mercoledì 31 dicembre 2008

Attesissimo!

Nell'augurarVi una lieta fine di anno e un ancor più lieto inizio del seguente, mi pregio di rammentare a tutti Voi che questa notte ci verrà introdotto un secondo intercalare. Festeggiate dunque con un minuto di 61 secondi, e attenti a che le creature che vivono negli interstizi temporali non sfuggano al controllo di Padre Kronos e vi sconvolgano il fluire degli eventi.


Uh?

Iiiiiiiiiiiiiiiiiiiiiii-aaaah!

martedì 30 dicembre 2008

La ballata dell'ultima dell'anno

Cosa mi metto cosa mi metto???

Io non lo so, oh povera me!

Qualche pailletes, di vischio un rametto?

Una maglia scollata a ricami in lamé!


Cosa preparo, cosa cucino???

Io non lo so, oh povera me!

Due scampi al vapore, al sale il branzino?

Un bell'antipasto di cozze in sauté!!


E poi dove vado, come festeggio?

Io non lo so, oh povera me!

Se viene anche lui io poi lo corteggio?

Spero mi porti a una festa con sé!!!


Sono andato al centro commerciale a comprare un paio di cose, e il turbine di donne - in senso esteso, dai 16 ai 56 anni circa direi - che si aggirava sconvolto tra scaffali, banco del pesce, e poi fuori nei negozi di abbigliamento tutti tirati in paillettes e lustrini, mi ha suggerito la Frenetica Ballata dell'Ultima dell'Anno...

lunedì 29 dicembre 2008

Ricetta d'Inverno

Dopo lunghi giorni di meditazione attraverso varie città, impegnato in faccende varie (tra le quali stare a letto malato), ho raggiunto l’illuminazione (la bbaaandaaaa): la natura segreta dell’inverno. Colta e contenuta in un dolce che forse nemmeno esiste: Flan “Inverno” al cioccolato amaro e salsa di kaki.


2008xMas22008xMas1Su una bella maiolica azzurra e lavorata grezza servo un flan al sapore d’inverno: pasta dura e appena biscottata di cacao, zucchero e uova, ruvida e appena tiepida che cova sotto la distesa candida dello zucchero a velo. L’interno dischiude il calore di un ripieno dolce e setoso, caldo e densamente liquido che ha il colore delle braci nella stufa ed il sapore di aromi sia freschi sia speziati, la polpa del frutto e la pungenza della cannella.


Immagino un cielo azzurro chiaro, gelido nel primo mattino: ai suoi piedi la terra dissodata irrigidita dal gelo; neve disposta in spolverate bianche e sottili, in cumuli duri e crocchianti, in merletti delicati intessuti ai rami d’abete; poi il cuore sfavillante della città, un turbine brillante di musiche, sorrisi e passi veloci e poi l’odore di una casa calda, una stufa di ceramica e ghisa con lo sportello aperto a mostrare le braci ardenti, a sbuffare quel sottile filo di fumo che pervade l’aria di legna e di intimità.

mercoledì 17 dicembre 2008

Fantastico

Spunta il sole, a me spunta la febbre. Vaffanculo, vado a casa.

Al cuore, senza cuore

Spesso si ama talmente tanto qualcosa, da perseguirlo con tale strenua intenzione che, giunti a cogliere l'essenza più avulsa del nostro piacere, scopriamo di averlo scarnificato e spolpato di ciò che professavamo di amare.


Uh, minchia, l'ennesimo pippone pseudofavolistico e semi-innamorato. No: Parlo di cose ben circoscritte. Come amare a tal punto l'arrampicata (perché è aria pura, ambiente, coinvolgimento, scoperta, isolamento, sinestesie magiche e viste incantevoli, etc etc etc) da finire per ridurla ad un mero esercizio fisico operato in sale attrezzate, al chiuso, su plastica, magari quando fuori un sole enorme e caldissimo regala 5 ore di estate nel cuore di un inverno uggioso.


Al cuore, e senza cuore. Non capisco, ma nel timore di seguire il medesimo percorso, io non metto piede nemmeno nel primo passo...

martedì 16 dicembre 2008

Disconnesso

Sono 36 ore che non ho più un cellulare. Il mio è altrove, dimenticato, lo riavrò tra pochi giorni. Non sto male, non sento quel senso di isolato abbandono che mi coglie quando esco di casa lasciandolo sul comodino, quella sensazione di impellente ansia che mi impone di fare dietrofront. Pare che si sopravviva anche senza, dunque. Anzi, che si viva; meglio? Peggio? Boh, diverso. Le persone cui voglio dire cose le raggiungo: per mail, di persona, telefonando da un telefono fisso. Gli SMS? Non mi mancano. Le foto? Quelle sì, molto. Oggi, stasera, poco fa insomma ero in centro, il cielo si è dissolto in refoli e la trama di grigio si è assottigliata fino a mostrare azzurro e rosa. L'albero di Natale di Piazza del Nettuno svettava di luci e palline colorate, le decorazioni tiepide e vivide che incorniciano le vie caramellavano i palazzi, gli spazi, gli scorci. Ecco, sì, era splendido e non poter scattare foto mi è mancato.


Insomma il cellulare mi manca perché non posso scattare foto. Per il resto mi dà sollievo questa disconnessione che non mi rende ubiquamente raggiungibile. La cosa mi fa riflettere. Chissà, potrei riattivare l'account in Facebook e fare un sondaggio...

Quel senso strano e così forte

Quel senso di divino, di mistico, di qualcosa che è oltre, o più grande, o in profondità tale dentro le cose da pervaderle ed illuminarle. Lo trovo in quell'aquila che volava nera contro il cielo bianco sopra i monti scuri velati di neve candida. Lo trovo nei fagiani, belli e strani come sculture di rame e velluto che popolano  tranquilli la collina che mesi fa era delle lepri. Lo sento e vivo in una fiammata di entusiasmo quando dentro la mia scatola di latta corro ai 100 all'ora sull'asfalto e di fianco a me vedo volare un falco con gli occhi intenti a scovare la preda: tecnologica stolidità e selvaggia vitalità che corrono affiancate su binari paralleli. Quel senso di divino che mi lascia d'incanto quando il sole è rotondo e morbido, caldo e tiepido, e srotola raggi piatti sul lago, accende gli alberi della valle, disegna miliardi di sfumature tra l'oro del tramonto e il viola del cielo profondo, così tante e così perfettamente fluide che nessuna risoluzione e nessun full-HD dell'universo ne saprà mai riprodurre la lucida perfezione.


C'è talmente tanto, di potenza e bellezza così vaste e complete, che la percezione di un disegno splendente e altissimo mi sfiora e lambisce. Ora la chiamo vita, incanto, estasi; quando avrò paura di morire, quando sapere cosa vi sia oltre sarà l'unico ricettacolo di speranza in una prosecuzione oltre me stesso, allora la chiamerò religione, e intruppato dietro una fila di astanti penitenti, aspetterò il mio turno per ricevere l'ostia e tornare al mio posto, supplicando di non aver mangiato solamente un pezzo di pane azzimo.


Tutto questo è tale per me; gli altri credano ciò che amano, nel mio sincero rispetto.

lunedì 15 dicembre 2008

Legno, pietra, calore e neve

Ieri guardavo l'enorme stufa chiara diffondere un tepore che mi smussava ogni spigolo | Ieri guardavo il cielo che si appoggiava bianco sui monti severi ingentiliti di neve | Ieri guardavo un'aquila volteggiare enorme nel cielo e lanciare il suo richiamo acuto | Ieri guardavo mia sorella suonare la tromba e racchiudere enormi potenzialità e speranze.


Ieri guardavo mio padre. E ho sentito d'improvviso il bene che gli voglio.


Mi è venuto da piangere al pensiero di quanti anni io abbia impiegato a realizzare questa verità, mi è venuta la nausea al pensiero di quanto sappiamo essere comprensivi con gli sconosciuti ed intransigenti con chi ci ama.

giovedì 11 dicembre 2008

Tuttobbène tuttobbène

Un mal di testa feroce mi spacca la testa: scraack! Esserini curiosi zigzagano nell'aria rossicci e leggeri e io mi chiedo che diavolo di bestioline siano. Poi vedo che son pellicine di bagigi soffiate via dal portacenere insieme a nugoli di cenere: porcocane che casino. Scopro che su Facciabbùco (Faccia libro è traduzione troppo prosaica, meglio un'assonanza) si possono intentare cause; non mi chiedo altro e inorridisco mentre i piedi mi si congelano: le due cose sono correlate? Il parquet Tundra esige rispetto, un rispetto deferente che insieme al male ai lombi e alle ginocchia mi prostra in un mezzo inchino continuato: ave! Il weekend si preannuncia molto godibile, ma da qui al suo inizio mi separano compere, impegni personali, impegni professionali, 300 chilometri di strada: faaatiiiicaaaaa!


In sostanza, stasera vorrei spegnere il pianeta. Si può?

Buon fin de semana à todos. Besitos.


[Dimenticavo la sezione giardinaggio dell'IKEA, dove questo weekend avrete in offerta: il concime naturale STËRKEN, il rastrello in policarbonato GRÅTTA, il set di vasi e sottovasi PITAL. Approfittatene!]

Ikea - MMXIV

Oggi, mentre montavo il parquet (Tundra bianco), tra una martellata ed una saracca pensavo miriadi di pensieri creativi. Pensavo nella fattispecie a una serie di belli e nuovi prodotti Ikea tipo:



  • Il water con paraschizzi SGRULLÅ;

  • il morbido pouff ergonomico KIÄPPA;

  • la  pallina antistress SÖCMÊL;

  • la specchiera a parete PIRLÅ.

  • il tappeto in vera erba FRIKKET;

  • la branda a scomparsa (finitura rovere scuro) LOKULJOR;

  • il tavolo in teflon antiaderente (sopra e sotto) KAKKÔLA;

  • il boccale da birra RUTTÅ;

  • la cappa aspirante KRAUTØ (anche in versione potenziata FRÎTTO);

  • Il letto ad acqua riscaldabile KOMEGÖDO.


L'IKEA ti cambia davvero la vita...

martedì 9 dicembre 2008

Un regalo, quasi

091208 - First half091208 - Second half- Ne scriverei -

- Di cosa, di questo? -

- Sì -

- E perché? -

- Perché è troppo bello -

- Troppo? -

- Meraviglioso -

- Hai detto troppo bello -

- Ed è vero -

- Ma troppo per cosa? -

- Troppo. Così, per dire -

- No, non così. Perché? -

- Essù, dai -

- No, davvero, pensaci -

- Ok, va bene. Dammi un momento - [...]

- Allora? -

- Hai mai visto Into the wild, il film del tipo che parte da solo per l'Alaska, e alla fine ci muore? -

- Riassunto risicato eh. Ma sì l'ho visto, cosa c'entra? -

- Lui vede tutta questa vita selvaggia, splendente intorno a sé. Una vita libera e vitale, no? -

- Vita vitale? -

- Guarda che non tutta la vita lo è; pensa ai centri commerciali nei pomeriggi di luce -

- Embè? -

- Sono pieni di gente anche la domenica, anche oggi. Pranzo, riposino, centro commerciale... -

- Sì, ma non vedo ancora il nesso tra questo, lo scrivere, il film, tutto -

- Aspetta. Allora, quella per me è vita poco vitale. Vita un po' subita, non del tutto vissuta -

- Magari loro la pensano diversamente, non credi? -

- Sì certo lo immagino bene, e ti dico che è per questo che non mi considero un fanatico -

- Ah -

- No, davvero: ho le mie idee che sento e sostengo, ma non le impongo o estendo al pianeta -

- Sì, capisco, ok. Vai avanti che ancora non vedo... -

- Bè allora, il protagonista vede questa vita incantevole e ci si tuffa, se ne bea, vi si abbandona -

- Sì ricordo: l'alce, la neve, la primavera, il fiume, la patata velenosa, lui che muore... -

- Sì, ecco, lui muore -

- 'azzo, è questo il senso? -

- E dai! Ricordi cosa fa prima di morire, lui che ha vissuto all'insegna dello stare da sé? -

- Da sé ed in mezzo a quel rigoglio magnifico, dici. Comunque no, non mi ricordo -

- Scrive sul libercolo una cosa semplice, terribile, immensa -

- Uh, e cosa? -

- Che la felicità per essere davvero tale deve essere condivisa -

- Ah già, è vero -

- Ecco, torniamo a questo: ai monti ocra pallido, con le loro creste di neve candida e dura che perdono calore ma acquistano intimità mentre la sera scende su questo velluto freddo e netto -

- E di là un l'apparente opposto -

- Già, come l'incendio di un universo, una fiamma che scaldi senza fiamma, un crogiuolo di metalli rari e magici dentro uno stampo di gelida terra già nera di una freddissima notte. Poche stelle minuscole come punte di spillo ed enormi di luce bianchissima -

- Bè, credo siano Venere e Saturno, ma è di sicuro qualcosa di bellissimo: mi ci perderei a guardarlo, son quegli spettacoli così... così eclatanti, ma anche così quieti ed intimi, che...

- Che? -

- ...che vorresti vicino chi ami... -

- Ecco -

- ...a condividerlo -

- Vedi? -

- Oh. Ah -


- Che freddo e che belli i profili dei monti. Una sensazione tiepida dentro e algida fuori, no? -

- Qualcosa di perfetto, così pulito che lo puoi solo vedere e vivere, nemmeno immaginare -

- Ma senti, e lo scrivere poi che c'entra? -

- Che scrivere significa condividere. Con chi legge, chi leggerà, chi solo lo potrebbe fare -

- Sì. Allora capisco -

venerdì 5 dicembre 2008

Uuuhh... le mutandine!!!!

Il post faceva schifo, e così l'ho censurato. Che nemmeno le mutandine erano gran cosa, poi.


Sogni

Un brutto male, fulminante in pochi giorni con quell'ineluttabilità illogica eppure lecita dei sogni. Medicine per rallentare il decorso, medicinali che disfano il fegato, e avverto la fine nei dolori sempre più vividi al fianco destro. Sto per morire, vedo qualche parente, parlo con mia madre, attendo. Sdraiato sul letto sono ormai alla fine della strada, così scoscesa che è facile ruzzolare là in fondo fino al traguardo. Sfinito, percepisco l'arrivo della morte come una pressione alle tempie e alle orecchie che mi ricorda i pochi secondi pima che l'anestesia facesse effetto. Sento la pressione crescere, mi dico è così che si muore, e sento in me la semplice curiosità per ciò che sta arrivando. Il mio pensiero, nel sogno, è sta capitando proprio a me, e adesso vedrò cosa davvero accada.


Mi sveglio, la pressione alle orecchie svanisce, rimango al buio nel letto solo pochi istanti, poi accendo l'abat-jour per assicurarmi che i contorni della mia esistenza siano quelli noti ed attesi. Pochi secondi solamente prima di spegnere la luce, girarmi, e tornare a dormire. Un'angoscia sottile mi abbraccia, quella di sperimentare curiosità per qualcosa che va invece tenuto il più lontano possibile.

giovedì 4 dicembre 2008

Sogni luccicanti

Vedo la vetrina, ne vedo il bel nome in caratteri pieni di grazie, così boemo, così agghiacciantemente chic e retrò che un brivido mi frizzola lungo la spina dorsale. Fumo una sigaretta nell'aria fredda, sciarpa ben arrotolata intorno al collo, coppola di lana un po' sulle 23, mani dietro la schiena a stringere il manico liscio, ponderoso, del mazzuolo da ferroviere. Una mano, due dita, afferro la sigaretta, la cricco lontano, passo il mazzuolo sul davanti, lo lancio in aria con la punta della scarpa, mi atterra solido sulla spalla, coppola piegata nella tasca dietro dei jeans, entro.


- Signore... ehm... desidera? -


Afferro il manico, inspiro, alzo il mazzuolo, mi volto a destra e Dio guarda che bellini questi animaletti così precisi, così luminosi, così sfavillanti, il gattino, l'uccellino, il cavallino, l'ippopotamino SBANG! Il pesciolino SCRIIIIIK! Il maggiolino SCRAAAACK!


- No Signore no la prego io chiamo la polizia... aiuto la chiamo guardi la chiamo sa!?! -


Mi volto a sinistra e ci sono piattini bicchierini mensoline cornicette SBAAAANG SPAM STRAAAAK! Coriandoli di luce acuminati, polverizzati, che schizzano tintinnanti ovunque. Polvere di diamanti nell'aria, e la mia opera continua, s'incendia, s'infiamma, s'ingigantisce. Un pezzo via l'altro, una faccettina squadrata via l'altra, un lampadario acuminato come la shuriken d'un maniaco che s'infrange che esplode che si polverizzaaaaaaaa-aaaaaaaaaaaaahhhh!


Ecco: oo odio gli SWAROWSKI.

Ziopporcone!

Contando che la caldaia in sé costa 1.300 euro, tubi e raccordi ammonteranno a un centinaio di euro, mi fa un po' senso la cifra riportata in calce al preventivo per la sostituzione della caldaia attuale: 2.850 euro. Più IVA. Arrotondando per ipereccesso il costo dei materiali diciamo che il preventivo ha 1.500 euro di hardware e 1.350 euro di manodopera. Più IVA. Contando che hanno detto che ci impiegherebbero mezza giornata, cioè 4 ore, e che la tariffa oraria è di 50 euro all'ora, fanno 27 ore di manodopera. Che ci stanno in una mezza giornata solo se:



  • si distorce lo spazio-tempo;

  • si contempa che a sostituire la caldaia vengano almeno in 6.


Il preventivo per il solo spostamento (di mezzo metro) dell'attuale caldaia implica 50 euro (forse) di materiale ed il resto manodopera. Ammonta a 750 euro. Più IVA. Ci impiegherebbero una mezza mattinata. 700 euro di manodopera significano dunque 14 ore di lavoro. Per farle stare entro una mezza mattinata (diciamo 2 ore e mezza) possiamo:



  • distorcere lo spazio-tempo;

  • contemplare che a spostare l'attuale caldaia si presentino in 5, forse in 6.


Ora, visto che di distorcere lo spazio-tempo pare non se ne parli per ancora qualche decennio, posso solo prendere atto del fatto che i caldaisti si muovono necessariamente in gruppi minimi di 5 individui. Bene, sociologicamente questo è senz'altro interessante. Nella pratica però, suppongo che mi terrò questa caldaia. E in effetti a pensarci bene, non mi dispiace nemmeno che stia proprio lì dove sta adesso....

mercoledì 3 dicembre 2008

Il grido

031208 - HomeTra muri alti e fradici, deflagrando le gocce di pioggia che investe, il grido corre attraversando la città. Corre su gambe lunghe e snelle e sotto colori vividi; corre stringendo parole tra le belle labbra, comprimendole dietro i denti, spingendole giù lungo la gola riarsa che ingoia aria fredda ed emette singhiozzi tiepidi. Il grido corre, il grido fugge dalla propria eco, dalle immagini che rigetta, dai disegni che teme. Il grido arriva qui in onde concentriche, ogni onda la cresta violenta della pioggia che flagella il cielo, inonda i campi, infuria i fiumi; tra un’onda e l’altra il tempo di tirare un sospiro, di cedere al sollievo, e poi subito a rifiutarlo, che si deve correre, correre, scappare, fuggire, correre gridando un lamento che sale, e sale, e sale ancora. Da qui lo sento, lo percepisco, mi investe lento e mi sussurra che stai male, mi dice che soffri, mi urla che non ce la fai più, mi grida che non ne puoi più e che vuoi solo tornare a casa, solo quello, solo sdraiarti e smettere di bruciare, smetterla di congelare, finire di sfinirti. Ma non lo sai, non lo vedi, forse solo non lo puoi accettare o riconoscere, dove sia casa.


Io non so cosa fare, non posso che volerti ancora bene, e se potessi scaglierei un pugno in questo cielo bello e terribile, scuro e affascinante come lontane Terre Rare; lo colpirei con tutta la forza dei muscoli, la nervosità dei tendini, la solidità delle mie ossa pur di spaccarlo e lasciar filtrare la luce. Ma non è la mia battaglia; posso solo volerti bene, un bene straziato per il tuo dolore.


Per un'amica...

martedì 2 dicembre 2008

Sonno

Ho sonno, un sonno boia, di quelli che mi stirerei a partire dagli alluci, a finire con le gengive, per poi riarrotolarmi su me stesso e godermi un divano morbido, il cielo grigio e rfilessivo, un libro invitante che riuscirei appena appena ad aprire prima di cadere addormentato. Aria di neve, quasi. Magari.


P.S.

Più mi piace la grafica di questo blog, meno questo blog è letto e frequentato. Più mi soddisfa ciò che scrivo, meno ciò che scrivo suscita interesse. Bravi tutti, chiudete la porta, ciao ciao.

lunedì 1 dicembre 2008

Estremismo: troppo comodi

Siamo troppo comodi, seduti qui davanti al monitor, per scendere nelle piazze; e siamo troppo colti, raffinati ed informati, per avere bisogno di scendere in strada ad annusare che aria tiri, a sentire la voce della gente, ad aggiungervi la nostra. Siamo troppo soli ed inermi, qui tutti insieme in questo cyberspazio iperraggiungibile per aggregarci davvero - corpi, voci, mani e occhi - e generare quella massa critica e pulsante che scatena i cambiamenti. L'Onda è la e-version del '77 e del '68, e tutta la forza che le manca è quella forza che abbiamo lasciato tra stringhe di bit a scriverne, strepitarne da una poltroncina imbottita, leggerne e raccontarcela. Ma il problema è ben oltre l'Onda, il decreto Gelmini, la riforma di scuole e di università, la politica ed il governo, l'opposizione e quant'altro possa venire in mente.  Il problema è che non siamo più capaci di reagire davvero e provare la strada del cambiamento: solo quando la massa di corpi, persone e volontà è così unita, coesa e ponderosa da spingere i singoli individui a identificarsi con un disegno ed un ideale, allora si intraprendono quelle scelte che comportano sacrificio e rischio ma che davvero spostano equilibri di forze e di realtà. Qui, giustificati dalla presunzione di saperne abbastanza e di fare abbastanza con un blog, un gruppo di supporto, l'affiliazione a una mailing-list, siamo sempre e solo singoli esseri che davanti alla scelta drammaticamente aut-aut finiranno necessariamente per rispondere a se stessi "ma in fondo, chi sono io, chi me lo fa fare a me di sacrificarmi davvero?".


E chi dovesse avere le chiavi per indirizzare a livello vasto e alto l'agitarsi dei nostri pensieri sulle trame della rete, avrebbe la chiave per farci fare, pensare, dire e credere ciò che vuole. E nemmeno sono sicuro che in parte questo già non accada. Il che mi fa sentire il primo degli imbecilli.


Questa è un'estremizzazione, sì, ma un'estremizzazione ancora una volta inutile, riportata qui nell'ennesimo, insulso, colorato blog di 'sta minchia!

Acido

Avrei voglia di scrivere un post bello acido, breve e stilettante, di quelli che fanno reagire le frustrazioni mattutine dei lettori casuali che di qui dovessero passare in cerca di altrui sventure che smussino le proprie.


Però, a parte che non ho voglia di iniziare una settimana lavorativa irta e densa di assoluta e totale mancanza di stimoli, (...) ho passato un bellissimo e semplicissimo weekend. Saluti.