martedì 31 marzo 2009

Premi CANC

Premi CANC una volta, poi due, poi tienilo premuto. Se fa male tu tieni pigiato lo stesso. La ripetizione del tasto accelera, elimina un momento alla volta, poi un giorno alla volta, poi intere stagioni. Occhio a non cancellare troppo, basta tornare alla radice della scelta, dove la strada era ancora una. Crea un universo parallelo che ti protegga, riempilo di ciò che preferisci. Mi basta che tu possa riprendere a sorridere nel sole.


Sul tetto, nel blu e nell'acqua, il replicante diceva a Rick Deckart e tutto questo andrà perduto nel tempo, come lacrime nella pioggia. Se anche fosse vero, la pioggia laverà via anche il dolore.


Eppure, ancora una volta, ci sarà una scelta alla base di tutto: conservare le lacrime per serbare il ricordo dei sorrisi, o lavare via entrambi per non soffrire più?

Chedduemaroni

C'è il problema dei contatori, che ogni tanto si inchioppano a pensare [...loading...], ogni tanto segnano visite, ogni tanto sguisciano sull'erto pendio dei numeri interi e rotolano indietro di 100, 300, 900, e così via. Tempo fa c'era il problema dei post ripetuti a causa del messaggio di errore che però non bloccava la pubblicazione. Più indietro ancora c'erano i problemi di perdita del CSS. Senza contare le cronicizzazioni che talvolta hanno nuovi rush, tipo che non si riesce a commentare, che i post compaiono solo molto dopo, che non c'è verso di finire tra i latest, etc...


Ma la redazione ha la sua ottima strategia: tacere, ignorare. Ciò che non si vede non esiste, e l'importante è non ufficializzare mai un disservizio. Ecco perché rispondono di preferenza in privato, ecco perché non appare mai un alert in home. Poi, a problema risolto, Magica Redazione compare e con tante faccine dice "tutto risolto": E giù sempre, qualcuno, a dire "bravi ragazzi forti ragazzi mitici ragazzi grazie". Ma bravi che, ma bravi un cazzo!

lunedì 30 marzo 2009

Palinsesto

03 - 30 - My TVSono le 17:45 ed è venerdì, cosa danno in TV? Pigio il tasto e le trasmissioni partono: sta finendo Carosello e mentre le immagini si allontanano al nero si sentono saluti tipo Buon weekend, Buona domenica, Fatti inculare, bello (sano cameratismo). Poi inizia il film e c’è un’autostrada, sull’autostrada una macchina, nella macchina un uomo. Autostrada, macchina e uomo sono immobili (no, giusto l’uomo si muove un po’, mentre quell’islandese di Emiliana Torrini canta my heart is beatin like a jungle drum) e affianco la scenografia scorre. Cielo liquido tormentato di tramonto e nubi. Cumuli bianchi dividono oro giallo da cielo cobalto. Tra gli sbuffi bianchi si mettono in formazione cinque aironi e volano verso ovest. Se avessi pennelli e mani con le quali far magie colorate… pensa l’attore, e scatta una foto dal finestrino. Poi campagna, notte che scende e s’infrange di nuovo sulla città: coriandoli rossi di stop e semafori, coriandoli bianchi di fari e scritte al neon, coriandoli gialli di frecce e lampeggianti, coriandoli verdi, viola, arancioni, rosa di vetrine e insegne, sirene e segnali, luminarie ed interni. Sorrisi, baci, calore tondo, voglie fresche. Siamo in un bar dopo, e si ride e si parla, con sempre meno senso e sempre più convinzione man mano che va giù il bianco, lo spriz intermedio, il bianco più strutturato. Calma, quiete, stacco. Un uomo, una ragazza mora una ragazza castana una ragazza bionda, pesci crudi nel piatto e ciccioli verdi sciolti che liberano bombe sotto il cranio: aah, wasabi. Poi sake e grappa, sigarette e passi, notte di cielo cupo strappato di nero lucido dove c’è ancora sereno. Sonno e stanchezza, entrambi distesi, solo un po’ alcolici, e ancora un po’ di fumo di sigarette. E poi?


E poi niente, qui ci vuole il decoder, ognuno il suo.

giovedì 26 marzo 2009

Ana?? Mavva...!

Peccato che l'anoresia sia una moda, perché é qualcosa di demenziale che questi imbecillotti di ragazzotti e ragazzotte abbiano una tale carenza di stimoli, voglie, sogni e desideri da dover identificare in una patologia un modello da emulare. E tale è almeno qui su splinder, dove le sedicenti anoressiche che professano di nutrirsi d'aria bevendo solo té verde senza zucchero non schiodano pressoché mai dal metro e sessanta d'altezza per 55-58 chili.


Non siete anoressiche, fortunatamente, ma solo imbecilli, e la dimostrazione è che pur elevando simili orripilanti esempi a idoli da emulare, non vi schiodate dal vostro peso. Idolatrate invece qualche campionessa dello sport, o qualche bellezza dello showbiz con fisici muscolosi, atletici, o sensualmente pieni, e poi provate a raggiungere quegli standard. Magari scoprite che, poiché non siete malate ma solo cretine, inseguire la visione di un corpo armonico, equilibrato, esteticamente apprezzabile e sensualmente attraente è ancor più difficile che vegetare su un blog e sentirsi vittime del pianeta e della società.


Sveglia! Dico a voi, sveglia!

Io arrampico, e per arrampicare il peso è fondamentale, ogni chilo in più che ti porti dietro lo senti, e così molti arrampicatori finiscono per diventare anoressici, sebbene con la consapevolezza di persone mature e quindi la sicurezza di dimagrire paurosamente ma senza rischi realmente letali. E io pure alcune volte mi son messo le dita in gola pensando al peso e alla forma. E col senno di poi, devo ammettere che sono stato un gran imbecille. Perché è troppo facile vomitare o subire il fascino dei morsi della fame: basta comunque non fare una mazza, vegetare, o chinarsi sul cesso per 5 minuti. Ben più difficile è alimentarsi bene, equilibrare la dieta, e fare sport con efficacia e dedizione.


Ma i risultati sono ben diversi, e anziché correre il lontano rischio di diventare squallidi attaccapanni rinsecchiti ricoperti da un po' di pelle secca e avizzita (che solo il fotoritocco e la postproduzione rendono liscia), magari finirete per diventare sane, belle, sensuali ed attraenti come non avreste mai pensato di essere.

Meeeeeow!!!

03 - 25 - Catsfffh

mercoledì 25 marzo 2009

Sei un vecchio ipocrita rompicoglioni

...se già ti prende mania d'iniziare i discorsi con "certo però che ai miei tempi..." e continuare poi nel palesare come ai tuoi tempi ci fosse più cuore, più anima, più volontà, più genuinità, più amore, più amicizia, più senso del vero...


Io già ci son dentro.

venerdì 20 marzo 2009

1. .. 2 .. 3 .. hop!

Se dovessi definire i colori delle stagioni non so quali sceglierei. Per l'estate l'immagine più limpida è quella della Provenza, dove l'azzurro del cielo si miscela al blu del mare, il verde cupo dei boschi si stempera nella tonalità tenera dei prati, ed il giallo del sole richiama quello della sabbia e di certe rocce. Ma poi mi sarebbe difficile escludere il magenta fremente dell'erica e l'iride profumato della lavanda, che passa dal tenue lilla di inizio fioritura a quel viola intenso della piena stagione, mosso in cavalloni dai venti che scendono dalle Alpi. E non potrei escludere il bianco ovattato, candido e morbido delle nubi che rotolano alte in cielo; né vorrei dimenticare quel turchese solido e vivido che scorre in fondo alle strette gorges, e che da lassù in cima alle altissime falesie pare una nervatura di giada che spacca il grigio della pietra.


E così non so scegliere e li prendo tutti, e tutti al momento giusto. Così come oggi che tira vento teso e freddo, la primavera corre sulle nostre teste nell'essenza più pura di sé, e allora io tengo il bianco delle nuvole disseminate ovunque, l'azzurro limpido e chiaro del cielo, il verde fresco e vibrante dei campi sbattuti dal vento, e la profondità ingenua delle viole appena spuntate.


Una cicca, benzina a sufficienza, radio e occhiali da sole, molleggio sul trampolino del weekend e opplà, mi ci tuffo.

giovedì 19 marzo 2009

Mare

Strana quiete nel Bestiario.


Il torpore primaverile zittisce gli spiriti, si mescola all'abbiocco digestivo, e agisce come un insidioso sonnifero. Il sole entra sminuzzato attraverso la veneziana, sottili fette che si mischiano all'ondeggiare della magnolia. Lungo il corridoio vaga stupidamente il solo ronzio delle ventole dei PC, mentre qui a un metro da me l'onanista azzannato russa con la testa poggiata su un braccio; l'altra mano carezza il mouse, ogni tanto l'indice ha un rapido sussulto.

Mi ricorda la pensione di Milano Marittima quando avevo 9 anni, il torpido primo pomeriggio in cui si quietava ogni suono, schiamazzo e rumore; sotto i pini l'odore di resina ti colava addosso il canto ipnotico delle cicale. Riposavo sul dondolo del giardinetto o sui divani in vimini del porticato; i rari flash di un cuoco che gettava gli avanzi o un giardiniere che innaffiava le azalee erano buchi lucidi di realtà dentro sogni comodi ed accaldati.


E come allora anche adesso  mi prende un sonno lento che mi spegne pian piano, le dita rallentano e queste stesse righe si incrociano. Stendo il telo, faccio un mucchietto di sabbia per la testa, mi incastro tra sole e ombra e chiudo gli occhi. La risacca mi imponotizza e su di essa s'increspano i richiami dei gabbiani.


Lento, caldo, placido benessere...

Vai, nel sole, vai

La notizia mi arriva in un piccolo, amaro messaggio privato sul forum di arrampicata: Frank è morto.


Io Frank l'ho visto una volta sola, 2 anni fa: amico di amici, passò quasi tutta la giornata con loro. Poi il bar di rito: birra, patatine, spriz e arachidi; macchie di sole e sigarette, risate e mani screpolate da roccia e magnesite. Lì ricordo Frank come un'indistinta macchia di colore, cui non riesco a dare forma.


Frank è partito in una giornata di sole, e a 150 metri dal suolo è caduto per 60 sbattendo, fermandosi incosciente in fondo a una corda stremata. Soccorso subito, due giorni dopo è morto.


Leggo il piccolo messaggio amaro e non provo dolore, e mi sento vuoto perché penso che forse un po' dovrei. Ma poi l'amico che mi ha dato la notizia mi dice "...e guarda qui, che avevo anche postato foto di quella giornata; che amarezza". Allora navigo a quella pagina del forum e trovo foto di un sole giallo che cola sulla parete grigia, rossa e azzurrina. Vedo Frank di spalle - ed il viso rimane per me mistero - che si muove in punta di piedi in punta di dita su quella muraglia verticale e fiammeggiante. E vedo foto di me stesso e degli altri amici presenti. Tutti sorridenti, tutti impegnati nel gesto o stanchi e contenti a fine giornata. Ricordo che guardammo la parete prima di andare, e poi l'orizzonte ed il sole, e sorridemmo prima di scendere verso le macchine ed il bar.


In quegli istanti infiniti di sole a fine giornata, guardavamo l'orizzonte sentendo il corpo stanco e la pelle tiepida, il cuore leggero e l'anima tranquilla. Guardavamo lontano. E mi chiedo fi dove, lontano. E so che Frank non poteva guardare più lontano di un paio d'anni.


Allora l'amarezza arriva, ed un po' di dolore misto a qualche paura e una sottile ansia di fragilità.

martedì 17 marzo 2009

Grazie

Non so chi, ma qualcuno mi ha regalato un sole grande e caldo per il compleanno.

Grazie!

lunedì 16 marzo 2009

Fuori e dentro

In autostrada alle 8:30 del mattino mi godo la guida, la cicca, ed Il ruggito del coniglio. Oggi i colli euganei slittano via lesti e limpidi, e davanti mi si apre la pianura immobile e lucida. Il sole è un cristallo, il cielo turchese come le pozze di mare davanti Hurghada. Il Po in queste settimane è vasto e lento: impressionante, è gigantesco e placido come a volte appare ciò che nasconde una forza violenta ed enorme. Un piccolo animale attira il mio sguardo sulla corsia d'emergenza. Troppo ritto per essere il cadaverino di un micio, sfrecciandogli accanto vedo che è un piccolo gufo immobile e compunto che osserva il traffico da dietro la riga continua, come dovesse attraversare. Una fitta di dolore e mi chiedo perché sia lì e cosa ci faccia, lì. Nello specchietto vedo la minuscola forma allontanarsi, ed il tir che mi segue sterzare per passargli lontano. Spero se ne sia tornato nel bosco, ma non riesco a crederci.


Alle 13:30 la primavera ha tuffato le sue mani delicate e fresche nel cielo e ha allontanato i residui d'inverno come si fa con la schiuma sull'acqua. E' rimasto un azzurro vivace movimentato dai soffi bianchi di leggere nuvole. Vado in mensa insieme a due colleghi. Di due una non la sopporto. Quando dobbiamo rientrare decido di fare una passeggiata e mi incammio nel sole, a bordo della strada. Il rumore del traffico è enorme, e me ne accorgo nei brevi istanti in cui non passa nessuno: allora la primavera respira di nuovo e sa di fresco, di verde e di fiori piccoli e fragili; poi passa l'ennesimo camion e mi alita addosso un ansito greve di nafta e di polvere riarsa.


Quando finalmente abbandono il marciapiedi per prendere il sentiero del parco, un gioco di bianco e di nero mi rapisce la vista. Rovescio la testa all'indietro e scopro altissimi giganti silenziosi che reggono le nubi.


03 - 16 - CloudTrees 103 - 16 - CloudTrees 203 - 16 - CloudTrees 3


 


 


 


 


 


 


 


 


50 metri alla mia destra passano auto e furgoni, moto e camioncini ma qui l'universo sembra tutto un altro ed incredibilmente distante. Tocco i tronchi rugosi e neri sui quali la scorza bianca e liscia è come un antico affresco che ha resistito a mille anni di intemperie. Hanno gambe forti e solide questi giganti immobili e quieti, e sopra di esse snodano copri flessuosi che si stirano e distendono bianchi, bagnati di luce e tuffati nel cielo. E lassù in cima le loro braccia sottili e le dita esili sostengono cumuli di cirri candidi.


03 - 16 - Blows03 - 16 - Beeeee


Accendo una cicca e metto via il telefono, è ora di rientrare e non ho tempo nemmeno per il caffé.


Eppure giro intorno ad una siepe e un piccolo fuoco d'artificio in rosa freme leggero nell'aria fresca e profumata. Avvicinandomi sento il calore del sole sul viso, il tocco sottile dei fiori rosa nelle narici, il ronzio soddisfatto delle api che volano e si posano.


Quando infine rientro mi immergo a fatica nella penombra dell'ufficio, tra gli schiamazzi post-prandiali del branco di colleghi che segue la quotidiana sessione di porno. Poi viene il sonno, e mentre guardo la luce morbida e vivace che rimbalza elastica sulle foglie della magnolia, gli occhi diventano pesanti e la mente inizia a vagare, sovrapponendo i colli euganei ed il Po, il piccolo gufo smarrito ed i giganti quieti, i fiori rosa e i riflessi lucidi della pianura. Allora invento una scusa ed esco di nuovo, mi metto in macchina e guido in tangenziale, poi sui colli, poi scendo e fumo una sigaretta. Dopo un'ora e mezza sono di nuovo qui, in attesa della prossima ora d'aria, e mi chiedo il gufetto, dove sarà ora.

venerdì 13 marzo 2009

Sono uscito dall'ufficio

Sono uscito dall'ufficio per riempire la vaschetta del liquido tergicristalli. La primavera mi ha invaso con un tepore inatteso, un cielo azzurro striato di bianco, l'odore di verde punteggiato da rapidi aromi di fiori. Imbambolato ho fumato una sigaretta, poi sono rientrato.


Dalla finestra vedo la bottiglia d'acqua poggiata sul cofano. Non ho riempito la vaschetta del liquido tergicristalli. Eppure qualcuno mi ha versato dentro una felicità fragile e sottile, proprio come una piccola gemma che attende di sbocciare.


Inizia il finesettimana, si va.

giovedì 12 marzo 2009

Guida per me

Guida per me, perché Joan Baez dice che sono benedetti i viaggiatori di mezzanotte, benedetti perché riposano nell'ombra di Dio. Così innesta marce e pigia piano i pedali, gira il volante e lascia ticchettare le frecce quando serve, che il clik-clak mi fa casa e mi fa torpore, mi culla e massaggia delicato con le sue piccole dita come candeline, come chicche, come schiocchi di sorrisetti complici, sfuggiti un istante alla strada cui attenti subito ritornano.


Guida per me perché ho occhi stanchi e che bruciano, forse per il sole che oggi era così tondo, forse per le lacrime che ieri erano così tiepide, forse solo perché li ho stropicciati troppo guardando la bellezza che occhieggia tra foglie giovani, sulle increspature del lago, nella notte vasta e silente che si fa fredda di minuscole stelle e magica di una luna enorme; ho occhi stanchi che adesso voglio chiudere, voltando la testa e mettendomi comodo, lasciando andare i muscoli contratti ed i pensieri ingarbugliati.


Guida per me e guidami via da qui, che anche se non voglio davvero scappare è però vero che ho così tanta voglia di aprire gli occhi e guardarmi intorno stupito e stranito, coi polmoni che inspirano un'aria ignota e gli occhi che abbracciano un orizzonte sconosciuto.


Guida per me e guida lontano, dove vuoi tu e andrà bene comunque. Passa Joan Baez, passa John Denver e passa Tracy Chapman. Io voglio solo farmi trasportare in un bel posto che conosco. Guida per me, vuoi?

mercoledì 11 marzo 2009

Così vecchio

Prima di andare al lavoro sono passato a comprar biscotti e chicche al supermercato. Alle nove del mattino me l'aspettavo quasi vuoto e invece era un turbinare instabile, frenetico, iperattivo e un po' imbarazzato di anziani e vecchi. [La differenza tra le due parole poi? L'anziano è un vecchio ancora ben conservato, credo, uno di quei vecchi che si ingentiliscono e rimpiccioliscono, con l'età, o almeno così lo sento io].


Anziane ancora floride e rubizze accompagnate da giovani nuore, vecchiotti dal passo meticoloso e fragile, cauto su ossa deboli; e ancora coppiette curve che senza guardarsi hanno 50 anni di esperienza per trovarsi le mani, le dita ed i gesti a memoria.


In fila alla cassa ci sono io con le mie 4 cose e aspetto la coppia che chiacchiera con la cassiera mentre lei passa olio e petti di pollo, minestre e mele, pane e affettati, una bottiglia di vino del consorzio e due videocassette da 120 minuti. Subito davanti a me un signore piccolo in un giaccone enorme di pelle lucida, con la sua acqua nel carrello ed i pasticcini coop in un vassoio dorato e plasticato. [Non vedo mai prodotti igienici nella loro spesa, e forse si sono adattati a spargere la propria vita su un nastro trasportatore, ma non abbastanza da stendere sotto gli occhi di tutti un'intimità che ai loro tempi sapevano difendere].


La coppia prepara le buste con dovizia e attenzione, lui è l'uomo ed è lui che sposta - sembra casualmente - qualcuno dei prodotti che lei infila dentro. Lo prende, lo guarda, scuote un po' la testa e gli cambia posizione di una virgola, o gli cambia sacchetto. E si riappropria davanti agli occhi di un mondo indifferente e scoglionato come il mio, della sua dignità di uomo, quella dignità che la vecchiaia gli ha confuso nei lineamenti rendendoli quelli di un vecchio.


Tocca quasi a me e aspetto il piccolo signore che a richiesta apre un portacarte (vedo la tessera esselunga e quella coop, ci immagino quella del cicolo arci e della biblioteca, chissà) e lento, che le dita sono grosse e un po' tremano, lascia la carta coop nelle mani della cassiera che la passa e con un sorriso la restituisce. Lui la ripone, guarda il portacarte, lo chiude e nasconde in profondità dentro il giaccone. Poi chiede alla cassiera un subtotale, ma non usa questa parola, bensì una lunga perifrasi e mentre la snocciola, impacciato, arrossisce fino alla radice dei radi capelli bianchi. Lei gli spiega non so cosa e lui la guarda, sorride imbarazzato, la guarda e vi si perde. Perché il mondo che ha davanti ora parla a lui e lui deve dar segno di capire, di non rimanere indietro. La mia insofferenza di 35enne che deve fare in fretta raggiunge l'apice, e si sgonfia.


Ricordo mio nonno piccolo e fragile, le battaglie con mia nonna, le litigate con mio padre. Ricordo quando mi portava ai giardini e metteva il mio Libeccio filoguidato nella pozza. Quando è morto non ho pianto, ma negli ultimi mesi della sua vita era piccolisismo e ormai lontano, chiuso in una casa di riposo. Una gru in metallo blu lo issava tra cinghie di gomma e calava nel letto. Andavo con mio padre a trovarlo, lui non capiva, mio padre lo abbracciava e piangeva, come me adesso mentre Joan Baez canta, come me allora, una sola volta, e non sapevo nemmeno perché.


...


Dappertutto dicono che i vecchi vanno rispettati e io ho sempre sbuffato. E ora che sono a metà strada la paura e la solitudine di questo ufficio mi fanno capire qualcosa. Sono anni quanti non ne ho vissuti quelli che hanno riempito quei corpi ora fragili e un po' tremanti. Ci sono guerre ed esperienze, vittorie e sconfitte, amori e sogni infranti, ideali e aspirazioni realizzate, e poi il subentrare della maturità che ad un certo punto è diventata l'età adulta, l'età dell'anziano, la vecchiaia.


Ricordo mio nonno legato a quel paranco orribile e lo ricordo mangiare fette biscottate con marmellata di prugne, nel caffelatte. Ho sempre pensato ai vecchi come vecchi e basta, e solo ora inizio ogni tanto a capire che sono stati pieni quanto me ora di emozioni vitali. Di mio nonno ricordo un involucro spento e non so nulla dei palazzi nei quali ha dipinto, dei sogni che i suoi quadri hanno realizzato, dell'amore che ha provato stringendo mia nonna sotto i bombardamenti.


Fragili se ne vanno. Fare la spesa è un impegno importante perché li ricollega al mondo e li rende nuovamente degni di dignità. Ed io sono qui che non sbuffo più, e mi chiedo solo se avrò abbastanza vita da riempire un corpo pur piccolo e fragile, tra 40 anni.

Snapshot

Penombra grigia, voglia di fare un cazzo. Rivoli di pensieri mi tolgono la concentrazione, nubi di stanchezza gialla mi privano della voglia. Il fastidio alle dita mi scazza, la mancanza di soldi mi preoccupa, ho male a un marone e questo mi agita. Piedi freddi e colori morti, prenderei a calci metà dei colleghi, mi dimenticherei dell'altra metà. Domenica dicevo ad amici "certo l'anulare è il più sollecitato perché sulle tacche è l'estremo cui si appoggia tutto, ecco perché si infortuna sempre quello". Infatti dopo l'allenamento di ieri mi fa male il medio. Salmone e sgombro, tutti e due al naturale, e un caspetto di belga a pranzo, su piatti di plastica, qui in ufficio. Perchè? Perché è alto il muro dell'indolenza anche al pensiero di uscire sotto il bel sole che c'era.


In definitiva, giornata che per ora non ha proprio un suo gran senso.Trovo sempre più tonda la logica dei blog: leggili, commentali e sarai letto, commentato. Io non li leggo, nn me ne frega, e ancor meno li commento. Sempre meno sono letto e sempre meno commentato. E questo che mi dice? Nulla. Ma in più ho anche sempre meno voglia di scrivere. Vorrei compiere un anno e arrivare a un bello skin primaverile. Poi mandare il Mulo in ferie continuate. Fondamentalmente, chissene...

martedì 10 marzo 2009

Niente

Non tutto è perduto, niente è scritto nella pietra, nessuno stato è immutabile.

lunedì 9 marzo 2009

Voglio

Voglio stare bene.

Voglio fare cose belle.

Voglio che le persone cui voglio bene stiano bene.


Non me ne frega una mazza, del resto.

Turbo tendini

DitaUna lametta di roccia da artigliare con mezza falange, che mi tiene attaccato a questa parete, sulla quale spingo e tiro fino a portarci anche il piede; un contorsionismo lento che obbliga il corpo a contrarre ogni muscolo e tirare ogni tendine fino a renderlo qualcosa di così compatto da comportarsi come fosse rigido.


Perché se io fossi di metallo, una statua colata nel suo stampo in questo istante, allora ci starei in equilibrio. Ma l'uomo è molle, la carne cede, gli angoli si aprono e basta poco per perdere quel grado che mi tiene il baricentro tra la punta dei piedi.


E infatti mi apro e salto giù, pochi metri a galleggiare in aria e poi in fondo alla corda ci sono appeso io nel sole, con le dita doloranti, prive di pelle, e la lametta di roccia che mi ha aperto un polpastrello.


Mi volto e vedo il lago, che il vento increspa come un mare. Il sole caldo e tondo soffia vita nel pianeta. 20 metri sotto i piedi  vedo amici che guardano e attendono, e davanti a me tra tacchette e buchetti vedo disegnato un percorso che ancora non sono capace di seguire. Ho dato il massimo ed il meglio? mi chiedo. No, non credo. Se fossi stato più fluido e meno contratto, più dinamico e deciso, forse avrei risparmiato abbastanza da... Forse sarei arrivato con quei pochi centimetri di slancio in più che...


E poi mi rifaccio la domanda un po' meglio: ho dato quello che volevo e raggiunto il mio scopo? Sì, mi rispondo. Perché la via non l'ho chiusa, sono volato anziché stringere e fare il passo, ma sono qui appeso nella primavera e mi sento in pace come non mai. Giù mi aspetta una tazza di té caldo, una sigaretta, due battute e qualche sorriso, e tutto è un tappeto verde bucato dal viola dei primi fiori.


Mi guardo le dita che mi hanno portato là dove volevo, e sono orgoglioso di loro. E felice per me.

venerdì 6 marzo 2009

Routine

Il bombardino arriva ticchettando su quei tronchi a X che ha per gambe. Non è davvero grassa, non è davvero bassa né tozza, ma è sbagliata; mancano le curve e mancano le fome, la figura è un susseguirsi di cilindri e tronchi di cono, come un omino creato da un turacciolo.

Sfila per il lungo corridoio, ticchetta e davanti ad ogni porta rallenta e saluta con "ciao". Lo fa in un modo speciale, particolarissimo. In un modo che ogni mattina mi fiotta acido da batteria nel cervello e peperoncino negli occhi. La strangolerei con queste stesse mani, stringendo fino a che non somigliasse a Jubba, la lingua di traverso e l'ultimo ansito roco che rutta fuori del suo stomaco.

E così smetterei di udire quei ciao flautati come da un cigno che è stranamente e terribilmente anche oca; una vocetta da bimbetta scema modulata nella cavità orale di una imbecille formalmente adulta e mai cresciuta.


E buona giornata  a voi che passate, leggete, ve ne state zitti e magari ghignate, o scuotete la testa rimestando il caffé e chiedendovi perché uno debba scrivere su un blog. Io lo faccio per gli stessi motivi per cui voi non lo fareste mai. (...ma ha un senso??)

giovedì 5 marzo 2009

Qualcosa da leggere

QUESTO

Bilancio e azzeramento

Non riesco più a tollerare chi non azzera mail il bilancio dei suoi rapporti interpersonali: le persone cambiano, evolvono ed involvono. La memoria è un'ottima dote, ma a volte ci rende schiavi, talvolta integralisti. Nel bene e nel male, la memoria ci impedisce di guardare alle cose nella semplicità di come appaiono, nell'istintiva percezione di come siano.


A volte è liberatorio dimenticare il bene fatto ed il male subito.

Non azzerare mai questo bilancio ci porta spesso a ignorare il male che facciamo, e a non considerare il bene che ci viene fatto: e questo a me fa schifo.

Volare

Vola vola vola felice, salendo su quelle note sempre più alte che passano nebbia, bucano nuvole, e salgono dove il cielo è profondo e la luce sfavillante. Che meraviglia, che splendore.


martedì 3 marzo 2009

Tessere e patacche

Vuoi fare una bella cosa per te stesso?


Prendi il portafoglio, scartabellaci dentro e trova tutte le tessere che hai: la tessera della palestra e quella della Coop, quella dell'ArciGay e quella del CAI, quella dell'ordine dei biologi e quella dell'associazione musica da camera.


Poi ravana tra cassetti e librerie, sulla scrivania e sul comodino, e fai un falò dell'iscrizione AIS, del manifesto slow-food e dei buoni fedeltà del MacDonald's; brucia il modulo di rinnovo al Club dei Lettori e la lettera di adesione al Fitness Club Montecucuzzo.


Poi accendi il PC e uno a uno prendi i link che frequenti quotidianamente e non appena trovi un sito, un forum, un network cui sei iscritto, disiscriviti, cambia la password facendola scrivere da un'orda di criceti sgambettanti sulla tastiera, poi spegni tutto.


Poi guarda le tue giacche e vedi se hai spille e bande, fazzoletti o gemelli, patacche e banderuole. Strappa via tutto e getta tutto nel falò che ancora brucia.


Quando ti sei liberato da ogni affiliazione, pesati e vedi cosa ne viene fuori. E soprattutto inizia a parlare alla prima singolare, non alla prima plurale. L'unione fa la forza. E spesso è la forza del fanatismo, dell'ignoranza, del pregiudizio e dell'idiozia. Una forza facile da esercitare, che richiede un solo, semplice e specifico allenamento: l'annullamento di sé.

lunedì 2 marzo 2009

La vedi anche tu?

- La vedi che bella?

- Cosa, la luna?

- La luna sì, guarda com'è sottile, proprio una falce.

- E quella lì sopra cos'è, una stella?

- Credo Venere. Venere, astro del vespro, sì.

- Lo dicevo, troppo luminosa e grande per essere una stella.

- Venere o no, sembra una goccia di luce che cade dentro la luna, no?

- Oh sì, sì. Gran bella immagine, bella davvero.

- Un bicchiere d'argento. O d'alabastro.

- E la scia dell'aereo, lì, guarda che colore...

- Ah, sembra... non so, un sogno o un bel pensiero appena pensato.

- Sì, anche a me da quell'idea: un bel pensiero appena pensato, tra poco dimenticato...

- ...ma che lascia una sensazione piacevole che non svanisce del tutto, non per molto, almeno.

- Uahh...

- Eh già...

- La luna, Venere, la scia, e poi lì l'orizzonte, così freddo e tutto frastagliato d'alberi...

- Che contrasto eh? Nero su nero, nebbia vaga su questo lucore grigio...

- Già, che contrasto.

- Ma non è tutto incredibilmente bello, se solo lo guardi abbastanza da lasciare che si mostri?

- Da lasciare che si mostri...? Uh, questa sì che te la sottoscrivo.


- Senti ma più la guardo più mi chiedo una cosa...

- Cosa?

- Quel bel calice di alabastro lìssù, chi è che lo tiene in mano?

- Eh, boh. Qualcuno ci sarà, credo.

- Qualcuno sì. E non pensi anche noi, forse, un po'?

- Beh...

- Beh?

- Beh, direi proprio di sì.

- Ecco, bene.

Falce di luna

Guido in autostrada mentre scende la sera su una giornata al confine tra inverno e primavera. La luna è una falce sottilissima, appoggiata sulla sua curva rotonda così che sembra il profilo di un bel calice, di quelli larghi e panciuti che accolgono i sentori di vini importanti. E poco sopra brilla chiarissima una Venere enorme, come una goccia luminosa che vi stia cadendo dentro.


Il cielo è liscio come seta e lucido come raso, scende nero, si colora di cobalto, e si appoggia grigio e indistinto sull'orizzonte freddo. La scia di un aereo, incendiata dal sole ormai sceso dietro i colli, è un nastro sfibrato e leggero di rosa e pesca, malva e arancio. Dal basso, dove la notte spinge con refoli di nebbia, le sagome silenziose degli alberi bucano la notte che cala e si sfaldano confuse verso l'alto.

Il coccio di luce

Proprio sul mezzo della sua curva perfetta poggia una falce di luna bianchissima,

come un coccio sottile di liscio alabastro levato a brindare la gioia del mondo.

Appesa e ridente e ammiccante di vita, una goccia di stella le sfolgora sopra,

brilla compunta ed attende fremente, di versare se stessa in un fiotto di luce.


Sono ricami intessuti con fili d'argento alla trama cobalto di un cielo di seta,

sul quale si sfuma e si stempera in rosa la morbida scia di un aereo passato.

Alberi spogli si lasciano immobili a bucare il profilo di un grigio orizzonte,

le chiome sfibrate da soffi di nebbia, e sospinte dal basso nella sera che cala.


Sono gli ultimi giorni di una terra dura d'inverno,

che cede al bisbiglio di una nuova primavera.