dei più densi cumulonembi nelle tag-clouds del web, mi prende la curiosità di approfondire. Cerco e trovo il discorso, che leggo in dieci minuti e che prima di arrivare al roboante epilogo riporta tre episodi di vita vissuta. Non ho bisogno di spremermi le meningi costipate dall'influenza per comprendere che quella fame e quella follia sono forse ben diverse da ciò che suggeriscono se decontestualizzate.

Restate affamati, restate folli.

Cosa significa, conservare la fame di successo, gloria e realizzazione?
Conservare la follia di avanzare casualmente sull abase di impeti ed impulsi irragionati?

Perché quelle 4 parole, private delle duemila che le precedono e che danno loro contorno e contesto, genesi ed esegesi, richiamano alla mente scene di un Vin Diesel furente e muscoloso, fuorilegge eroico e fascinoso, che sbaraglia i Necromonger per ergersi infine sul loro stesso trono. Bello, eroico, un po' dannato, affascinante, potente, irriconducibile entro leggi e schemi...

E' questo che intendeva Steve Jobs? Magari sì, ma io non lo credo. Ovviamente, però, che ciascuno creda ciò che preferisce, anche perché è irrilevante, mentre molto più rilevante è come ciascuno di noi deciderà di fare suo, se vorrà, quel monito. Innegabilmente a me il discorso ed il suo epilogo hanno toccato nervi scoperti, sensibili, che forse avevano bisogno di parziale rivitalizzazione. Allora cosa significa, secondo me, restare affamato e restare folle?

Significa non dare mai per scontato che ogni traguardo raggiunto si trasformi in un valore pienamente acquisito e indefinitamente disponibile. Significa non cedere mai alla stasi derivante dalla comodità. Significa non smettere mai di dialogare con se stessi e continuare a porsi domande per trovare nuove risposte o confermare quelle già pensate. Domande come

chi sono?
cosa voglio?
sto bene così?
potrei stare meglio?
sono ancora vivo?
sono ancora curioso?
sono ancora capace di vedere il bello che c'è al mondo?
sono ancora capace di inorridire del brutto che c'è nel mondo?

E per quanto riguarda la follia? Mah, qui è più difficile, fumoso, qui è possibile trovare mille declinazioni diverse per ciascuno dei 6 miliardi e mezzo di persone del pianeta. Per me questa follia è la follia di non essere affamati di altro che di se stessi. La follia di mirare a volersi bene anche quando questo dovesse significare, per tanti, rinunciare al proprio bene in termini di realizzazione professionale, stipendio, beni accumulati, etc.

Perché una cosa che ho capito - e non nel senso che sia assoluta e dogmatica, ma nel senso che l'ho capita perché per me vale ed ha senso - è che l'unico modo per volermi bene è trattarmi come una pianta, un fusto ancora verde, o pure vecchio e scorzoso, ma che comunque ha bisogno di poche cose semplici, grandi e importanti, per crescere: luce e acqua, vista e nutrimento. Non macchine, vestiti, manie, identificazione con miti o squadre di calcio o eroi o partiti; nemmeno potere o fama o gloria. Luce e acqua, elementi essenziali per vivere, rigenerare ogni mio pensiero in continuo, alimentarne di nuovi e più freschi.

E mi chiedo se Steve Jobs considererebbe / considerava affamati e folli quelli in coda per 12 ore per avere l'i-pad2. Se considererebbe affamati e folli i cori piangenti che salmodiano preghiere davanti alle vetrine degli Store accendendo lumini e attaccando post-it.

Mi chiedo cosa ci sia di affamato e folle nel vivere per accumulare amici su Facebook, per avere in anteprima i-Phone 4 e i-Pad 2. Mi chiedo cosa ci sia di affamato e folle nel delegare se stessi ad un logo, ad un'innovazione tecnologica, a 4 parole sulle quali non ci si sofferma a pensare nemmeno un istante e subito si dice "che belle, che genio".

La differenza è che Steve Jobs quelle parole le ha pronunciate e fatte sue alla fine di un discorso di altre 2210. La differenza è che Steve Jobs l'i-Phone lo ha immaginato e poi realizzato. La differenza è che Steve Jobs si è tolto dall'università perché non ci vedeva un senso ma ci è rimasto senza pesare sui genitori per seguire corsi di materie che gli interessavano (anziché chessò, ad esempio, rimanerci per anni a cazzeggiare ben pasciuto dall'affitto pagato da papà). La differenza è che Steve Jobs ... è Steve Jobs. E chi anziché seguire se stesso si ponga in scia a Steve Jobs, credo non abbia proprio capito un cazzo di ciò che Steve Jobs voleva dire.

Ma questa è solo la mia personale opinione. Ed io non ho mai nemmeno avuto un Mac...

giovedì 21 luglio 2011

Sono tela, sono pagina


Scorrono via i colli di Bologna, insieme all'asfalto che scivola sotto queste 4 ruote consumate troppo.
Scorrono via rimorchi lustri che riflettono i campi, scorrono via campi chiari che riflettono sagome in corsa.
Questa notte scorreva acqua sui vetri e i fulmini urlavano in cielo bianchi di tuono; io mi svegliavo, e ridormivo.
Questa mattina scorrevano in cielo lembi e strappi venuti da un ottobre fuoriposto, e subito spazzati via.
Questo pomeriggio hanno ridipinto il mondo con colori che squillano di verde, di grano e di cielo, ed io parto.

Vedo i colli, vedo i monti lontani lontani che sono vicini come da qui non erano mai stati prima, e mi chiedo perchè io non sia un pittore, perchè io non sia uno scrittore, per disegnare a tinte e parole questa magia.

Scorro sull'autostrada e tutto scorre con me, le anatre in cielo e sono nove, protese verso il tramonto che fonde zaffiri in oro. Una ad una le vedo in formazione sparsa come giusto, come bello, tutte a spingere sull'aria zucchero che stasera è fragrante come un pane profumato di lieviti e caldo di crosta, che è buono anche solo da tenere fra le mani. Buono da odorare come odora l'aria in cui ritornano gelsomini rinvigoriti.

Scorro sul fiume che una settimana fa era palude, che ieri era la pelle morta di un serpente gigantesco, scorro sul fiume che è uno specchio scheggiato di minuscole onde colorate di tramonto, frante dalla vita che scorre e scorre e scorre e io passo oltre in un turbine magico come mi tuffassi nel caleidoscopio magnifico di un Dio che sorride. Incrocio persone che ti vengono a salutare e ci incrociamo nell'Ambra anche adesso che strade differenti ci scorrono sotto ruote diverse, e se non è magia questa...

Ma ancora mi chiedo perchè io non sia un pittore, o uno scrittore, per riversare in chi amo questa bellezza che pervade ogni spigolo di fabbrica e stelo di avena e campanile lontano e lamiera lucida di brezza della sera.

Scorro e tutto scorre, e ascolto una lingua strana che è solo simile alla mia, incomprensibile abbastanza da conservare intatto il dono di nuove rivelazioni ad ogni istante. Mi avvicino a te e a casa mentre i colli ora sono enormi e quieti al mio fianco, e i monti là in alto hanno corolle di petali-nuvole tutti scompigliati da qualche vento che da qui non so odorare ma posso immaginare come preferisco. E mentre sto per domandarmi ancora una volta perchè io non sia un pittore o uno scrittore abbastanza bravo, capisco.

 Capisco che non è ciò che vorrei, o almeno non adesso né qui. Mentre il sole si frantuma tra tronchi impazziti e regala frammenti di piombo fuso, mi guardo nello specchietto e mi  vedo tutto colorato, e allora capisco. Vedo, nei miei occhi e sulla mia pelle, che c'è dipinto e scritto tutto quello che mi fiotta attraverso gli occhi fin dentro, fin giù, fino in fondo.

E allora capisco che non sono né pittore né scrittore, ma sono tela e sono pagina.
E la magia di questo mondo magnifico si dipinge e si racconta su di me e attraverso di me.
E allora mi basta, e devo solo accendere questa sigaretta e versarmi tre dita di vino in un bicchiere,

mentre ti aspetto.

venerdì 24 giugno 2011

Per scrivere bene


Mi serve un temperamatite, una volta ogni tanto, una volta di più di quanto io non creda.
Mi serve un temperamatite per togliermi di dosso una scorza vecchia e ferma, stanca e scura.
Mi serve un temperamatite perché ho bisogno di esporre i miei strati più nuovi e vivi.

Mi serve un temperamatite
Per stringere due dita di roccia sopra il nulla, per stringere una mano calda contro il mio petto.
Per tuffarmi nel vuoto senza paura di cadere, per tuffarmi in un viaggio infinito partenza 6 agosto.
Per arrivare in cima a un muro giallo e grigio, per arrivare oltre me stesso e trovarci noi due.

Mi serve un temperamatite
E lo trovo su una strada sotto il sole dentro il cielo attraverso l’acqua spruzzata sopra un campo.
Lo trovo insieme a parole che non capisco e mi cantano l’odore d’erba salvia e panni stesi.
Lo trovo su quello scoglio mai visto ritratto in una minuscola foto che conservo da tre anni.
Lo trovo quando mi abbracci, prendi spago e forbici, e ripari ai danni della mia stupidità.
Lo trovo quando mi sdraio nel buio e ti ascolto respirare, e allora sorrido anche se la notte sarà agitata

Mi serve un temperamatite per riscrivere parole dette mille volte e dimenticate una di più:
ci vuole costanza, per essere felici.

Mi serve un temperamatite,
e basta aver voglia di cercarlo
per sapere dove trovarlo.

giovedì 23 giugno 2011

Spezzate


Odio la mia indolenza la mia stupidità il mio rimandare il mio non aver voglia di fare un cazzo e dire che voglio e che faccio e che mi ci metto e che concludo e che rimedio e che sistemo e che e che e che e che e che e che gran stronzo che sonoooooooooooooooooooo

e son cadute spezzate devastate. Ed è solo colpa mia. Fottiti Andrea, vaffanculo Andrea, sei una testa di cazzo, Andrea.

venerdì 6 maggio 2011

La verità sconcertante


Viso lungo e magro, carnagione scura, capelli / barba ricci.

Modi decisi, una bella capacità oratoria, poco gestuale ma ben studiata.

Il declino dell'uno, l'ascesa dell'altro, fino all'epilogo: la morte dell'uno, il trionfo dell'altro che ne risolleva le sorti interne.

E poi diciamocelo, l'antagonismo con il predecessore come fil rouge.



Gli elementi sono chiari, evidenti, e le prove direi inconfutabili. E infine che dire... Sappiamo tutti come sia facile confondere il nome dell'amata con quella della (precedentemente) amata, no? Ed è quindi una tattica nota, e diffusa anche in molti film, quella di fare in modo che le due condividano lo stesso nome così che un errore non abbia alcun effetto pratico.



A questo punto mi chiedo: abbiamo bisogno di altre prove per capire e asseverare la vera verità? Abbiamo bisogno di documenti e immagini per comprovare ciò che in fondo tutti sappiamo? Abbiamo davvero bisogno che qualcuno ci apra occhi che sono già da tempo aperti e ben vigili? Forza, lo sappiamo tutti, ed è ormai dimostrato, accertato, acclarato, opinione condivisa, che ...



OSAMA è OBAMA!



Sono sicuro che basta che un paio di rincoglioniti rimbalzi questa cagata per l'etere cibernetico, e a breve qualche mongolo darà conferto a questo evidente colpo di scena che viola un segreto così evidentemente mal custodito e ormai desecretato / desecretabile!!!



Saludosssssssssssssss



P.S.

la famosa foto della Situation room pare ritragga i partecipanti intenti a pilotare il gioco di ruolo dell'assalto al noto compound. Con una tecnica simile a quella usata da Cameron per Avatar, Obama stava pilotando il suo alter-ego (pare che la controfigura sia Will Smith) mentre la Clinton si imegnava a manovrare i Seals. Il momento topico ha visto la predeterminata uccisione dell'avatar di Obama (vedremo mai più film di Willy?), mentre la Clinton, mano sulla bocca a trattenere un grido di gioia entusiasta e stupita, mormorava "cazzo, ho fatto il record!"


lunedì 18 aprile 2011

Ricetta di primavera


Prendi sole caldo, cielo terso e vento leggero.

Prendi rosmarino fragrante, aglio fresco e olio lucente.

Prendi vino bianco, pomodori rossi e basilico verde.



Danza tra tavoli, tovaglie e bicchieri.

Intessi odori, sapori e temperature.



Servi su piatti bianchi, servi a visi sorridenti,

servi chiacchiere, felicità e silenzi.

Miscela tutto con lieve musica di cicale.

E lascia stemperare fino al ritmo dei grilli,

fino a che dentro l'ambra avvolgente di piccoli bicchieri,

non si specchino mille lucciole ammiccanti.


martedì 5 aprile 2011

Disertare come unico atto civile


Guardo i TG, ascolto la destra, la sinistra, il centro. Vedo la Santanché priva di idee, e provo raccapriccio davanti a De Magistris ignorante. Vedo il bel visino da cerbiatto della Carfagna ed il suo videomessaggio da Posta del Cuore, e rimango inerme davanti alla violenza verbale della Bonino. Mi ripugna l'ignoranza di toni, concetti e ideali di molti esponenti leghisti, e mi orripila la vuota retorica demagogica di molti mebri di questa sfasciata sinistra. Rimango basito davanti a Paiella che nella sua imitazione è credibile quanto il Di Pietro originale, sconvolto nel vedere l'oscenità estetica e morale di Ghedini, stralunato nell'udire dichiarazioni di Buttiglione che forse pure Ratzinger riuscirebbe a trovare retrograde.



E si può andare avanti all'infinito. Perché il trend è discendente su questa stessa costante e immodificabile linea: il governo ogni settimana sdogana un grado in più di immoralità, e ogni settimana l'opposizione dimostra un grado in più di inconsistenza.



In tutta onestà credo che l'unica strada, giunti a questo punto, sia quella che l'Italia rappresenti se stessa attraverso ogni suo singolo cittadino, poiché i rappresentanti eletti stanno giocando partite che sono avulse dal popolo e dal concetto di democrazia. E l'unica partita che un popolo può giocare scendendo in campo, è la rivoluzione. Ma poiché abbiamo case e stipendi, cibo e acqua, non scenderemo mai nelle piazze di Roma e di ogni altra città per sovvertire attivamente l'ordine costituito.



E nemmeno lo vorrei. Nemmeno me la auguro, una vera rivolta.

Ciò che auspico, che vorrei avere la voglia e la forza di proporre davvero, è una ribellione passiva, e come tale tanto dirompente - in quanto ribellione - quanto facile da attuare - in quanto passiva: non votare.



Non andare più a votare, per referendum, politiche o amministrative che siano. Disertiamo i seggi. Disertiamo i seggi! Quanti di noi dicono ormai "io non so per chi votare, io non vorrei votare nessuno ma devo scegliere il male minore, io non vorrei votare quello là ma quello là è l'unico che si oppone a quell'altro là...". In quanti facciamo questi ragionamenti?



E' possibile che un paese sia costretto a setacciare i rifiuti del cassonetto per trovare una classe politica dirigente che, lungi dal soddisfarci, ci dia quantoeno una minima speranza di non farci rimettere di stomaco?



Nè Berlusconi né Bersani, né Bossi né Maroni, né Franceschini nè Bindi. Non ci rappresentano né Grillo né Vendola, nè Di Pietro né Casini, De Michelis, Craxi, Buttiglione o D'alema, e tantomeno la Bonino, Pannella, Bocchino, Fini, Storace o de Magistris.



Nessuno, nessuno, nessuno.



DISERTIAMO I SEGGI.

DIAMO IN MASSA UN SEGNALE DAVVERO FORTE, DIROMPENTE.

DISERTIAMO I SEGGI.



Ci diranno che così non si giunge a nulla?

Io chiedo: e invece votando comici o mafiosi, ignoranti o trufffatori, voltagabbana o fascisti, razzisti o demagoghi dell'integrazione sine limite, dove pensiamo di giungere?

 



DISERTIAMO I SEGGI !!!


sabato 19 marzo 2011

Incantesimi quotidiani


C'è magia in molte piccole cose, anche del quotidiano. Magia, o qualcosa di bello e impalpabilmente gioioso che le assomiglia.



La magia del cioccolato fondente che si scioglie a bagnomaria con la panna e diviene una crema lucida e profumata di altopiani lontani. La magia di polveri e materie prime che, miscelate, lievitano in forno e divengono bigné dorati. La magia di un piatto che vira ad un succulento spezzatino invernale, e viene deviata verso profumi primaverili con un tocco di limone nel fondo di cottura. La magia di montare la panna e proseguire, continuare, insistere fino a che le fruste non inizino a fare uno strano rumore di sciaguattìo; continuare ancora e scoprire che la panna si è addensata in burro, ed il siero si è separato. La magia di cucinare e dare vita a piatti e ricette, odori e sapori, bevendo un bicchiere di Franciacorta in cui trillano migliaia di perle, e sedendosi a tavola soddisfatti brindando con "evviva".



C'è magia in molte piccole cose, come aggirarsi per il mercato all'ombra del bel palazzo della Ragione, scegliere i carciofi più gonfi e sodi, l'erba cipollina e le erbette di stagione. O passare in rassegna i banchi sotto i portici e riconoscere i tagli della carne e la provenienza dei formaggi, la qualità di una bella mortadella odorosa di campagna e di emilia, e scorgere l'austerità preziosa di un Romané-Conti in esposizione.



C'è magia in molte piccole cose. Ed è una magia anche solo saperle cogliere, queste piccole magie, e dar loro vita e colore con piccoli incantesimi di un giorno qualunque.


mercoledì 16 marzo 2011

Mia cara


Mia cara,

il giorno oggi non si è levato se non di sbieco, forse acciaccato da qualche stagione di troppo. E così giace a mezzo busto, appena sopra i colli, sfumato da quinte di pioggia che si levano in fumi e vapori. Da qui dove io sono, come compagna una sigaretta che brucia lenta ed una tazza di thé, mi perdo nel contrasto tra dentro e fuori, tra luci ambra e lucori lattiginosi, tra calma placida e tempesta stolida.

E penso a mille cose che mi danno gioia e a mille altre che mi danno ansia. Penso alla stupidità dell'uomo che dimentica di imparare da se stesso, e alla stupidità di questo uomo che sono io, che talvolta dimentica di setacciare le ore ricavandone le pepite dei sogni che cova e di quelli che con te vive.

A presto mia cara, è mattina.

martedì 15 marzo 2011

Mi fate schifo


Mi fate schifo, surfisti sciancati del web. Voi che a fronte di qualsiasi evento scegliete la strategia dell'informarvi presso la controinformazione, seguendo percorsi celati ed esotici per giungere alle fonti più libere, ignorando che la libertà di dire e scrivere il cazzo che ci pare, nel web, è la base stessa della mancanza di qualsiasi radice oggettiva in ciò che vomitiamo per amor proprio. Per amor proprio e per avere un seguito di foche plaudenti.



Nel vostro insegurie l'usta della celata verità nascosta, come cazzo fate a non vedere che avete come compagni di gimkana altri surfisti vostri pari che correndo paralleli a voi finiranno per trovare tesi identiche ed antitetiche alle vostre?



Scambiate il senso critico con la cieca fede in minuscoli divi.


lunedì 14 marzo 2011

Colpito


500mila senzatetto, 100mila dei quali sono bambini, ospitati in palestre e scuole a condividere acqua, poca, e cibo, poco. Giovani e anziani che si aggirano tra necropoli sfasciate camminando su stratrificazioni di cadaveri, sul proprio passato tritato, su ruderi che paiono inadatti a far germogliare anche la più piccola visione di rinascita. Migliaia di vittime e superstiti che si aggirano con le foto dei cari dispersi, magari ritratti sorridenti in un giorno qualsiasi prima dell'11 marzo.



Tutto questo mi colpisce, anche per il grottesco contrasto con ciò che del Giappone è giunto fino a noi negli ultimi decenni, tra tecnologia, manie, luci e samurai impermeabili allo scorrere della storia.



Ma mi colpisce ancora di più vedere il sorriso di un giovane prima, di una madre poi, ospitati presso un centro di accoglienza. Sorriso. Il sorriso che viene dalla consapevolezza di essere vivi e di avere ancora se stessi (e assolutamente nient'altro). E mi colpisce la compostezza di chi osserva lo sfascio che prima era la propria vita, e dice "non ho più nulla" eppure già lavora per ricostruire il proprio futuro.



Nessun giudizio, nessuna elucubrazione, nessuna sega mentale. Ancor meno qualche teorema sul nucleare, sulla mentalità asiatica, sulle speculazioni future e altre amenità simili tipiche di chi ha un sacco di fiato da sprecare su cose che non lo tangono se non attraverso TV e web e media.


mercoledì 23 febbraio 2011

In linea


cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate cazzate



Tanti contenitori e nessun contenuto con cui riempirli. Il problema della tecnologia è che ci sta mettendo di fronte a noi stessi. E finiamo per scoprire che non ci sono mai mancati i mezzi, ma continua a mancarci la materia prima.


mercoledì 16 febbraio 2011

Cose che mi piace fare


Arrampicare, sempre e ancora. Alti e bassi, più o meno motivazione, periodi di stanca che coincidono con momenti nei quali perdi di vista gli obiettivi e ad essi sovrapponi quelli sbagliati... Eppure poi la voglia torna sempre, colorata del giallo di un bel muro strapiombante, incorniciato da lecci verdi e da un cielo turchese.



Cucinare: è una scienza, un'arte ed un passatempo che richiede dedizione, studio ed attenzione. E forse passatempo è per questo un termine sbagliato. Ma quando trasformi la materia creando da polveri e ingredienti di base piatti belli, buoni e che condividi con gli amici, è una soddisfazione enorme.



Vivere qui, con te, a fare cose o a farne poche, anche se si è stanchi ma soprattutto quando esplode la felicità di condividere un momento pur qualsiasi.



E poi altro. Ma finalmente la Virtual Machine si è spenta e posso chiudere questo portatile e dedicarmi insieme a te all'aperitivo e alle strette porro e salsiccia.



Evviva!


venerdì 11 febbraio 2011

Chiamato in causa


Mi sento chiamato in causa su un tema di particolare successo: la celebrazione del 17 marzo. Bè, è un giorno di festa e ritengo doveroso celebrarlo festeggiando. E non raccontiamoci cazzate: se gioia e celebrazione potessero essere tali pure nella ristretta sfera dell'intimo dell'individuo, a cosa servirebbero le chiese, ad esempio? (oh, qualcuno ci riesce ed è così bravo o ci crede così tanto che davvero ce la fa)



In ogni caso io il 17 marzo lo celebrerò standomene comunque a casa e facendomi i cazzi miei, sperando che sia una bella giornata di sole. Già da anni lo faccio. Me ne sto a casa il 17 marzo. E lo celebro da molto molti anni. Direi 37. Anche se dei primi non ho un gran ricordo.



L'unica cosa è che non capisco come mai solo ora l'Italia s'avveda che è il caso di festeggiare il mio compleanno...