giovedì 31 luglio 2008

Mi vedo guardare

310708 - Io left310708 - ScoglioMi guardo e mi vedo seduto su uno scoglio a guardare il mare che sbatte le onde contro la roccia. Blu e turchese che si mischiano di bianco contro la roccia gialla e rossa. Caldo sulla testa, caldo che morde il corpo, vento che lenisce i morsi ma che strizza striature di sale sulla pelle, che pizzica e tira. L'odore del mare, quello mi manca, ed è strano come mi manchi in questa estate, quando in tante altre estati ciò che più mi faceva vibrare e fremere per partire era l'aroma penetrante di bosco e resina, l'odore secco e caldo delle pareti di roccia e la brezza fresca che scivola e rotola dentro le valli. Mi piace avere desideri e sogni diversi, mi piace riconoscermi un po' meno del solito. Ma mi piace anche ritrovarmi sui miei piedi, seduto sul mio culo qui in ufficio, eppure ubiquo tra valli e su scogli, a zonzo per i Campi Elisi nell'odore di crepes e grandeur, estatico in Irlanda tra manzo bollito e la liquirizia liquida di una Guinness appena fresca, o perduto nel mare di spezie e odori appuntiti, di stoffe e colori saturi, di ori e riflessi cangianti del Gran bazaar di Istanbul. Vorrei essere ovunque, e un po' riesco pure a esserlo. Sarà la consapevolezza che c'è poco che non sia davvero raggiungibile e la serenità di vedermi seduto col culo qui su questa sedia per un solo motivo, e cioè perché in fondo questa è la mia scelta. Sì, in estate non faccio ferie, ma sfavilleranno come minuscoli brillanti quei pochi giorni, appiccicati speranzosi e densissimi a qualche weekend, nei quali sceglierò di muovermi qua o là. E sarà una magia che conosco e che mi privilegia (nella fortuna che ho di poterla compiere) quella di andare ad annusare la vita di altri luoghi quando questi saranno tornati alla loro normalità; quando ad Arco di Trento ci sarà meno folla sulle pareti, quando l'antichità vivente di Ragusa sarà restituita in parte a se stessa, quando la risacca di un bel mare caldo batterà sotto cieli limpidi e magari non sarà intrecciata a grida e schiamazzi...


...Scrivo a vanvera e a caso. Sono seduto qui, sul mio culo e sulla mia sedia, ma piccoli byte nell'etere mi hanno portato lì su quello scoglio, proprio lì ad annusare odori di vento e di vuoto, di voglie e desideri e pace. Dopo la spesa a domicilio, che già mi parve una meraviglia di incantesimo anni fa, ora anche gli scogli a domicilio. Va' che potenza, 'sti aggeggi!!! Besitos para todos!

soffffffffiaaa...

Vento sottile vento del mattino, vento che scuoti la cima del mio pino, vento che balli che danzi la gioia tu ci porti vento sottile... Ecco, non mi è mai piaciuta e non ci ho mai trovato un gran senso, che al mattino posso trovare sottile l'aria, soprattutto in montagna, ma non il vento. E poi è così goffa la cosa dello scuotere la cima del mio pino, ha un che di volgare. Vabbè.


L'ombra del vento di Carlos Ruiz Zafon è un libro che mi è piaciuto, nella sua semplicità, un libro che mi ha commosso nella schiettezza delle emozioni che narra e riesce a far pulsare. Per le strade di Barcellona tira un vento che cambia le cose, che sa di piscio di vecchi malati e di polvere da sparo, di occhi enormi e liquidi e del fare l'amore per la prima volta, di piccoli uomini duri ed integri e di grandi carnefici molli come piaghe. Sì, proprio bello.

Il vento che detesto di più è quello che soffia pazzo e furibondo in città, che scuote isterico le tapparelle e mugghia rabbioso tra strade e vicoli come un'anima persa, inquieta e folle, che priva di ragione si scaglia contro ciò che incontra. 310708 - Parigi Quando poi questo vento è caldo e sa di ozono e alita nel cuore dell'inverno verminose parentesi di estate indiana, allora mi è insopportabile e mi fa fuggire, scappare.


Mi piace il vento che passa alto sul cielo di Parigi, un soffio largo e vastissimo che spinge via il cielo e se ne tira dietro uno nuovo, un teatro nel quale le scene di sfondo scorrono veloci alle spalle della presenza immota ma consapevole degli attori: Notre Dame, il pinnacolo di Chatelet, le statue dorate di Place de la Concorde, la magia de l'Hotel de Ville, lo sberleffo della Tour Eiffel, la severità della Conciergerie...


Mi ha impressionato il vento che caricava verso di noi dall'oceano, gettandoci in faccia un muro di nubi nere e sferraglianti di tuoni, e che noi sconvolti ed ammirati, quasi inebetiti dalla potenza che ci stava per travolgere, osservavamo dai cliffs of Moher: sulla testa il cielo azzurro, sotto gli occhi il mare blu, davanti agli occhi un oceano di piombo che avanza sotto un cielo di ghisa furente. Terribile, bellissimo.

Mi svuota di pensieri e riempie di sensazioni calde rotonde fragranti il vento secco che soffia dal mare sulla mia pelle bagnata, che mi asciuga e lascia sale addosso, che sa di salmastro e distanze soleggiate, di rifugio nel fresco dell'acqua e di desideri torridi che vengono asciugati aumentandone il calore, gonfiandone la potenza, ripulendone la superficie fino a farli essenziali e vibranti.

Mi scorre attraverso come elettricità azzurra il vento che mi colpisce e sbatte contro la roccia, che mi soffia le corde e minaccia l'equilibrio, che mi fa sentire privo di peso e sicurezza attaccato ad una parete a 100 metri dal suolo. Mi scorre attraverso e mi dice la verità su quanto io sia piccolo eppure tenace, mentre le dita stringono e si aggrappano, e la voce viene gettata via, e le rondini mi sfrecciano accanto.


E poi ci sarebbe quello del deserto e del monsone, quello epico dell'uragano e quello devastante del tornado, quello che muove in onde i campi coltivati e quello che leggero soffia sugli steli di lavanda... e tanti tanti altri ancora.

mercoledì 30 luglio 2008

Yeppahhhhh!

Il mulo ha inforcato gli occhiali e non è più miope, ma tutt'a'ffoco. Ha affettato cetrioli in fettine sooooottilissime e se li è adagiati sotto i quarti inferiori, e ha spolverato pure un po' l'insegna. Oh! Niente che restituisca nemmeno un briciolo d'ispirazione per oggi, ma va così e va bene. E buona serata, va'!

Ah, 'spetta, dimenticavo di dire un paio di cose su matrimoni e funerali...


Matrimoni: dei vostri son fatti vostri ma per il mio, se mai un giorno ci sarà, libero chiunque da ogni virgola anche minuscola di obbligo. Se verrete anche solo un po' controvoglia, siete coglioni! Io ve l'ho detto e avreste fatto meglio a fare altro, che l'amicizia non è nel rendere onore in queste circostanze!

Funerali:
idem come sopra con il rafforzativo che se anche io stessi mentendo, in questo caso non potrei nemmeno farvela pagare, quindi sareste doppiamente coglioni! Oh!


Comunque - si sa mai - a questo punto io mi tocco. E se devo essere sincero, quasi in egual misura per entrambe le circostanze. Vabbè dai, scherzo no?! Eh...

La fine, la decadenza

Bel bello io andavo 4 volte a settimana in palestra, conducevo una vita sana basata su una dieta equilibrata, dormivo un giusto numero di ore per notte e arrampicavo tutti i weekend. Poi son subentrate le tendiniti agli anulari. Poi gli acciacchi alla spalla. Poi il vino è diventato un interesse, una passione, infine l'alcol una divinità cui levo quotidianamente numerosi brindisi. Infine l'interazione sociale (aka gnocca, amici, gnocca... ehm!) ha modificato le mie ore di sonno, i miei ritmi, la mia voglia di arrampicare. Il caldo si è mangiato la spinta ad andare in palestra, ed ora mi sveglio acciaccato, dolorante, rincoglionito, con un polso che mi fa un male cane, un'immobilità sportiva che perdura da un paio di mesi. Insomma, un cesso!


Però, che dire... Come viale del tramonto, poteva essere peggio. Mooooolto peggio! GARR GARR!!!

martedì 29 luglio 2008

Effimero...

Queste parole scivoleranno nel nulla, bianco su bianco, come neve su neve che non distingui ma che si accumula. Parole bianche su parole bianche, visibili solo finché cadono. Non c'è un senso, solo la voglia di fare questo piccolo scherzo di colori che sfumano.

Poche semplici parole

290708 - Deserto 1Le dune bruciano e cedono sotto il passo, ogni cresta soffiata in giallo contro un cielo blu ed enorme. Pur se fasciati di cotone chiaro il calore ci azzanna e morde ogni millimetro di pelle nuda; l'andatura del dromedario è scomoda e ipnotica, su e giù e tutta colpi nelle reni, mentre l'odore caldo e pungente dell'animale mi arriva in folate intense ad ogni sbattere di vento. Le dimensioni di questo deserto sono così ripetitive e vaste che perdono di significato e si annullano: ad ogni nuovo passo ci si riscopre fermi immobili. Se la bellezza è semplicità ed equilibrio, qui la semplicità di zafferano e cobalto è in perfetto equilibrio sulla linea dondolante dell'orizzonte. Respiro aria arroventata che mi gratta via da me stesso lasciandomi ossa sbiancate e lucenti tra le quali si librano pensieri essenziali.


Saliamo l'ennesima cresta mentre le mie sensazioni si coagulano sull'andatura, sul calore (che è bianco e non è caldo ma solo calore), sulla sonnolenza (che è densa e torpida). Sul filo dell'orizzonte mi capita di guardare là in basso e rimanere senza fiato: in uno stretto intaglio tra alte dune gialle si incunea un triangolo di folta vegetazione, il verde intenso screziato da pozze e ruscelli d'acqua turchese, quasi bianca. Le tende beduine sono quasi invisibili dall'alto; ci accolgono con voci scarne e gentili, e mentre la nostra guida parla e contratta, fuma la pipa e ride, noi beviamo thé alla menta e ci addormentiamo su cuscini ruvidi che sanno di cuoio e lana grezza. Mi sveglio con la sensazione di rinascere, le voci degli uomini e della guida sono un po' più distanti, vedo le tue forme ancora immobili disegnate dal cotone che ti copre, che hai lasciato ti scoprisse qui all'ombra ed al fresco. Vorrei farti l'amore adesso, svegliarti lenta baciando la pelle calda del tuo collo. Ma un pugno di ragazzini irrompe sotto la tenda e tu come un ramo verde schizzi a sedere. Ridono, ci guardano, ci parlano e ci chiamano. Li seguiamo.


L'oasi si incunea in salita stringendosi sempre più tra le dune alte che qui hanno piedi di roccia color ocra. Il ruscello corre rumoroso in salti e si quieta silenzioso in piccole pozze profonde. Ho la percezione netta di vivere in una rappresentazione, di essermi calato in un presepe arabeggiante di quelli che da piccolo andavo ad osservare affascinato nei giorni di Natale. I ragazzini ci chiamano, ci fanno segno di spogliarci e noi rimaniamo in pantaloncini e maglietta. Ci guardiamo, ci prendiamo per mano, ti sfioro la vita e loro ridono e guardano attenti. Ci inerpichiamo sulle rocce e prendendo un respiro profondo li imitiamo, ridendo saltiamo per quattro metri nell'aria tersa, saltiamo dentro l'acqua tiepida, ci immergiamo per indimenticabili istanti in una luce biaca gialla e azzurra. Il sole, poi, ci asciuga respirandoci secco addosso.


Quando il tramonto è la percezione di una variazione nei colori che sposta il cielo verso il malva e le dune verso il pesca, ci rimettiamo in marcia. Un'ora dopo l'orizzonte è un contrasto netto come non credevo ne esistessero, tra il fuoco morbido della sabbia rosa e la vampa violacea del cielo, che ora fonde miliardi di colori in un'unica tempera magica. 290708 - deserto 2 La guida monta l'accampamento, io e te diciamo poco e parliamo tanto nei piccoli istanti in cui incrociamo lo sguardo e ci teniamo stretti in esso. Quando le dune sono profili scuri contro una volta di blu che va in nero, il fuoco scoppietta tra sassi e diffonde aromi esotici. Il pane azzimo cotto sotto la sabbia ci avvolge in spire fragranti e lente, mentre la carne e le verdure, il cous cous e le spezie ci accarezzano i sensi e spalancano una fame gigantesca. Sotto stelle acuminate in sciami infiniti, tra le quali scorre un fiume latteo che solo qui trova senso nel suo nome, mangiamo in silenzio addentando ogni singolo sapore, e lasciando che ci esploda in bocca con un'intensità essenziale che ci fa sorridere di piacere. La guida sistema il fuoco, prende un flauto, e tra note spiraleggianti e parole aspirate intona un canto lieve che sfiora il deserto e corre leggero su di esso, ovunque intorno a noi, come la brezza fresca, quasi fredda, che ci fa stringere nel cotone.


290708 - Deserto 3La guida finisce il suo canto, prende un tozzo di pane tra le dita e lo annusa. Sorride con gli occhi luminosi come perle come acqua come fuochi gentili, lo solleva in alto e con le braccia, in un gesto ampio, include sabbia e dune, cielo e immensità notturne. E come una risata lancia in cielo due parole enormi:


A l l a h   A k b a r


E noi ci guardiamo, ci amiamo come mai ci siamo amati, e dalle nostre labbra esce una risata sommessa in due parole lontane ma incontenibili: Allah Akbar...

lunedì 28 luglio 2008

Sensazioni effimere

280708 - AlbaAnguria e thé alla menta verso l'una di notte sono uno sprone perfetto per alzarsi, pulsanti e martellanti nel basso ventre, a sbirciare l'alba. Sbirciare sì, che queste ore non mi sono propriamente familiari: hanno una consistenza più effimera ed evanescente delle altre ore nelle quali mi muovo d'abitudine. Mi sono sempre domandato se sia qualcosa in me o fuori di me, perché i colori di un'alba sono i medesimi di molte sere e tramonti. Eppure la percezione che ne ho è opposta: tanto il tramonto è un'impetuosa presenza quanto l'alba è una delicata assenza: di rumori, complessità, e di pensieri mirati o troppo elaborati.


Così questa mattina alle 05:45 l'aria fresca, luminosa ed albeggiante mi ha spinto ad appoggiare i gomiti sul balcone per rimanere così alcuni minuti. Nei campi di grano mietuto una macchia fulva si muove senza fretta, e ce ne metto per capire che sto osservando un capriolo, qui su pendii che sembrano agresti ma che sono a 500 metri da una delle vie più trafficate di Bologna. E quel richiamo che piano piano mi penetra la coscienza e diventa una percezione consapevole è il grido di un qualche rapace che ad ali spalacate si muove in cerchi, poi resta come sospeso, poi si abbassa e tuffa a cacciare. Riconosco ogni albero, abitazione e pendio, eppure è come uno di quei sogni nei quali è tutto come lo conosciamo ma tutto ci rimanda una sensazione di estraneità. Solo che qui ed ora è un piacere così semplice e fresco che mi stira e distende e massaggia.


Così faccio una foto, un'immagine che si sgrana ad ogni momento di più, e che non renderà mai nemmeno una di quelle vaghe sensazioni di vuoto e pulito che mi hanno preso in quei momenti. Come un sogno che perdi e dimentichi nonostante ci si sforzi di trattenerlo intatto.

città di avidi bastardi

Epilogo al post precedente: tornando dal concerto io e la blatta chiacchieriamo e passeggiamo e sentiamo da dietro un richiamo: hey signori scusate signori. Ci fermiamo e voltiamo; vi devo chiedere un favore, che avete una sigaretta?. Ci rigiriamo e riprendiamo a camminare No. Un tempo si davano spiegazioni ma adesso la risposta è solo no (enne-o), che proprio vuol dire no non te la do non te la voglio dare. Perché è così, perché io la sigaretta non gliela voglio dare. Ed il mtivo non è mica una questione di principio; il motivo è che chi me la chiede mi sta sul cazzo.


Al nostro No lui abbandona i toni da captatio benevolentiae e ci manda affanculo, camminando spedito e imprecando su toni alti ed arringatori tra i quali percepiamo "qusta città di avidi dove tutti hanno tutto...".


Il tipo è un ragazzino di nemmeno 20 anni, pulito e bello liscio in faccia, capelli scuri ordinatamente sparati, corti, nerissimi. Ha il cane d'ordinanza al guinzaglio, le sneakers a lacci larghi e rigonfi, pantaloni corti lunghi sotto il ginocchio, canotta nera, aggeggi in ferro, insomma il punkabbestia D.O.C.G. da capo a piedi. Ed io proprio non li sopporto più i punkabbestia, e non sopporto i rasta, e non sopporto i sinistrorsi che qui in EmiliaRomagna sono una vera I.G.T. così tutti somiglianti a Trotzki. Leggono, s'informano, discutono, detestano il sistema, fanno del sarcasmo un modo di vivere... ma allora perché cazzo mai dicono tutti le stesse cose e fanno tutti gli stessi discorsi e fanno tutti l'università per poi diventare professori avvocati giudici medici dipendenti statali dipendenti scazzati? E l'anticonformismo del punkabbestia com'è che è così iperconforme a se stesso? No dico in questa città di avidi tu, stronzetto, quanto spendi per il cane che t'ha preso mamma, per la divisa d'ordinanza tutta pulita? E perché il rasta come il metallaro nichilista anarchico ogni quinquennio dopo la maturità finisce per spogliarsi di qualcosa tipo via la chitarra via il giubbotto via l'acconciatura copriamo i tatuaggi e indossiamo infine un completo blu...?!?


Ma dico, tra una divisa stracciata con cane al guinzaglio e ferro attraverso il corpo, e quella in camica Ralph Lauren che svolazza da casa al wine bar dell'aperitivo su un BMW R1200GS, io l'unica differenza che ci vedo è quella cromatica. Per il resto, sono piccole persone che esistono solo in un branco. E a me stan sul cazzo sia i branchi di fighetti sia i branchi di punkabbestia. E tutti i branchi nel mezzo. E vaffanculova'!

domenica 27 luglio 2008

Siete pronti? Lo siamo?

La città brulica: fuori da ogni enoteca e trattoria, wine bar per fighetti o buco per anticonformisti sono in migliaia, fitti fitti, a bere e parlare. Bologna è un opale con i lampioni che accendono di un giallo da torcia e fiamma i medioevalissimi palazzi del centro storico. In Piazza Santo Stefano Emir Kusturica e la No Smoking Orchestra impastano ritmi balcanici tra percussioni e violini, chitarre e pubblico che salta, ragazze issate sul palco e coreografate, e voci in lingue che nessuno capisce ma tutti applaudono esaltati.


Su questa musica il pubblico si esalta, salta e balla. Talvolta a me pare oltre il segno del trasporto sensoriale. Tutti si scatenano in un modo che oltre una certa soglia mi pare quasi sospetto. Io mi muovo, fumo e rido, vorrei andare là nell'epicentro ma non posso né ci riuscirei e mi accontento di vedere tutto da qua. E vedo pugni alzati, mani plaudenti, ritmi inseguiti col corpo e con gli occhi, mentre sul palco si cantano parole incomprensibili che magari di gioioso non hanno un bel cazzo! Che magari parlano di guerra e magari no, che magari raccontano storie tristi e di sicuro anche allegre, che ci portano una cultura che non capiamo per niente, un vissuto che rigettiamo, una vicinanza che temiamo. Poi Emir Kusturica, il regista che qui è in versione di solo-guitar, alternandosi agli altri della band si protende verso il microfono e ad altri "are you ready...?" (tutti rimbombati in Sìììììììììì dal pubblico, qualunque cosa ci abbiamo detto) fa seguire il suo, specifico e quasi atteso:


are you ready for the revolution?


260708 - Emir Kusturica 1260708 - Emir Kusturica 2260708 - Emir Kusturica 3


 


 


 


 


 


 


E la piazza salta e urla come un unico animale che esplode nell'orgasmo.

Siamo pronti per la rivoluzione? Davvero? Ma quale? Quella che fanno gli altri a spese proprie? A noi, a me pare, basta ballare su ritmi diversi, ballare davanti ad un regista che "ha fatto quei film là, un po' così, che hai capito quali insomma..", ballare davanti ad un'orchestra vestita ora come l'albanese che eviti sotto il portico, ora come lo zigano macchietta di se stesso in un film demenzialmente banale, e ci sentiamo a posto. Strappo con la coscienza ricucito. L'odio che riversiamo, il nulla cui diamo seguito dopo l'aver sputato intenzioni e proclamato diversità, l'ipocrisia del definirci diversi rimanendo sempre identici a noi stessi... Tutto sciacquato via. Cazzo se siam pronti per la rivoluzione, sì come no. Intanto, ecco, ci prepariamo così: un concerto gratis, un sabato sera afoso, birra e vino, cani di punkabbestia o Porsche Cayenne in doppia fila, e via. Siam pronti per la rivoluzione, come no, ma ... ecco... aspetta solo un attimo dài, che arrivo anche io eh, giuro, intanto però sai, domani devo studiare, allora ecco vabbè ciao io vado a dormire...

venerdì 25 luglio 2008

e mi ci metto da me...

250708 - Cammello240708 - Righe...che sennò non mi ci mette mica nessuno, in ferie. Così m prendo in braccio, mi sollevo da 'sta sedia, mi lancio fuori delle porte a vetri e atterro diretto al bancone dell'enoteca. Chiacchiere con i due amici, un po' di aromi e sapori giallo paglierini (no non è pipì, grunt!). Stasera Bologna sarà tutta arancio e rosa e rossa, fino a scivolare nel lilla diffuso dal tramonto, poi nel malva della sera, infine nel giallo dei lampioni che accende gli ultimi stralci di cobalto nei corridoi di cielo su cui si stringono i palazzi.


E poi ci sarà altro sole, e i Bernacca dicono pure un po' di pioggia, e penserò spiagge e mari chiari, starò sul bordo di piscine grigliando e scherzando, sudando e ballando, e penserò a pareti e montagne e cosa potrei fare se solo ne avessi la vera voglia, e come un Mulo Imperiale porterò a spasso 140 cavalli, magari facendo sedere a cassetta qualcun altro, magari anche no, chissà. Gusterò nuovi vini? Conoscerò persone? Ballerò fino a sudarmi via l'anima e i vestiti? Smetterò di scrivere auliche frasi come queste ultime? O di postare foto che non c'entrano nulla come quelle (ma il cammello e le righine mi davano gioia in questo sole appuntito di oggi e ieri)? Ah, non lo so. So che ho un'infinità di possibilità e nessuna voglia di razionalizzarle, ordinarle, valorizzarle e sceglierle. A caso fin dove mi va, ciao a tutti, buon weekend!

Lo ridisegno

Il sole sorge giovane come doveva essere due miliardi di anni fa. Sorge dal mare piatto e ancora assonnato, tanto che non si spreca di coprirla tutta, la battigia, ed espone sabbia più scura e levigata, compatta e picchiettata di perle bianche. Non ho fatto colazione, non mi sono svegliato-alzato-preparato: ho solo aperto gli occhi, il sole mi è colato nelle pupille, la doccia è stata veloce e mentre indossavo la camicia chiara ero già sui miei piedi abbronzati, da un sasso lucido all'altro, finché questi stretti viottoli ombrosi non mi hanno sfociato in mare.


Ora cammino sulla pelle levigata della spiaggia mentre sottilissime ondicelle mi lambiscono i piedi. Ho fame e poi ti vedo, sorgi come un punto azzurro. Ho fame e siamo due vertici: il terzo è una veranda di muri bianchi e incannicciato giallo con l'odore di caffé, zucchero a velo e iodature salmastre. Ho fame e questo triangolo rimpicciolisce, cammino in onde ed il triangolo si contrae, un passo mio ed un passo tuo e diverrà un punto. D'incontro. Io bianco come una conchiglia, morbido e roseo come un mollusco in valve svolazzanti di lino. Tu liquida come un'onda tutta d'azzurro in cotone d'acqua, due perle brillanti che son turchesi attraverso il mare, che ogni tanto mi si puntano addosso e si distolgono e mi chiedo se anche tu pensi a geometrie e collassi e languori dolci.


Sotto la veranda c'è il punto. Non dico niente non dici nulla solo ti guardo mi guardi e condvidiamo lo spazio così piccolo. Ordini caffé ed un croissant tiepido come una luna lievitata e ben cotta. Ordino caffé, succo d'arancia ed un croissant giallo di crema. Il punto è senza dimensioni, tutto è qui ed ora, ma ah! non sono bravo non sono capace sono timido non sono... Cosa sono allora? mi chiedo. Sono affamato di un sapore tutto azzurro. Ah, respira, che sei qui e ci sei ora. Respira ti dico! Respiro. Respira che sei al centro di te stesso! Respiro ed è un po' tremulo il respiro, qui sul punto. D'incontro. In due passi, un cucchiaino che prendo tra le dita, una zuccheriera, il tuo gesto interrotto dal mio.


Quanto zucchero? dico tremulo sorriso.

Tu sorridi.

Mi mettete in ferie

Quando uno proprio le ferie le vede con hubble e forse nemmeno ha due scelte: cinturarsi di plastico e immolarsi alla causa (quale non si sa, una qualsiasi va bene), oppure farsi mettere in ferie qui e ora e nella routine lasciando che siano tutti gli altri ad andare a lavorare tra spiagge, montagne, colline, città d'arte ed enogastronomia itinerante, musei e aquapark, diving e guide alpine, bungee jumping e camerieri egiziani, e chi più ne ha più ne metta. Ah, per ognuno di voi - colleghi amici negozianti e conoscenti che tocco sfioro vedo uso bacio ogni giorno - che tira giù la serranda SBRAAAAAANG!!! e ci appiccica una foglio con su scritto "chiuso per ferie" io sono un po' più in vacanza. Che mi fate cambiare la compagnia, i ruoli, le mansioni, carta igienica ed enoteca, frutta e tabacco, parcheggio e tempistiche. Sì, andate, partite, ficcatevi le ferie in bocca e cominciate a masticare voraci! Tutte le briciole che vi perdete son qui ed io le impasto fino a far lievitare una Bologna aliena fatta di abitudini da reimparare di luoghi da riscoprire di attività da provare.


Ah, mi piace che mi mettiate in ferie così!

E se questa è una balla, almeno ha forma di sfogo!

E ridoooooo

giovedì 24 luglio 2008

Flatline

Decerebrato dalla stanchezza, dalle zanzare, dai miasmi del Macilento Macellaio, oggi nemmeno con lo sturacessi (finesse!) mi potrei risucchiare parole vagamente sensate fuori delle perniciose cervici. Così scrivo questo che è un niente totale, sapendo che sembrerò scazzato quando invece è con gioia e sorrisi che mi coccolo lo sfinimento. Buona serata a chiunque ne abbia voglia!


P.S.

Grammatica dell'amore, ha scritto JAW, e l'espressione mi ha colpito parecchio. Secondo me ha sì un solo modo, proprio l'indicativo, ma anche un solo tempo, il presente. E due regolette banali banali: semplicità ed equilibrio. Mettere insieme tutto non è niente facile però. Ma già avere un'idea (o un inganno credibile) sugli ingrredienti, è un punto dfi partenza. Yeppahhh! Sonnohhhh! Nannahhhh! Alchhhhhhol! Ciaaaaaaaooo

mercoledì 23 luglio 2008

carocarburante quasi 1

Non è una vergogna? Secondo i Talk Talk, diavolo, che vergogna! Ma mi domando - e non rispondo che zut! le mie labbra sono sigillate dal ciancicare sorrisi come tuorli d'ovo (alla toscana, ohvvia!) - che diavolo di sensi unici e vietati abbiano preso i miei pensieri in queste tre righe, che volevo scrivere pulcherrimanimamundi 2 e sono a carocarburante quasi 1 [beta-release?]. Ah, il delirio, e un sorriso mi scivola fra le labbra ed è dooooolce e farinoso e ruvido di zucchero come pastafrolla cruda!


Sono pieno repleto ingolfato di stupendi (figùrati!) pensieri crogiuolabili in post che proprio non prendono forma. E non appena riverso - attento prussiano preciso gegneristico - queste complesse cabalistiche elucubrazioni nei loro stampi SCRAAAACK!!! gli stampi si schiantano e tutto cola fuori, come macchie di Rorshach (come si scrive coomeee ditemelooo comeeee?), come mio nonno che per affrescare tesseva immagini in forellini di carta, che poi stendeva con le mani sui muri, che poi ci gettava nero a manciate e la carta scendeva ed il muro era un disegno di forellini minuti che poi lui animava in linee e ripieni colorati profumati densi come le cacchine di paste ad olio sulla tavolozza che anni anni anni dopo aveva ancora l'odore di ciò che non avevo mai visto di lui e ciao eh che ti vedo nelle barche in secca di quel piccolo quadretto ciaociao che ti sorrido (...,,,,,,;;;::!!! raduno qui, ordinatamente, la punteggiatura che avrei disordinatamente sparpagliato nelle precedenti apneistiche righe).


Il carburante costa caro, ed io ne posso un po' fare a meno. Di tutti quei fiumi neri che affogano uccelli con occhi grandi e mortalmente letalmente disperantemente consapevoli di morire ma perché che non capisco. Di tutti quei fiumi neri nei quali nuotiamo perché così siamo eroi traghettabili in cellophane nel paradiso dei coglioni sofferenti. Di tutti quei fiumi neri cui affidiamo pensieri verdi astio che in alvei a boomerang tornano ad affogarci di complicate complicazioni complici di complessissimi compianti all'indirizzo di noi stessi. Il carburante non serve non lo paghi non sai cosa sia se cerchi quello che puoi davvero trovare e quello che cerchi è stare sui tuoi piedi. Non tutto è intorno a te, anzi palle che è tutto intorno a te [Buddafone del cazzo], ma se voglio sono io intorno a tutto, perché posso andare tornare guardare capire sentire. E allora non ho quasi bisogno (dico quasi non sono un fanatico dico quasi ed è un quasi piccolo ora e magari incolmabile domani) di andare a


Wadi Rum: è dove un deserto rosso di ferro viene soffiato dal vento a mescolarsi con un cielo blu di cobalto, entrambi sbattendo contro rocce altissime gialle di zafferano. E lì dove ferro cobalto zafferano fanno trittici colorati in angoli e spigoli, nascono piante di capperi selvatici che sono verdi, tenere, chiare, e delicate. Non ne ho bisogno, no, ma ci andrei. Perché? Per la bellezza di immagini catturate e che io ho visto perdendomici. Per la bellezza. Ecco perché non ho quasi bisogno di carburante, perché la bellezza è anche molto vicina, anche a Bologna, qui, dove cammino o siedo bevendo Pinot Grigio, semplificato dall'alcol, da un'estate netta e fresca come la più bella primavera, da parole chiare e semplici. E poche e lente. Ma soprattutto, giuste e all'indicativo.


230708 - Liberty230708 - Bononia230708 - Zozzarancio


 


 


 


 


 






Inno al presente

In autostrada...


220708 - Orage    220708 - Rayonnant


...14 ore di differenza, ed una tempesta che si annuncia tremenda (e tremendamente bella) svanisce, lasciando polvere di luce su ogni profilo, spigolo ed angolo. Quando preoccuparsi del futuro si dimostra ancora una volta un atteggiamento che erode il presente, fagocita l'azione, e ci schiaccia in una disperante paralisi nell'attesa di orrori che probabilmente non si verificheranno.

pulcherrimanimamundi

Se solo avessimo la silhouette di delfini per tuffarci nell'anima delle cose, e gli occhi infiniti di aquile per cogliere la facilità della sua vasta bellezza, e la brevità di un'effimera per pesare nelle mani la densità del momento, e la longevità di una sequoia per chiudere gli affanni nei loro piccoli involucri,


non sarebbe meraviglioso?

martedì 22 luglio 2008

ho in mente...

...un sacco di cose da dire (mica vero, ma vabbè!). Ma nel bestiario oggi ruttano come cammelli ad elio e scoreggiano come maiali a metano. La mia ispirazione soggiace al mefistofelico ambiente ed io, ebbro di gas altrui e dei loro psicotropici effetti, mi levo dalle balle e cerco depurativi lidi. Le due bellissime immagini che volevo postare si faranno largo in questa densa atmosfera quando mi riprenderò dal coma.


Ziopporco, come bestie!

lunedì 21 luglio 2008

Giallo, azzurro, verde

210708 - Acquerello a CubaL'Haute Savoie si appoggia in testa alla Provenza, almeno nella mia geografia cromatica, sinestesica, asintotica (uh?!). Sulla linea di confine si congiungono gli aliti caldi che vengono dal mare e le brezze fresche che soffiano dai monti. Laghi turchesi, immobili come giade, colano in fiumi verde cupo che tagliano pareti altissime e poi distribuiscono vita a piane di lavanda, campi di grano, battaglioni di girasoli. Alla fine tutto va al mare, tra scogli di calcare bianco che odorano di timo e rosmarino, e macchie di pini che sanno di resina calda e balsamica.


La Provenza, quella non propriamente sul mare, quella che geopoliticamente non so se sia davvero Provenza, ha tre colori: il giallo, il verde e l'azzurro. Ed io la ricordo così, nel giallo del sole e delle sue rocce, nel verde degli steli, dei pini e dei fiumi profondi, nell'azzurro dei laghi immobili e del cielo fermo: un acquerello incorniciato dalla canicola estiva. Borghi in pietra a vista, chiari e silenziosi, hanno stradine strette per le quali passeggiano gatti assonnati; balconi di fiori colorati spuntano negli angoli ombrosi, e sotto enormi platani scorrono le piste sabbiose della petanque, dove i vecchi parlano un francese arcaico, hanno la barba incolta, pantaloni lunghi e coppole sotto le quali il fumo delle sigarette si ferma un istante prima di scivolarne via. Glicini coprono i muri e ci si può sedere a piccoli tavolini rotondi e quadrati e lasciarsi cadere nell'odore di aglio e aioli, pomodori e menta, vino rosso schietto e giovane, o bianco e salmastro come filtrato nella sabbia del mare. Il simbolo della Provenza è la cicala, che frinisce nel sole, dipinta in ceramica a semplici bicromie vive e luminose.


Ecco: vorrei passeggiare lungo il fiume e bagnarci i piedi, i calzoni rimboccati al ginocchio; vorrei stendermi e guardare un corridoio azzurro là in cima tra le bastionate di roccia, vorrei non avere alcun pensiero e rialzarmi quando lo stomaco brontola, la doccia mi scioglie via il giorno e mi ammorbidisce per la sera, dove fioche luci guizzano su muri violacei di glicini e cupi di foglie. Un bicchiere dal fondo spesso, tre dita di oro rosso, odore di ribes e fragole che accompagna pomodori e cetrioli, olio e aglio, rosmarino e anice stellato. Chiacchiere e sorrisi, luci che colano nel buio morbido dove al tocco, sulla mia pelle sulle tue labbra, il sole ancora riverbera caldo, e m'infiamma.


[la foto è di un vecchio nell'accezione più bella, come sensazione di tantissime esperienze vissute  e accettate, ed è per questo che l'ho un po' trasformata in un acquerello. E' un'immagine di domenica, qui a Bologna, e che mi ha ricordato Cuba con quelle scarpe bicolore, e la Provenza con quel cappello di Paglia]

Se cercassi...

Se cercassi

la malinconia più pura che a gocce lente mi bagnasse le labbra dagli occhi,

il pianto che scuotendomi mi setacciasse l'anima per farne brillare le pepite,

il dolore di essere via da me stesso, che mi tagliasse via maschere e costumi...


...tutto questo lo potrei trovare tessuto in una una voce che disegna merletti,

disegni chiari intorno a bicchieri ormai vuoti, dentro parole che soffiano fumo,

in una notte che avanza incurante delle preghiere che implorano ancora luce,

quando ogni cosa si piega su se stessa e tra riflessi di legno e corde di chitarra,

ricordi e speranze invecchiate, frammenti e frantumi di immagini già perdute,

ti lasci essere come sei e ti abbracci al caldo di te stesso, indulgente e dolce,


scoprendo che non eri immobile nemmeno quando piangevi e ti strappavi,

nemmeno quando donavi la tua felicità a carnefici che la straziassero,

nemmeno quando spaccato cadevi a terra e ti coprivi il viso per non sapere più.




Non so cosa voglio dire, ancora una volta non lo so. Ma mi rileggo ed è proprio questo. Grazie a Joan Baez e a Blessed Are, che in cucina e nel sole mia madre cantava quando a me pareva grande e bella e lei aveva meno dei miei anni ora, in una gonna color pesca e capelli che morbidi si muovevano e fluivano. E forse le speranze invecchiate e le immagini perdute non sono le mie. Non solo le mie, almeno.


E mi sorprendo.

domenica 20 luglio 2008

brilliant disguise

200708 - Dame e cavalieriL'abito non fa il monaco, si dice. Ecco, ditelo forte e chiaro - esempio a caso - ad integerrimi 'gegneri che dismessi i panni di validi professionisti e sinceri amici vestono quelli, di raso e velluto, di un signore medioevale (a sinistra, please) accompagnato dalla sua nobildama (tuttaddestra, re-please). Costui s'ammenava (francesismo, 'ste contaminazioni d'oc, d'oil e d'aceite, ah!) inzà ed inlà quasi prendendo a calci sul groppone il bifolco paesano che come un Piero della Francesca si incaricava di ritrarre il manipolo nel risultato qui affianco palesato, e pretenendo con alterigia e supponenza che la folla gli "facesse largo e cedesse il passo". No, dico, eh?! D'altro canto la madama dal nobile ma lontano marito (colei in secondo posto dalla manca, re-re-please) dismetteva in parte la sua altezzosità per calarsi su un piano medio che lieta ce la mediava (e sennò che piano medio sarebbe?) a me, bifolco ritraente, ed alla mia villica compagna che lì regge le vesti alle due nobili signore che dei lati la cingono. A me non rimaneva che, ingobbito e invillanzito, nutrirmi di pasticcio di ricotta ed uvetta usando le mani e mantecandomi l'impasto direttamente tra le fauci, che qui dove anziché tra mura si dimora in catapecchie tenute in piedi da sterco e fango, sai quando mangi solo se stai mangiando.


200708 - Festa e zampogneMa ancora, minchiate a parte, è incredibile come basti un costume di scena a rapire parte della nostra presenza a noi stessi e trascinarci nei panni della figura che rappresentiamo. E non è che questo accada solo tra viottoli stretti, sotto passaggi bassi di pietra viva, in scorci angusti dove glicine ed edera si srotolano quasi al suolo e torce ai muri illuminano fioche il passaggio. Credo questo accada spesso, ogni volta che usciamo di casa raccontandoci come siamo e decidendo di interpretare una parte. Discorso questo così strettamente connesso - ad esempio - ai blog che continuo a frequentare (pur se inspiegabilmente) con intima ed appagante irritazione: blog nei quali la prima sensazione è: ma qui che fa, tira i dadi al mattino per decidere con quale faccia uscirà dall'uscio? Che va bene, percaritàdiddio, va bene tutto, ma quando questo si traduce nella pretesa che anche gli altri credano al travestimento e danzino di conseguenza... Ecco, danzare. Mangiavamo da semplici ciotole ottime zuppe di farro, pescando il contenuto con cucchiai di legno e punzicando poi polpette semicrude il cui sugo denso era manna sul pane servito in grossi tocchi. E d'improvviso suono di tamburi e zampogne, ed ecco che arriva una piccola banda in quattro elementi. Suonano fischiano e battono e da un tavolo nobildame e paesane si alzano e ballano, mentre il ritmo incalza e fa muovere a tempo i fuochi di lanterne e bracieri (nonché, strano a dirsi, quello magico contenuto in vetrosi bulbi, ah!). Io bevo vino, osservo rapito, e poi mi giro e la nobildama dal lontano marito dice "ohvvia, 'che 'ssi va??!". Diamine mia signora, certo che sì! E così via a danzare un misto di medioevo, Cuba, e technodance, sudando e sbattendo e rovesciandosi vino sulle maniche con le quali poi nettarsi le labbra. Ah, s'è mai vista una nobile signora concedere simili confidenze ad un villico vestito di grezze stoffe (e con orrende espadrillas ai piedi, e un'insana propensione a mostrare le budella che la veste rende arieggiate come i pantaloni non sanno fare)? Forse no. Bah, magia di un'integrazione retroattiva...


I ritratti sono olii su tela del 1274, conservati alla pinacoteca pubblica di Palazzuolo sul Senio (o, chissà, forse non proprio...).

sabato 19 luglio 2008

E allora io...

190708 - Rings


Due giorni belli e strani, intensi e colorati, tra bracieri e picche, Venezie che non sono Venezie, balli medioevali ed estati novembrine, ed io mi sento alla fine del weekend anche se il weekend è all'inizio. Ah, stupido cervelletto che dopo due giorni di goduria gaudente e pure stancante è convinto di potersi riposare nel fancazzismo professionale! Ma io, duro e puro, dico NO a questo lassismo! Così il mulo si mette i finimenti giusti e apre la stalla di quei 140 cavalluzzi insieme ai quali vado a trottare su per i colli.


Volevo dire altro, come sempre più spesso mi capita venendo qui a scrivere ma senza avere niente da scrivere... Ecco: volevo dire altro ma non ce l'ho altro da dire e quindi non lo dico. Anzi sì. Le mie dita sui tasti sono bellissime oggi, impreziosite da due anelli comprati mille anni fa - anche se era solo ieri sera - quando ero un villico di paese inspiegabilmente accompagnato da bellissime dame e nobili signori. Ah, che meraviglia!

giovedì 17 luglio 2008

Morgana

Che in inglese è Morgan, come Morgan Llewellyn che ha scritto vari romanzi mitico-storico-fantastici tra i quali Il Leone d'Irlanda: la storia fantasticata e romanzata del primo re che unificò i 4 regni irlandesi (Ulster, Munster e altri due che mica so ma finiranno in 'ster quasi di sicuro anche loro). Il libro mi infuocò a tal punto che quando atterrai a Dublino mi sentii, netto netto e ben preciso, come tornato a casa dopo lunga attesa. Il verde era verde come doveva, la lingua un inglese rotolante come giusto, la Guinness liquirizia sciolta e ferruginosa come è da sempre. E Cashel, la rocca di Cashel, al terzo o quarto giorno di viaggio (e solo un cerchione svampato causa guida a sinistra che mi divertiva parecchio) era proprio la mia dimora, quella del re: casaaaaah! Strano pensare che a 26 anni uno possa piombare così dentro le proprie fantasie da non vedere più i colori meno saturi che stanno fuori, eppure quella mattina, camminando sul sentiero nel pieno di un sole irlandese tanto chiaro quanto inatteso, pensavo sentivo volevo che accadesse una magia. Dico, io lo sento che sono il re, che sono la reincarnazione di Brian Boru primo re d'Irlanda, e mentre mi avvicino alle mura, fissando l'alta torre cilindrica in cima alla quale tante volte lui ha passeggiato, la consapevolezza mi monta dentro. Cuchulainn con Padraic, tutti i guerrieri del Ramo Rosso, la Badb che volteggia... son tutti in attesa, frementi e vibranti, ed io ne sento gli sguardi. La pietra di Fal è la pietra, grossa e rotonda, che urla quando il vero re d'Irlanda vi pone piede sopra. Io entro nella rocca, i capelli (allora sì!) rizzati sulla nuca, 150 pulsazioni al minuto scandiscono il ritmo del mio incedere verso il soglio del magico ed eterno scranno. La pietra è lì, nel sole, attende. La guardo, ci giro intorno, ascolto e odo, la fisso e mi concentro, mi sputo fuori dai miei occhi chiusi-serrati e mi figuro a calpestarla (re d'Irlanda sì, ma un divieto è un divieto e io mica sono un cafone italiano mangiapizza, bensì un re pienamente consapevole e altamente regale, chemminchiaemminchia dico!. Vado avanti così per minuti e minuti, attendo, e mi dico che accadrà accadrà accadrà...


La consolazione è che uscendo dalla rocca i miei amici mi confessano ridendo che quella che non ha cantato per me era... una riproduzione! L'originale, dentro il castello anziché all'aperto, non l'ho nemmeno visto.


Con sollievo entriamo in macchina, non svampo alcun cerchione, e ridendo e cantando Learning to Fly di Tom Petty, partiamo. Ecco perché non ha cantato: una riproduzione! Mamma mia, ci son gli estremi per alto tradimento ai danni del re e perpetrato dalla sovrintendenza ai beni culturali del Ministero Irlandese preposto. Ma dai, mamma mia, una riproduzione... Eccerto che non poteva cantare! E' la prova incontrovertibile che io, dunque, sono il re d'irlanda. Che no? Oh dico, eh!

Rido, e rido sereno, e saluto la blatta che lei sì, lì, era quella vera che alzava dita al cielo. Ciaociao blatta!

Tara delle lepri


  • Ho affrontato l'impatto di cicliche rivelazioni su me stesso, a partire da quando...

  • Nella campagna ferrarese che sa di fiume limaccioso, il tubo di un grosso telescopio...

  • C'è chi dice io sono così e così e poi chi dice io non sono così e così, e tutte le volte...

  • Corri frenetico ti impegni la testa passi da qua a là e poi salti di là e cambi rotei balli e...

  • Mi irritano certi blog che pure continuo a seguire, di un'irritazione che mi però mi solletica...


Ma poi proprio non mi va di scrivere, ecco. Al momento mi va solo ed esclusivamente di stare sulla riva ciottolosa del fiume, a lanciare sassi piatti sull'acqua, a fumare una sigaretta e godere il fresco del sole che ancora deve arrampicarsi in cima a quella parete là prima di cadere anche di qua dando il via a tutti quei cicli (Krebs, fotosintesi, che altro non so) che mi metteranno in moto.


Tara delle Lepri era un altro incipit. E mica intendo lordo - netto = tara, che schifo no e poi povere bestiole! Tara come la Colina di Tara in Irlanda, delle lepri perché (già ne ho scritto) io circumnavigo ogni sera questa rotonda perfetta, che si erge in collinetta intonsa in questa zona di città semideserta, e di notte passo lento e frugo con gli occhi e le vedo sempre sempre sempre, le lepri con le loro orecchie morbide e frementi che si ergono dall'erba. Mi ricompone, quella visione, mi aggiusta tutto e imbocco l'unica uscita sorridendo, fresco dentro e... quasi pettinato. E se lo dico io, "pettinato"...

mercoledì 16 luglio 2008

il nome segreto

Ce l'avete voi un nome segreto? Quello che pronunciato vibrerà nell'aria raggiungendovi ovunque voi siate per scaricarvi 10.000 volt lungo la spina dorsale e farvi schizzare in cielo nella liberazione di essere finalmente voi stessi? Sono alticcio, non ubriaco, solo alticcio: abbastanza da chiedermi quale sia il mio nome segreto senza domandarmi se ce l'abbia o meno, non abbastanza da fingere di saperlo o che qualcuno lo stia davvero chiamando.


E la città fortunata, quella dove dimorare in pace danzandovi ogni giorno e ballando ogni notte? Quella ce l'avete? Io sì, questo lo so, ma dove essa sia proprio lo ignoro, però credo che sia là dove tutti mi conosco per il mio nome segreto.


I draghi hanno un nome segreto, un nome che li imprigiona perché chi lo conosce li comanda, legge immutabile di mondi emersi dalle nebbie rosate di fantasie miracolose.  Draghi d'argento, draghi di mithril, draghi rossi come fiamme e bianchi come il ghiaccio, blu di zaffiri o lucenti di rame... Di che colore sareste? Di che materiale le vostre scaglie? Io sarei un drago d'oro bianco, così prezioso, così facile da confondere con ciò che non è prezioso o lo è troppo, soprattutto davanti ad uno specchio. Che supponenza, e chi se ne fotte però qui sul mio blog.


Non so bene cosa sto scrivendo, ma ascolto quella canzone che si appoggia lì sulle lettere piccole e verdi del link. 1992, ed io ero qualcuno di cui ora saprei il nome segreto ma non saprei cosa farmene. A volte i segreti è bello conoscerli solo per dimenticarli, solo per non usarli, e scoprire senza saperlo che sbocciano alla luce in semplici verità anziché affondare nella penombra di dannate realtà misconosciute. Guardate il video di youtube, fissate l'attenzione tra 0:39 e 0:46, i suoi occhi, la sua voce, immaginando ciò che vede e guarda, canta e dice. Che drago è, lui? Secondo me non è un drago, secondo me è un uomo, e non ha bisogno di altra forma che quella né, al di là di ciò che canta, di un nome segreto. Eppure, chissà perché, ne parla. Ed io lo scrivo, mentre bevo Cerasuolo di Montepulciano.


160708 - Lucky Town160708 - Lagrein Rosé

liquidi cannibali

Se un MoscowMule beve 2 MoscowMule può essere definito cannibale? Tutta italiana l'arte di sviare e confondere, la faccio anche mia e per intorbidire le acque aggiungo un Caipiroska, un Franciacorta millesimato, due calici di champagne brut. Non in quest'ordine, in quest'ordine sarebbe da assassini, nell'ordine giusto è solo da etilisti che attraversano la città e la sera, la notte financo (non Fineco, financo!), transustanziandosi da un aperitivo all'altro. Transustanziandosi perché al primo si è solidi, al secondo liquidi, al terzo sublimati e svaporati e tutti arrotolati su discorsi senza capo né coda ma tanto corpo, serio e ponderoso, masticato in parole ciancicate.


Incredibile via Mascarella chiusa al traffico, bordata di locali, invasa di tavolini, diffusa di luci e jazz, pervasa di sigaro e menta, zucchero di canna e asfalto, vento forte e olio-aglio-frutti di mare. Sembra di essere nel quartiere latino (Le Quartier Latin de Paris, je dis) e storditi senza preoccupazioni parliamo in inglese di lingue e delle Filippine, di sesso e di bolognesità; siamo in tre ed occupiamo il divano in pelle nera a capo della via, proprio in mezzo alla strada con il suo tavolino di vetro sul quale appoggio sigari, tabacco, accendini, sguardi, bicchieri, tovaglioli, suole e patatine. Due belle ragazze arrivano, siedono, il cameriere è charmant meme si je ne suis pas omo, si alzano e fotografano la via, io alzo il cellulare e fotografo loro ed i bicchieri.


Il percorso è strano: parte da una periferia che sembra campagna fatta di mais verde, grano giallo e cielo azzurro; passa per palazzi rossi e aranciati, caldi e leggermente sfuocati nel traffico, che come dice qualcuno sembra Milano (io non lo so, ma le credo eh!); continua per i vicoli del centro in un crescendo di densità cromatica, aromatica, erotica (no, erotica no, ma l'allitterazione mi piace).


Il percorso parte dall apochezza al naso di un Franciacorta da dimenticare; passa per uno champagne che respira forte tutti i lieviti che alacri hanno lavorato 48 mesi nel buio della cave, mangiando zucchero e producendo alcol, soffiando bollicine minuscole, infine spaccandosi morti a rilasciare aromi di pepe bianco e crosta di pane, ambra e burro, che ora mi leccano le labbra [ed una goccia lenta di condensa mi scende lungo la mandibola, mi strappa brividi lungo il collo, e scompare nella maglia]; il percorso passa da un MoscowMule ghiacciato ed esuberante di zucchero e menta, equilibrato in vodka e povero in lime, continua con un caipiroska dissetante e si appoggia stanco sull'ultimo moscowmule, questo col cetriolo, che con le dita tiro fuori dal bicchiere e mordo, croccante e grasso di alcol.


Volevo ancora una volta parlare di Ferrara e del telescopio; poi di acqua lenta, acqua veloce, acqua ghiacciata e infine salata. Poi di persone. Poi ho mangiato fette di tacchino, pomodori in grossi spicchi e due abicocche, e sono alla fine del post. Però, a volte, bella Bologna, ci trovi Parigi, i Caraibi, la Francia, Milano e la Provenza.


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E le cicale cantano forte sotto questa distesa azzurra nella quale salterei per tuffarmi in alto a capofitto.

martedì 15 luglio 2008

p.s.: logorrea e matematiche

Delle matematiche strane:

1 + 1 = 1 [tante, troppe coppie, insieme solo perché l'uno è la gruccia dell'altro]

5 - 3 = 0 [quando un gruppo di 5 persone si disperde in nulla partitene via due]


Della logorrea:

oggi va così, e potessi scriverei della mezza ferrarese e del telescopio, ma verrà il momento.

Bidibibodibibù!

In bianco e nero, volevo titolare questo post, ma poi m'è scivolata la formuletta ed ecco, insomma, lì sta e sta bene. Bianco e nero come i vini, che pare ci sia una faida tra chi beve solo nero (come sangue come fiele come uomini con le palle come veracità di gesti e schiettezza di sentimenti), e il resto dell'enopaesaggio di bianchi (vini da femmen'), bollicine (vini da fighett') e rosati (vini da finocch'). Mi ricorda I Viaggi di Gulliver e quelli che si scannavano per il lato da cui si dovesse aprire un uovo... Mirifico quel libro, tutti pensano solo ai Lillipuziani invece ci sono i giganti, i cavalli privi del concetto di menzogna, e tanti altri mondi psichedelici. Ma tornando a bomba, provate la complessità dello Chardonnay di Tasca d'Almerita, la gentilezza conturbante di un Nosiola trentino, la feroce selvaticità di uno sauvignon friulano... O fatevi esaltare il naso di lieviti di un Franciacorta tutti sul pane e le spezie, o ancora fiondatevi in enoteca, preparate poco più di 7 euro (dico 7, mica 70, proprio 7 che li conti con una mano e un po') e chiedete Dama di Marramiero, il Cerasuolo di Montepulciano che starebbe bene anche solo come soprammobile, versato in un bel bicchiere, col suo colore che è una magia (bidibibodibibù!). Però poi, in fondo in fondo, che ognuno si beva i colori che preferisce, magari scoprendo che li cerca non per assonanza ma solo per mancanza, chissà.


Ma tornando al titolo, perchè? Perché uno si lascia un po' triste e malinconico, seduto dove non vorrebbe, a ravanarsi il cervello con le troppe cose che non ha troppa voglia di fare, e poi... bidibibodibibù! ed ecco che tutti i colori ti fiottano dentro come se a bocca aperta, occhi al cielo, qualcuno sciogliesse l'universo per colarlo tiepido, odoroso di zucchero, legno, miele e menta dentro la tua gola riarsa. Aaaahhhhh....


150708 - 1 - Corteccia150708 - 2 - Foglie150708 - 3 - Fiori150708 - 4 - Frutta

Siamo tutti sportivi

Quando era lei, ed aveva un senso, ed era Janis Joplin;

Quando poi non ha più senso, ora, ed è Mary J. Blige.


Riesumare il passato è uno sport molto in voga. C'è chi si rimette tutta la vita con la stessa persona che di volta in volta ha nomi differenti. C'è chi stringe la mano su una spiaggia al proprio ennesimo carnefice, lacrimando di gratitudine. C'è chi violenta il prossimo e abusa di se stesso, e ogni giorno passa una mano di oro luminoso su un passato buio e violento. Springsteen canta di cuori affamati, ed è una canzone bellissima che vorrei disconoscere totalmente, perché la luce della Rivelazione, quella con la R abbastanza grande, forse, da nascondere la realtà dietro di essa - ma vabbè crediamoci - la luce della Rivelazione di questi ultimi mesi - dicevo -  mi mostra che:




  • non voglio avere un cuore affamato, perché mangia, e io non voglio mangiare, ma amare;



  • non voglio trovare la mia metà, perché significa che io sono solo metà;



  • non voglio trovare la donna della mia vita, perché passerei ogni giorno a chiedermi se il sogno non tradisca se stesso, e finirei per dimenticare di godere ogni momento fino a quello che sarà l'ultimo (del mondo? della mia vita? dell'amore? non conta, non cambia).



Poi qui sotto avevo scritto altre cose, ma erano seghe mentali per occupare spazio riassumibili in: sono scazzato perché su di lei non riesco a esercitare né fascino né sensualità. Il problema però è che non mi chiedo perché io ci tenga. Risposta: ci tengo per farmi accarezzare l'ego e stringere ancora più forte la quota di possesso che ancora penso di detenere. Sì perché fascino e sensualità su di lei li ho esercitati, e lei su di me, e sono stati tre anni spesso molto belli. E ciò che faccio, che forse farei, sarebbe solo riesumare il passato. Ah, sport molto in voga, mi pare...


[Ma, certo, lei ha occhi bellissimi, e una limpidezza che mi affascina. Leggi? Penso di no ma magari sì. Ecco, e se tu avessi ragione ed io davvero volessi...? Ah, chissà! Ma quando parlai di storie ritrite identiche a risotti scotti e riscaldati.. che vale per tutti? Domani è un altro giorno. Anzi, cazzo, lo + già da 71 minuti.]

lunedì 14 luglio 2008

assurdo

Notte assurda nata lenta tra piccoli gesti noti e lontani

occhi pesti vaghi e pesanti occhi che ridono e lenti si chiudono

voci lievi si intrecciano al sonno e su di esso si strusciano lisce

ed i corpi muti, i corpi stanno le mani tese, mani che vogliono


Sogno di sensi e sospiri sommessi

al risveglio il sole ha spaccato la notte

acqua gelida su sciocche idee stupide...

...come accendere luci esauste dagli anni


[E chemminchia io voglia davvero dire, mica lo so. Ma a volte quegli occhi e quei colori e quelle forme proprio mi assalgono di nostalgia e voglia, e mi chiedo perché, perché, perché non? Mah! Sarà colpa di 'stobbuco dell'azzoto!]



partendo, poco stando, tornando

Che dopo 6 settimane novembrine tra maggio e giugno, e poi 4 settimane agostane a giugno, non ci si capisce più una benemerita (fava, quella da pecorino e vino dei colli, gnammete!) e uno parte e vabbè, quel che trova trova. Epperòporcozzio eh!!! Comunque, un po' si pedala, un bel po' si mangia, si riesce pure a godere tra rhum agricòle vecchi quanto me e Armagnac la cui lavorazione iniziò ben prima che io nascessi. E poi l'aroma di spinaci, burro e speck dei canederli, il profumo del fieno fresco e bagnato e l'odore di stalla, latte fresco e legno caldo... Come dire: montagna! Ed è in montagna, ad un bancone sottratto da una spiaggia di varadero, osservando una martora che corre tra le macchine, che io e l'amico ci poniamo la ferale domanda: ma scegliendo tra estremi paesaggi, vivresti in alta montagna o ai Caraibi?


E io inizio a canticchiare... "Levantou Poeira...!"


120708 - 1 - Veranda120708 - 2 - Foschezza120708 - 3 - WineMeDeep120708 - 4 - Toblino


 


 


 


 


 


 






venerdì 11 luglio 2008

Partendo, richiamando...

Partendo quasi, giusto dieci minuti ancora, su autostrade liquefatte verso alte valli ombrose e fresche. Richiamando alla mente sensazioni rubate a cavallo della portiera dell'auto: sto per uscire ma il sigaro, il fumo, la notte fresca, la musica mi tengono lì. Rewind digitale, un istante, e Lampi detonano di nuovo, dall'inizio. Il sigaro aromatizzato al rhum è dolce sulle labbra, umido e tiepido, mentre il suo fumo pesante fatica a sollevarsi dentro l'aria fresca della notte. La coda del carro brilla, movimenti veloci intorno al lampione, silenzio ovunque tutto intorno alla musica che cresce (sentitela, ascoltatela, godetela) come un'onda e come un'alba. Un suono, una piccola luce arancione, la sicurezza molto prima di leggere, di ridere. Una bottiglia attende e sogghigna strizzando l'occhio, io continuo a fumare e godere dello stare lì, una gamba fuori, una gamba dentro, svaccato rilassato insensato intorpidito la musica che...


I can feel it, comin' back again

like a rolling thunder chasin' the wind

forces pullin' from the center of the earth again

I can feel it

giovedì 10 luglio 2008

Avanti col lavoro

Nel senso che domani parto e per la gioia di molti e armati vari non scriverò per qualche giorno. E così mi metto avanti col lavoro proseguendo nel vilipendio dell'intelligenza e dell'originalità. Mi rileggo e mi sa di aver da poco iniziato un ciclo sedicente faceto, in realtà "molestamente supponente quanto a facezie".


Ahi... ma va così! Ciaoooo...

de rerum natura

Sono un mulo bolscevico che ha a che fare con un cetriolo (e taccio il come, ecco) dipendente da un cocktail misconosciuto che nessuno sa preparare, quindi non è che più di tanto posso dire, pensare, fare, baciare, lettera, testamento... Figuriamoci poi l'esser scevro da preconcetti, luoghi comuni e banalità. Ecco quindi con gioia e profondo senso di realizzazione che oggi arrivo al bar, dico il mio bar, mica un altro, eh! e nei 5 posti auto (mieeeeiiiiii tutti'mmmiiieeeeeeiiiiiii) ci trovo due mezzi alieni disegnanti incredibili geometrie tali da poter sfavillare dell'oro ex-aequo in una gara cosmica di parcheggio creativo.


Ora, uno è un suvvone grigio ed enorme, l'altra una Saab aeropippanonsoche. In effetti la Saab porta via 3 posti su 5, quindi date le proporzioni relative dei due competitors direi che vince di ben più che un'incollatura, ma non sottilizziamo. Essendoci sole ferino, caldazza fotonica, afa galattica e alabarbaspaziata (pure, sì, epperchènnò?) decido di attendere. Faccio giochetti puerili di pregiudizial immaginazione e mi dico:



  • Saab - donna - sui 45;

  • Suvvone - uomo - sui 50 e sotto il metro e 50.


Esce un nanetto gommosamente fradicio di sudore e repleto di qualcosa, non so cosa ma qualcosa, perché è davvero gonfio come non ho mai visto sembra un barile, sì, ma gommosetto, appunto, mah! Ha in mano tre pacchetti di sigarette, respira come un Carlino trascinato al parco dal marito dell'amorevole padrona (si noti: dal marito della...) alle 6 del mattino del 17 gennaio, e porta 12 kili di oro tra polso e collo. Giovanilmente dimostra 40 anni quindi probabile ne abbia in realtà 18, ma tant'è.


Inizia la manovra di disgaggio quando a momenti spazza via (e sarebbe un dramma, no?) la 40enne (giovane dunque anche lei rispetto al vaticino) con capelli granoalbinoOGM, cellulare scintillosamente metallizzato ficcato nella cespa di coiffeuse, scarpa bicolore bianconera, mise bicolore bianconera, passo svelto - occhiata in tralice al barilotto - portierata al fittone paracarro e partenza con sgommata-quasi-spegnimento.


Io odio i luoghi comuni. Ecco. Ma...


P.S.

Scherzo, ovviamente, questa è una voluta esagerazione rappresentativa per estremo ed emblema di una realtà che comunque non può essere totalmente disconosciuta: pochi barman italiani conoscono il MoscowMule. Besitos!

Aaaaaaaaaaahhhhhh

Il più bel post della storia, ovviamente:

e ne ero proprio arrivato alla fine, ziopporcone, ci stavo appiccicando le immagini finali, vaccaranaluridaaaaa, e si inchioda tutto quanto. Tutto il maledetto baraccone IE (e non ditemi - krazzzzie in anticipo - usa Safary usa Mozilla usa Gozzilla usa Firefox, Rommel, Cicisbeomix o chissà che altro baraccone alternativo: non mi freCa, preferisco scazzarmi qui che rompermi con cipollate informatiche!). Ecco, secondo me - ve lo dico, ero sistemista, ora venfo gelati ma vabbé mica vuol dire nulla no...? - non fate "Anteprima" quando avete la vostra mediagallery aperta. Bon, non mi va una mazza di ripensare | riscrivere | ritirare giù i link delle canzoni e dei video su YouTube. Quindi...


Bignami:

bella la musica, sì sì. Grandi emozioni, che no?! Ecco tipo l'Irlanda e l'erica, tipo Caraibi e rhum, tipo disperazione in cima al Tablat e rinascita, tipo gioia dell'arrampicare. Ecco, bello no? Poi c'erano i link a 4 video di Youtube, uno fatto da amici e questo lo piazzo qui dove sta scritto piccolo e verde (dovrei cambiare il CSS forse, ma... mezza voglia? No, manco mezza, ecco)  e due immagini conclusive, queste:


100708 - Me100708 - Amico


 


 


 


 


 


Certo che... ah se era bello... ohssìssssì... eeeh! Ciaoooooo!

mercoledì 9 luglio 2008

Il valore del dolore...

...e la noia della gioia?


Dev'essere così, indubitabilmente così, se nomi e titoli dei blog nel 90% dei casi richiamano sofferenze patite e orgogliosamente esposte. Ed è pure così forse, che chi è felice è autoconsistente e quindi può anche disconnettersi dal mondo, mentre chi soffre ed ha bisogno sarà sempre (o quasi) portato a tessere connessioni nella ricerca d'aiuto.


Ma che significa, che un mondo felice sarebbe luminoso ma privo di dialogo? Ed uno di sofferenza sarebbe creativamente dilaniato nello strazio di aggrapparsi l'un l'altro sprofondando tutti insieme? Mah, se guardo alla condizione nella quale gli artisti - di solito - producono il meglio del proprio genio, temo sia più o meno così. Però mi chiedo perché mi vengano simili domande, e temo che la risposta stia in:



  • frittatina di cipolle e microcrescentine con microsalsiccine;

  • tortelloni al radicchio trevigiano e strozzapreti ai funghi;

  • arrosto di vitello con verdure grigliate;

  • patate al forno popolate di mine agliate;

  • insalata di frutta e coppa di gelato;

  • caffè più acquavite d'uva di Maschio Bonaventura...

  • ...e la vera deflagrazione: Lambrusco Grasparossa di Catelvetro a tutto pasto (grrrr...).


Provato e debilitato, accantono ogni quesito esistenziale in favore dell'attività neurovegetativa minima indispensabile a respirare. Arf arf pant pant gosh...

Il pippone settimanale

Ogni blog, vedo, deve dedicarsi almeno semel in semana al solito pippone psico-socio-demagogico. Dlin dlin, mercoledì 9 luglio 2008 10:50 p.m.:


i t ' s   p i p p o n e   t i m e !


Preliminari:

Un'amica ha a che fare con simpatici bambinetti di 6-7 anni e ne raccontava incredibili e strabilianti aneddoti. Del tipo:



BimboA: "tua mamma fa i pompini"

BimboB: "maestra BimboA mi dice che la mamma fa i pompini...!"

  o anche

Maestra: "BimboA, BimboB, cosa diavolo fate tu seduto in cattedra e lui inginocchiato sotto la cattedra?"

I bambinetti savano semplicemente scoprendo il sesso orale.



Un'altra amica, professoressa in un istituto tecnico ormai da 20 anni, dice che ogni anno gli allievi sono sempre più immaturi come individui. Ragazzi di 1^ e 2^ superiore accompagnati ogni giorno dalla mamma, o che vanno dalla prof il primo giorno di scuola a mostrare il diario e chiedere se va bene, se va bene il quaderno a righe, etc... Ragazzi incapaci anche solo di ipotizzare approcci con le ragazze o di vivere solarmente gli stimoli dell'adolescenza.


Io so che quelli della mia generazione ('73) a 7 anni non sapevano cosa fosse un pompino. A 9 anni ebbi la mia prima storiella con Sara, in campeggio estivo, tra spedizioni a raccogliere girini, osservazione affascinata dei cervi volanti appostati tra le foglie di quercia, palpeggiamenti di seni appena accennati, eccitazione incomprensibile ma non per questo meno bruciante, e idee ancora non chiare su "come si facessero i bambini" (fu la prima autodimostrazione di come l'uomo sia dominato dalle gonadi: ero oggettivamente convinto che l'atto generatore di vita passasse attraverso il bacio, eppure passavo ore a sbaciucchiare e salivare con Sara senza mai ventilare l'ipotesi che a quel punto avrei dovuto fronteggiare la paternità...).


Caldamente in medias res:

Ora, questa era l'intro, quanto segue è la pipponesca e marzulliana domanda ad alta valenza demagogica:


cosa sta accadendo alla società?


Tutto è troppo facile. Facilmente raggiungibile, facilmente ottenibile, facilmente consumabile. Parental Control una gran ceppa, i bambini a 6-7 anni sanno già che si può stare con la testa tra le gambe di qualcuno a far cose chiamate pompini: l'hanno visto sul web da ogni angolazione, quando io e i miei amici a 12 anni impiegavamo un pomeriggio per decidere chi si esponesse all'adrenalinica vergogna di andare a comprare Blitz o Gin-Fizz. Però io è da quando avevo 6 anni che passavo le estati in cortile, con maschi e femmine, a provare per gioco quelle logiche che poi avrebbero formato sessualità e capacità di inter-relazione. Tra litigi e guerre, infatuazioni espresse attraverso botte e pugni che miravano in fondo al contatto, bande ed esperimenti, delusioni ed esaltazioni, imparavamo a limitare la nostra area di influenza, a capire quale il diametro personale entro il quale non ammettere invasioni ed entro il quale non portare invasioni.


Alla Coop non mi sarei mai sognato di correre e urlare tra le corsie rovesciando quel che mi capitava a tiro. Non so cosa avrebbe fatto mio padre, proprio no lo so: non era possibile semplicemente perché da sempre mi bastava il suo sguardo e le parole "questo è il primo e ultimo avvertimento, la prossima volta ti arriva". E le poche volte che avevo sfidato la sorte era arrivata, ed era bruciante sul viso.


Quando il maestro delle elementari ci prendeva a schiaffi, tanti e troppi e con scene davvero vituperevoli, facevamo quadrato, e in 3 anni finimmo noi per affrontarlo e rimetterlo parzialmente al suo posto. Mica era giusto che facesse così (ma è giusto che una sberla ogni tanto venga allungata, secondo me), ma quella prova ci fece crescere, capire cosa sia la forza di una volontà di gruppo, condivisa ed espressa.


Quando dovetti fare la ricerca sulla Finlandia non aprii il PC né mi collegai al web per scaricare, copiare, incollare e stampare le prime cose trovate su Wikipedia: scrissi una lettera al consolato finlandese, chiesi materiale, e dopo un paio di settimane arrivò una busta piena di opuscoli, depliant e libercoli che mi parve una magia, che odorava di Finlandia, che mi faceva sentire come avessi messo un piede nella terra dei laghi, nell'odore di Kalakukko (il piatto delle K, pesce ripieno di pesce, e diavolo quanto ci entrano dentro queste conquiste cercate, volute, attese, faticate...).


Ora cosa si sta creando come base per la futura società? Una base dove a 6 anni i bambini sperimentano l'un l'altro i pompini ma poi a 20 non hanno idea di come approcciare una ragazza e l'esempio più vicino che hanno è di come la si scopa o si accoltella? Una base che insegna a bambini e ragazzini che possono essere carinamente deresponsabilizzati fino al limite che se rincorrendosi (per accoltellarsi o succhiarsi?) s'inciampano, cadono e sbucciano un ginocchio, del male si può incolpare la maestra e farle passare guai fino alla denuncia?


Mi dispiace, ma questi che si sta creando sono mostri. Già noi, io, risentiamo dell'annacquamento di quelle spinte interiori ed esterne che, attraverso '68 e '77 e vicinanza alla Guerra, erano vive nei nostri genitori. Ma ad ogni generazione la consapevolezza di se stessi, degli altri, e delle dinamiche che legano noi al resto del mondo si sta svilendo, confondendo, minata da idee teoricamente progressiste che sono retrograde come ogni tipo di machismo intellettuale che persegua una moda anziché un fine reale.


Tutto è troppo disponibile e facilmente raggiungibile, soprattutto perché non viene fornito alcuno strumento di critica. E si finisce con l'avere infanti scriteriati armati di bombe a mano. Tutto questo, a me, fa paura. Ma non credo che qualcuno tra di voi sia arrivato anche solo a metà di quanto ho scritto. E visto che probabilmente, se proprio siete accorti, siete saltati dalle prime due righe a queste due righe finali, ecco la conclusione attesa...


Concludendo:

e vissero tutti felici e contenti.

Stai, respira, lasciati

Ci sono spiagge, onde, musiche che trascinano e ritmi che spingono, fumo azzurro nell'aria immobile, odore di rhum e ananas, aloe e sudore, legno e lime, menta e zucchero grezzo. Si può ballare sudati dal tramonto all'alba, fare sesso nel buio dopo che la luna è caduta in mare e poi riderne e tornare a ballare fino a che il mattino non ti avvolge nell'aroma greve di un caffé shackerato, metà nero metà beije di schiuma. E tutto questo può agitare sogni e desideri, muovere fantasia e scatenare energie, annebbiare il pensiero e slegare l'istinto.


Ma c'è anche altro, qualcosa di radicalmente opposto, che per la sua mancanza inizia a brillare quieto più del sole, a pulsare morbido più delle percussioni, ad animare tiepido più dell'alcol. Come una serata su un divano di banano, acceso di cuscini ruvidi e allegri; un film stupido eppure dolce, le tue belle gambe distese su di me mentre io le accarezzo e in pace, avvolto di serenità, sto, respiro, e mi lascio libero. E a fine serata, venendo qui, la mia guida è rotonda come lo sono i miei pensieri, mentre mi porto le mani al naso e continuo a sentire il profumo della tua crema, che sa di mare, incenso, e della sera che cala morbida sul deserto tra fiori esotici e luci gentili.


Belle persone i cui occhi hanno una luce quieta che è viva più che in tanti altri, brucianti di desiderio, voglia, vita, e così paurosamente famelici. Bentornata...

martedì 8 luglio 2008

Questione di messa a fuoco

C'è una sensazione precisa precisa, che non saprò mai definire ma che ogni volta riconosco: è la sensazione di quando tutto torna al suo posto, quello giusto, e l'orizzonte si ricompone in forme e colori riconoscibili, amichevoli, confortevoli.



  • Come incastrare l'ultima tessera di un puzzle...

  • Come mettere a fuoco l'obiettivo della macchina fotografica...

  • Come aprire le mani e lasciare andare cose che stringevi convulsamente senza sapere perché, e scoprire che quel disagio assimilato dal tuo corpo cessa, e ora tutto in una volta percepisci il dolore scomparso e ne godi il sollievo.


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E quando la visione si ricompone e molto di ciò che non lo era torna ad essere limpido e chiaro, spesso scopro che l'immagine che si è ricomposta è quella che posso scorgere nello specchio. Bentornato...

Compulsivo, ossessivo

Il bisogno di scrivere, qui, qualcosa che piaccia. E questo mi innervosisce e frustra. Ergo, sciopero.

E togli quella plastica!

Qualcuno si era stancato della plasticaccia protettiva che sfuocava il paesaggio di umido e afa; così me lo figuro io. Come se, seduto su un gradino a fumare e sudare, qualcuno fosse d'improvviso scattato in piedi deciso a ripristinare l'anima limpida delle cose e, brancato un lembo dello strato sudicio e ingiallito - quello che i nonni tengono per 15 anni sugli interni dell'utilitaria - l'avesse strappato via in un unico pezzo, godendo della resistenza che cede metro dopo metro, fluidamente, sssszzzzzzaaaaahhhhh! fino alla fine... oh, aaahhh!


E fu la luce! E, dico, che luce!


Luce buona per camminare senza meta su sentieri assolati, nel vento e tra pietraie che schioccano dei ciotoli smossi e sunano ai fischi delle marmotte. Luce ottima per attaccarsi alla roccia e metro dopo metro muoversi sul confine tra pietra e vuoto, in bilico sulla punta dei piedi, aggrappati alla punta delle dita, puntando al blu là in alto. Luce perfetta per massaggiare la schiena di una ragazza, la pelle che beve crema e olii, slacciarle il reggiseno scoprendo un'eccitazione incolmabile per quella pur minuscola striscia di nudità esposta. Luce che fa occhieggiare i pesci pappagallo come fossero animali di leggenda scolpiti in giada, turchese e zaffiro, portati alla vita da una magia del deserto.


Qui in ufficio la luce penetra e violenta la concentrazione disperdendo la voglia di lavorare. Ed io un po' me ne frego, accetto la mancanza di motivazione, e mi lascio camminare energico per sentieri, spiagge, pareti verticali e boschi freschi, pietraie assolate e macchie di timo e rosmarino coi suoi fiorellini azzurri. No, ecco, oggi proprio no, oggi me ne sto in viaggio. Ciaaaaaooooo...


080708 - Sardegna - Millennium080708 - Arco - Paia080708 - Bismantova - Capibara

lunedì 7 luglio 2008

ma dico io...

Catania è gialla di pietra e marmi e tufo, strade strette su e giù, girano di qua e girano di là, fai colazione con granita al caffé e una pasta al miele, pranza su una veranda sbattuta dal vento, sferzata dal salmastro, cotta dal sole mille anni più giovane che qua, guardando il mare blu il mare turchese il mare bianco contro la roccia bagnata. Cerca una pasticceria che odori di pistacchi e ricotta, ricotta bianca con dentro perle rosse di canditi, gemme verdi di ciliegia e aranciate di mandarino, gocciole nere di cacao e caffé. Siedi, resta, respira e guarda nel sole che non suda, nel vento che non raffredda, nel tempo che non scorre, negli odori che divampano e nel silenzio che aleggia insieme al calore spigoloso ed al riposo rotondo di chi ha se stesso e si può lasciare andare.


070708 - Sicilia Capo Qualcosa


Godi, godine, cercati, trovati, resta, stai, pensa a non pensare, lasciati...

E invece no, imbecille, tu hai un portatile sulle ginocchia e scrivi mail di lavoro.

Tanto pane, così pochi denti...

un senso così vasto...

La settimana si annuncia con una lama di sole che mi si spara dentro gli occhietti, fa leva tra le palpebre, mi espone le pupille ancora troppo dilatate. Nooo vi prego non sono pronto noooo.... Eppure il mio grido si spegne prontamente in bagno, sotto la doccia, agitando lo spazzolino e poi al bar sorridendo alla bella Tamara e infine in ufficio. Nubi in cielo veloci e cariche ora annunciano squassi ora si allargano e il sole precipita bollente fin quaggiù. Peregrino tra ufficio e macchina del caffé, tra ufficio e veranda a fumare, tra ufficio e bagno e, non so da dove, mi arriva una canzone:


...all I ever wanted,

   all I ever needed,

     is here, in my arms...

  
[Depeche Mode - All I ever wanted]


Bella canzone, bellissimi ricordi che da tempo, ma non tanto, accarezzo quando mi va, senza malinconia se non quella limpidamente dolce come un rhum poco invecchiato che scorre fluido, né violento né melenso. Mi siedo su questa poltrona blu notte con il primo sorriso della giornata e una frase mi si fiocina dentro la scatola cranica. Cerco, trovo, riporto:


Il regno di Dio è dentro di te, ovunque intorno a te,

non cercarlo in templi fatti di legno, eretti in pietre.

Spezza un ramo ed io ci sarò,

solleva una pietra e lì mi troverai.

   [Vangelo apocrifo di Tommaso]  


Io non credo in Dio, e tralascio quello che ritengo il corollario banalmente ritrito di chi inizia così e invariabilmente continua con ...ma credo che ci sia qualcosa.... A volte però mi stupisco di come tutti parliamo e scriviamo spesso del medesimo senso delle cose: trovare ciò che cerchiamo e illuminarsi nella scoperta che non dobbiamo seguire terribili percorsi di guerra, correre in campi minati, per trovarlo. L'illuminazione di sapere che bastiamo a noi stessi, che ogni stilla di gioia possibile è già in noi, è già ovunque intorno a noi, a portata di mano.


Non credo in Dio, credo nella gioia, e so che ci fa così paura che - a volte - la posizioniamo lontanissima ed irraggiungibile, quanto basta per dirci impossibilitati a coglierla, lasciarci devastati dal lungo inseguimento. Eppure è tutto così vicino, già tra le nostre braccia. E sorrido.

imparate, stronzi!

A nuotare dico, a nuotare!

Invece no, come è più facile non fare lo sforzo di muovere le braccia coordinatamente alle gambe, respirare con calma, e tirarsi in secco per i fatti propri, vero?


Un corpo si dibatte nell'acqua alta, un cristo qualsiasi proprio non sa nuotare e affoga tra onde e mareggiate. Sbatti e sbatti, acqua bianca che bolle e ribolle, tutto quel casino attirerà qualcuno o qualcosa, e causerà reazioni in qualcuno o qualcosa. Chessò: una canocchia? Ecco, la canocchia dal fondale guarda con i suoi bulbosi occhietti, fa spalluce, e pensa almeno questo col cacchio che mi cincischierà tutta gratinata e riversa nel piatto tra aglio e pangrattato [puah!]. Chessò, un paguro bernardo? Quello proprio non ci riesce a dormire con tutto il casino che fate. Prende armi e bagagli, si carica la casetta sulle spalle, e se ne va altrove. Se solo traslocarsi fosse altrettanto facile per noi... Oppure anche, chessò, un gabbiano? In effetti siete un ottimo bersaglio in movimento per esercitare la precisione della cloaca: merdina qui (due gradi di alzoooo!), merdina là (correggi a sinistraaaa!), merdina centro (alé!!!)! E mo' voi vi agitate con una merda di gabbiano in fronte. Vabbè, non la nota nessuno, sereni.


Ma cos'altro attira chi sta per affogare e si dibatte, urla, starnazza, agita?


Un potenziale soccoritore, magari casualissimo che se ne sta lì a professare il suo ormone, un ormone che mica è stucco per orrende falle, solo una corrente galvanica che vibra dentro muscoli e vene e vuole esplodere per accendere lumini che poi, dico poi, magari brilleranno di più.


Oppure uno squalo, che attirato dal movimento inizierà a muovere lento la coda, sicuro della sua potenza, occhi neri come palle da biliardo (la 8, quella tutta nera stupidamente nera), e comincerà a girarvi intorno. Qui, ecco, dov'è che hanno messo l'antipasto, un braccino o una gambetta...?


Io squalo non sono, Nè canocchia, paguro o gabbiano. Ergo: pirla. Così io mi avvicino, mi lascio colpire dallo strazio, dal bisogno, e provo a portarvi in secco. Ma, dico, perchè? E soprattutto, cos'è 'sto complesso del buon samaritano? E soprattutto ancora: quante volte per capire che poi mi brancate strattonate colpite e infine mi affogate e così sì, ecco così sì che siete in secca e salvi. E io là a far compagnia a canocchia e paguro.


Arrivasse lo squalo, prima di me...


Addendum a posteriori: mica ce l'ho il complesso del buon samaritano, né mi è capitato così spesso di essere usato come salvagente, né sono attirato da naufraghi o idrorepulsi di qualsiasi genere. A volte, semplicemente, shit happens. Solo che quando accade sembra più cioccolata che merda, sennò uno la lascerebbe accadere molto meno...

domenica 6 luglio 2008

Vaffanculo

Belle le parole, ma a volte proprio si superano. Ecco, questa parola qui, ora, per me è davvero davvero... come dire, magnifica! Eccola:


... vaffanculo ...  :(  ... vaffanculo ...  :|  ... vaffanculo ...  :) 


P.S.: magnifica anche la giornata, e grazie a tutti quanti, bye bye :)

060708 - FutaPass060708 - Biscietta060708 - Palazzuolo060708 - Farfalla


 


 


 

 






 

bzzzzzzzzzzzzzzz....

060708 - MoustiParallelismi inquietanti mi fan sudare le tempie pur sotto il getto dell'aria condizionata: persone e zanzare quanto hanno in comune?


Non lo so, che secondo me la domanda è una gran boiata di quelle che sui blog (questo incluso) ti puoi baloccare tra le dita fino a tirarne fuori minchiate pseudo-sociali pseudo-politiche pseudo-culturali pseudo-intelligenti. Quindi evito di percorrere questi binari, fondamentalmente perché non sono abbastanza bravo nemmeno per le pseudo-minchiate.


E poi mi devo vestire che prendo la moto e vado a fare un giro nel fresco degli appennini e dei boschi di conifere che sanno di resina. Allora per chiudere, visto che ho iniziato, semplicemente torno l'ultima volta sulla domanda e ancora una volta mi dico, senza possibilità di sbagliare, che boiata!


Ma allora - porcobboia che fastidio -  perché se ti penso mi viene da grattarmi?

sabato 5 luglio 2008

dove, dove, dove?

050708Sabbia fresca e compatta tra le dita dei piedi; a sinistra la spiaggia è una striscia livida contro il nero della vegetazione. A destra il mare, una vastità nerissima ricoperta da migliaia di schegge di mercurio.


Perché sono qui? Come ci sono arrivato? Indosso pantaloni di lino rimboccati fino al ginocchio, una canottiera chiarissima sulla pelle che nella notte è più nera della notte. Vado a fare qualcosa - non so cosa - che già mi sbatte dentro in onde pulsanti. Percepisco la frenesia del richiamo, l'attesa di persone che ancora non vedo.


Poi arrivano le voci, insieme a note lentane che a ogni mio passo acquisiscono il corpo di melodie allegre e ritmi pulsanti. Il canto dei cristalli e le fiammate granulose di ghiaccio squassato dentro shacker e agitato in boston gelati. Bancone di legno e tettoia di pali e incanicciato; una pista di assi bianche e sabbia, un palco su cui piccoli omini magri vestono pantaloni troppo alti in vita, indossano giacche troppo larghe sulle spalle, e suonano batteria e congas, basso e chitarre, fiati e percussioni.


050708 - Chi


In pista tutti ballano, tutti sorridono; ci sono occhi enormi, occhi neri di pupille, occhi come fessure che ridisegnano seni e culi, che corrono su gambe e fianchi fin dentro altri occhi. Arrivo, mi vedono, l'irrigidimento è un istante ma il ritmo non rallenta. Ora so, so perché la vedo: pelle chiara e carne soda, canottiera ormai fusa sul corpo e madida di sudore, aderente sul ventre e sul seno, sollevata in pieghette sui fianchi. Gonna corta, leggera ed ampia. Un filo di cuoio con diadema rosso di rame e limpido di turchese si scuote alla giunzione delle clavicole. Occhi blu, capelli neri, la curva del collo che piega la testa all'indietro, le braccia che mi indicano e chiamano, le mani che mi sbeffeggiano, afferrano e accolgono.


Stringo la vita, le mie gambe tra le sue, la giro e sollevo, guido e abbraccio, lascio e osservo per poi riprenderla. Mi si muove intorno come a blandirmi, si volta a irridermi e poi di nuovo a perdonarmi sorridendo da labbra umide; domino e sono dominato in questo roteare, strisciare, scivolare mentre la sabbia sbuffa tra i piedi, mentre sfioriamo altri corpi, metre altre mani ci carezzano e lentamente spogliano un indumento via l'altro. Il sudore che cola in gocce ed esplode al contatto in vapore e calore, e a nostra volta tocchiamo e spogliamo, blandendo e corteggiando, mentre gli omini piccoli e magri suonano senza accelerare, creano il ritmo senza rallentare.


Calici di champagne incontrano pesanti old fashioned di rhum e highball sormontati da foglie verdi e fette gialle; l'acol brucia, le voci si arrochiscono, i corpi nudi si legano e sciolgono danzando, scopando, vibrando...

...mi sveglio. Mattina tardi. Dove, dove, dove???