C'era un ragazzo che ogni mattina si alzava più stanco del giorno prima; si stiracchiava sotto il lenzuolo cercando la forza per buttar le gambe giù dal letto. Stropicciandosi gli occhi andava in bagno per le abluzioni di rito, poi lentamente si vestiva, usciva sotto un cielo bianco, saliva in macchina ed in 10 minuti eccolo in ufficio.
Alle 13, più o meno, la consueta pausa pranzo nella mensa caotica e invasa di troppe voci; chiacchiere stolide con i soliti due colleghi ed i medesimi 3 o 4 argomenti a rotazione: donne, sport, lavoro, qualunquismo politico-sociale.
Poi il ragazzo conobbe una ragazza: bella, con un odore meraviglioso ed un punto di vista sulle cose che era una magia per quanto nuovo ed inatteso. Iniziarono a uscire insieme, da amici, poi da amici che talvolta facevano sesso, ed ogni volta c'era questa strana tensione tra dare e trattenere, tra prendere e rifiutare, coinvolgersi e proteggersi. Però quasi sempre il bilancio delle serate era positivo, soprattutto quando decidevano di essere loro due soli senza farsi trascinare in mezzo a piacevolisismi amici e belle serate di gruppo; perché in queste situazioni tutto il contesto risultava divertente ed emozionante ed intensamente godibile, ma loro due si allontanavano inesorabilmente e si irrigidivano. Chissà perchè! Nessuno, ora che ci penso, questo l'ha mai spiegato, ma tant'è.
Comunque continuò così per un po', mentre la primavera si vergognava di se stessa e si copriva con i colori di un bruttissimo autunno, seguendo una media matematica tanto insulsa quanto odiosa tra brutto tempo (ma brutto davvero) e bel tempo (ma bello davvero). Solo grigio, per di più un grigio umido. Eppure in quei giorni soffocanti il ragazzo riprese a camminare, prima con lei, poi anche da solo, e scoprì di non essere immutabile né schiavo di se stesso come temeva, ma di poter cambiare le cose fuori e dentro di sé per virarle al meglio.
Lui riponeva aspettative in lei, ed in lei vedeva l'immagine di molti possibili desideri: quello del sesso, quello del fare l'amore, quello del godere e del fare godere, del condividere la magia di una siepe di gelsomino, di una bottiglia di vino buona come fosse frutto delle attenzione di una bella dea, di un weekend a pedalare per colli e colline, di una spiaggia dove riposare al tramonto vestiti di lino bianco.
Lei fuggiva, spesso. O forse semplicemente non voleva.
Intanto nel ragazzo questa frequentazione portava sì una nuova consapevolezza di sé ma anche la stanchezza di essere sempre in giro, di fare sempre tardi, di bere tanto e mangiare disordinatamente, di sperare e avere aspettative e poi ribaltarsi su se stesso per accettare il presente e smetterla di pensare al futuro. Però lei continuava ad avere quegli occhi magici tra le ciglia folte, bagliori di verde e di oro, e a ogni alito di brezza che soffiava una nube di quel profumo meraviglioso le si gonfiava intorno e lui era in estasi.
Poi un giorno il ragazzo si svegliò un po' meno stanco del solito, ma solo perché si era concesso un'ora di sonno in più. Attraverso le tapparelle il cielo mostrava finalmente un po' di vero azzurro e la luce filtrava un po' colorata. Dopo i soliti lenti rituali pescò nell'armadio una camicia coloratissima ed a righe tutta sui toni di un'alba accesa. Indossò su di essa una giacca di lino colore del cacao con riflessi quasi rossi, come la terra quella davvero carica di vita e promesse nella quale far germogliare ogni seme possibile. Salì in macchina ed andò in ufficio pensando a lei e alla serata che forse avrebbero passato insieme: l'immagine così bella e così intima di lui che cucina un menù di pesce e lei che siede sul bancone, parla, e stappa champagne.
La luce incendiava ancor di più i colori della camicia e della giacca, anche se andava spegnendosi per l'arrivo dell'ennesimo fronte nuvoloso, compatto come la stupidità umana e grigio come la sua mancanza di fantasia.
La mattina trascorse.
Il ragazzo scambiò email e messaggi con la ragazza.
La serata era una promessa che ancora lei non si decideva a trasportare del tutto nella realtà.
Peccato perché di venerdì il banco di pesce si esaurisce in fretta!
Poi arrivò l'ora di pranzo.
Ed il ragazzo non aveva voglia di mangiare.
Così convinse tutti che stava bene; uscì e iniziò a camminare dietro l'ufficio, dove la zona industriale cedeva il passo ai campi appena oltre il silenzioso binario a scartamento ridotto.
Le nubi arrivavano veloci, e il ragazzo iniziò a pensare che quelle nubi, che scendevano da nordovest, avevano visto oceani e mari, monti e laghi, la provenza e le langhe ed i loro vitigni, e che in utlimo erano appena passate sulla testa profumatisisma di lei, una trentina di chilometri più a nord di quel punto silenzioso in riva ai binari vecchi.
Papaveri nei campi.
Un cieliegio carichissimo di frutti in lontananza, che bontà!
C'erano tantissime promesse nell'aria ma nessuna aveva la forza di esplodere.
Il ragazzo aveva una gran voglia di vedere la ragazza e passare una serata con lei, quella serata.
E ricordò tutte le volte in cui lei, con parole ed atteggiamenti, l'aveva stupito e meravigliato andando in direzioni impreviste.
Il binario spariva in lontananza.
Qualcuno sentì una risata allontanarsi verso nord.
Nessuno ha più visto il ragazzo in ufficio.
Nemmeno la ragazza ne ha mai più sentito nulla.