venerdì 29 agosto 2008

La tecnologia, che trappola.

Mia cara,


qui il tempo scivola lento, come sopito nell'attesa del tuo ritorno, come se i muri stessi di questa casa, e ogni specchio davanti al quale passo, ed ogni sedia sulla quale mi poggio, come se tutto trattenesse il respiro aspettando di rivedere le scintille verdi dei tuoi bellissimi occhi, che ridono a destra e sorridono a manca. Ai nostri gatti manchi di sicuro: Licurgo continua ad essere fiero e feroce coi topi, e che Dio lo bendica per questo, ed Eucomoie passa i pomeriggi nei quadrati di luce disegnati dal sole sul pavimento del salotto, lisciandosi il bel pelo e sonnecchiando. Eppure mi paiono intristiti anch'essi, sospiranti e teciturni.

I due meli sono carichi di frutti grossi e rossi, ed ogni mattina ne colgo uno facendo bene attenzione a non danneggiare il ramo, me lo liscio con le maniche e lo addento mentre passeggio in veranda; proprio come abbiamo sempre amato fare insieme.

La città è calda in questi primi scampoli di vera estate, e pensarti al fresco dei monti, seria eppure dolce mentre insegni ai tuoi ragazzi, mi fa venire un desiderio incredibile di partire subito; ah, potessi essere lì in meno di due giorni, una corsa a perdifiato fino a incontrare il tuo sguardo sorpreso e poi raggiante magari sulla via di casa, la sera quando rientri sui sentieri morbidi delle dolomiti...

Nonostante siano ormai poche le settimane che ancora ci tengono lontani, la tua mancanza si fa ogni momento più pressante, e come un bimbo dispettoso mi sgambetta dentro agitandomi e rendendomi frenetico. Così mi alzo sempre di buon'ora, e subito dopo colazione sono solito andare ai lavatoi in riva al fiume. Vedere le lavandaie impegnate a sbattere i panni candidi nelle fosse, a mantecare cenere e acqua, a sollevare ventagli d'acqua che s'incendiano di sole come cortine di luce... Osservarle, sentirle ridere e scherzare, mi riporta a te, alla tua bella femminilità la cui assenza è un languore cui non cedo, alla tua allegria che mi è sempre balsamo e gioiosa ebrezza.

Ora la Signora Merini mi chiama, e devo abbandonare penna e calamaio, sciacquare l'inchiostro che non si secchi, e andare a scoprire in quali deliziose preparazioni abbia avuto ispirazione a cimentarsi oggi. Ma anche la sua arte è come appiattita ed impoverita dal tuo ghiotto inspirarne gli aromi e gustarne i sapori.

Nel pomeriggio tornerò a scriverti; per ora lascio che il sorriso che rivolgo al sole da questi ne venga rfilesso fino a lassù, dove l'aria tersa e limpida possa poggiartelo lieve e tiepido sulle labbra.

Microminchiate XIII

Ed è pure venerdì.


Jason? Jason... sei tu? Jason ma che fai...? Oh, no, ma cosa, cosa fai oh Dio Jason cosa? No Dio ti prego dimmi che... Oh no ti prego ti prego nooo Jason noooo ohmmioddio nooooo noooo Jaaaaaaason nooooooooo... AAAIUUUUTOOOOOOOOOOO!!!!


STACK! SPROSH!! SPLAT SPLAT SPLAT!!! SPRIZZZ! SQUATCH! STCHAFFF! SBURBLE...

giovedì 28 agosto 2008

Shopping compulsivo

Non ho bisogno di qualcos'altro, ho solo voglia di possedere, qualcos'altro. Il raziocinio ncora mi sostiene un po' e per ora non ho nemmeno un nanetto da giardino o uno stendibimbo DeLonghi; e nemmeno una graziosa MerdArreda, a ben pensarci. Però oggi mica volevo comprarli, quei due libri. Un mese e mezzo fa ne ho presi 7 o 8, non ricordo. Ne ho iniziati due e per lo shock non ho ancora ripreso a leggere: uno di Ohran Pamuk, che alle prime due pagine dici cazzo scrive bene, alle seconde due pagine dici cazzo scrive bene e adesso accadrà qualcosa, alle terze due pagine dici cazzo scrive bene ma se poi scrivesse anche di qualcosa..., e alla fine del primo capitolo dici cazzo scrive bene, ma porcoggiuda chedduemaroni... ed uno di Palaniuk, che dici subito cazzo che modo nuovo di scrivere, e dopo 70 pagine di gente che si mangia le proprie dita pensi che possa bastare così, che le dita di 20 personaggi sono poi davvero troppe e nemmeno tutte così diverse.


Così oggi entro e vedo il libro di Pulsatilla. Oggi entro diretto a prendere l'Eleganza del Riccio e il primo che accatto è Giulietta Squeenz. Poi li pago entrambi dandomi dell'idiota per i 16 euro di Giulietta. Poi Giulietta inizio a leggerlo in una pausa riflessiva (cesso) e a momenti mi dimentico di uscirne, dal cesso. L'Eleganza lo apro ora, tre righe a caso in tre pagine a caso: lo stimolo a tornare al cesso, questa volta per sperimentare la morbidezza della carta tra le mie chiappe, è fortissimo... Mah!

Eldorado

280808 - Gelatino

Questa maglia mi ha sempre ricordato i gelati della mia infanzia, anche se non rammento di preciso quali. Però i colori son proprio panna, fragola e amarena.

Oggi ho comprato L'Eleganza del Riccio e Giulietta Squeenz, e porcocca' m'ero ripromesso di non prenderlo, questo secondo, ma poi sono entrato alla libreria Coop, l'ho visto e non ho resistito. Il colore pastello e la sobrietà della copertina... Credo che se avesse un bel look sobrio e lineare, e cromatismi basati su pochissimi  colori pastello, potrei comprare anche una merda di gomma di due metri per tre. Merdarredo, potrebbe chiamarsi, per esterni ed interni, impermeabile e lavabile, per tutti i tuoi gusti! Godila nelle sue dieci configurazioni; in poche semplici mosse riassembla il missile stitico nel comodoso tortiglione pastosetto...!


E poi il Vintage... quegli elettrodemoestici dalle forme arcaicamente futuriste, in pesante ferro laccato di arancione o di verdino acido o di blu elettrico... Che meraviglia! Indispensabili pomelli e possibilmente interruttori a levetta con micropomellino in cima; passerei ore a clicklackare su e giù, ore a sentire il suono così esistenzialmente analogico di quella solida tecnologia preistorica. E mi viene in mente il trash degli anni '80, quando la reazione liberatoria al passato analogico produceva mostri estetici come gli orologi digitali con la calcolatrice. Minchia, se non ce l'avevi non eri nessuno; nessuno. Io non l'avevo, ecco, ma nemmeno avevo le Timberland o il giubbotto Ocean Star (e non me ne fo un vanto: subivo quella deficienza e ci soffrivo duro, vaccarana!). Ma poi perché m'è venuto fuori uno dei 3 milioni di post malinconico-nostalgici sulla bellezza del passato? Io a 'sta cosa non ci credo, anche se credo che gli anni '80 siano stati davvero una rovinosa caduta di stile a tutto tondo. Io credo che si applichi una bella mano luccicante di copale da revisionismo storico sul nostro passato, sempre o quasi sempre.


Però ogni tanto... E comunque io volevo davvero solo dar corpo a questa cosa qui, che con quella maglia lì mi sento proprio un gelato fresco e dolce. E toh, San Google aiuta, era un gelato della Eldorado!

A compensazione

Oggi guidavo e osservavo sulla strada:



  • donnone enormi inscatolate e compresse dentro piccole macchinine;

  • omini rinsecchiti che si perdono dentro giganteschi SUV;

  • panzoni tremolanti che violentano esili motorette;

  • nanetti da giardino sventagliati a destra e a manca da chopper transatlantici.


Legge della compensazione universale? Simpatica cosa.

Sinfonia dei Mulini a Vento

270808 - AgugliaL'attesa morde lo stomaco mentre la macchina scarroccia sulla sterrata. Che silenzio: primordiale qui, primordiale mi dico. C'è il canto degli uccelli nel frusciare del vento; terra rossastra ed il verde intenso della macchia mediterranea, che spande aromi balsamici e profumi salmastri.


Siamo principianti con due guide esperte, la salita sarà dura e l'emozione è vibrante quando iniziamo il sentiero. Per due ore scendiamo nella macchia, camminando attraverso foreste di corbezzoli come palle di Natale, teneri e ruvidi tra le dita e dolcissimi e granulosi in bocca. L'Aguglia di Goloritzé spunta dietro lecci giganteschi ed il respiro mi si blocca: io salirò lassù, e quasi non riesco a crederci. Arrivo alla base che l'agitazione mi fa muovere in scatti nervosi, prepariamo materiale, mettiamo le scarpette e partiamo all'inseguimento dei pochi chiodi che Manolo piantò nella roccia due decenni fa, salendo per primo il monolite a guardia della splendida cala.


La via è dura, e le ripetizioni hanno lisciato la pietra rendendo la roccia liscia come gradini di chiesa. Placche compatte, diedri ostici, ed un camino diagonale che mi terrorizza: ci devi incastrare il corpo, schiena contro la roccia e mani e piedi puntellati in opposizione, strisci come un verme con la sensazione di essere sputato via, nel vuoto blu e azzurro, da un momento all'altro. L'ultima placca divora le mie energie fisiche e mentali e quasi mi faccio issare di peso; incazzato per la mia incapacità e strizzato dalla fatica arrivo lassù che voglio azzannare qualcuno... e poi sono lì: due metri per due, un po' inclinati, sui quali ergersi dà un brivido infinito. Il cielo mi avvolge e sono un Djinn che gioca coi venti, sono Lugh accarezzato dal sole, sono Oceano che rimira il suo mondo. Sono lì sulla punta di quell'ombra ed il mio cuore ed il mio sorriso sono ancora molto, molto, molto più alti di così.


Dopo le calate in doppia la baia è deserta, ci siamo solo noi che ci chiamiamo e ridiamo. Quasi il tramonto, fine ottobre, ed i turisti sono a casa a ciucciare nebbia e riguardare foto. Noi mettiamo i piedi gonfi sulla sabbia di quarzo e corallo, ci spogliamo nudi e corriamo in acqua. Io rido che non so smettere, rido estatico e di piacere, rido di pace e rido che sono tutto qui dentro me stesso tutto qui dentro l'acqua di giada tutto qui intorno al mio centro, e intorno a me c'è un universo che sfavilla ride gorgheggia tintinna. 270808 - SaporiLa sera, esausti, andiamo in un ristorante alle sorgenti di Su Gologone: magnifica costruzione tagliata dentro la pietra, una teoria di sale e corridoi che odorano di ceppi e cenere, di resina su legno caldo; inebriati dall'aroma di carne arrosto e rosmarino, dal profumo di timo e sale grosso, dall'odore pungente di salvia e formaggio, ordiniamo pietanze e chiediamo vino. Chiediamo un vino che regga l'impeto delle ore vissute, che sia intenso e potente, vecchio e suadente; ed il vino arriva e sa di nocciole, ha il corpo della cacao lucido e nero, il calore di prugne secche e canditi gialli, sfumature aranciate e sentori speziatissimi che ne celebrano la maturazione lunga e complessa.  Ceniamo e quasi mi addormento a tavola dopo la veglia antelucana, la fatica, l'emozione di quella minuscola vetta altissima e la scarpinata del rientro. A letto sento ogni muscolo distendersi e prepararsi al sonno. Sorrido, mi spengo, e torno lassù senza alcuna fatica...


Non dico che sia stato il giorno più bello che io ricordi, ma dico che è uno di quelli sui quali mi sofferemerò spesso a pensare, mento poggiato sulla mano e perduto nel riviverlo, sentendo ancora ognuna di quelle emozioni sulla pelle. Che magia.

mercoledì 27 agosto 2008

Terra-Cielo, ancora...

Contro l'ottusità di chi si stringe ad un corpo ormai morto, preferendo un'intonsa salma al germogliare della speranza di vita in chi se la vede spegnere, qualcosa che ho contribuito a realizzare ha consentito ad un ragazzo di far rispettare un'espressa volontà testamentaria; ha concesso ad altri di concepire un futuro che non riuscivano più a credere e vedere. Commosso, sorrido stupidamente e proprio tutto quanto mi pare così leggero... e lieve...

Ziopporco...

...mi rileggo: schizzato, delirante, assurdo. Ma bene così, la situazione al lavoro non mi sta rincoglionendo, no no nonnono e poi no! iiiiiii-aaaah!!!! Io vado a vender cocco al Polo Nord, che giusto già a latitudini vagamente più meridionali ci sarebbe comunque troooooppo da fare!

Confuso, veloce, rrrrapido!

Mi è sempre piaciuto abbestia il modo in cui Vasquez, la sudamericana del corpo dei marines di Aliens II Scontro Finale, dice rrrrapido a Ferro, il suo amico che schiatta spruzzato di bava acida da uno dei mostriciattoloni. ...rrrrrrrapido! con quella r che corre e rotola in raffiche come un mitra. Sono confuso, sì, perché faccio improvvisamente i conti con una verità che mi si sta disvelando mio malgrado in questi giorni: la logica del do ut des è tendenzialmente una puttanata.



  • do ut des...

  • carpe diem...

  • chi vuol esser lieto sia...


Tutte fighissime citazioni che storpiamo a nostro uso e consumo sovvertendone il significato reale. Do ut des: bello, figo, latino che fa chic, ma col cazzo che siamo noi a dare per primi. E senza qualcuno cheinneschi la reazione, funziona e serve come un buco del culo supplementare. Carpe diem: dico, l'ha scritto Orazio ma non quello di Clarabella, e nemmeno significa faccio cazzate peché così mi salta la fotta di farle. Significa viviti l'istante, ogni istante, senza demandare al futuro il momento nel quale vivrai. Chi vuol esser lieto sia di doman non v'è certezza: non capisco perché, ma la usano di regola quelli che vogliono giustificare il tradimento o, ancor più meschini, sdoganarlo nelle remore di qualcun'altro. Sì, fatti felice...! E la felicità di colui che stai tradendo? Mica intendeva questo Lorenzo de' Medici, ma intendeva di lasciarsi felici e leggeri senza razzolare nel dolore, carpendo ogni chance di gioia laddove la si veda, che del futuro ignoriamo tutto. Invece la si usa per giustificare le proprie meschinità, e poi tornare magari sul blog a razzolare nel cordoglio. Ma andate a cagare! ...immagini: come la foto di Doisneau del bacio all'Hotel de Ville rappresenta per me la cristallizzazione di un attimo perfetto di amore, passione e tenerezza, così c'è una scena che negli ultimi giorni mi viene spesso in mente, richiamata da non so cosa. Una scena di Schindler's list, il Ghetto di Varsavia, la giovane coppia che viene sospinta dal soldato tedesco, lei che non riesce a camminare, ferita, lui che prova a sostenerla, che chiede tregua, che Dio Cristo non sa come fare davanti a questi mostri, ma lei il suo amore ha bisogno di lui e lui la sostiene la regge la spinge la protegge... ed il soldato alza la pistola, la punta alla testa di lei e le spara. Buco nel cervello, Fottuto tutto. Il corpo cade. Il suo amante muore con lei, il suo cuore esplode, deve esplodere, mentre vede cadere a terra il corpo della persona che ama, per un motivo che non c'è, per un atto di violenza impensabile, la violenza che da animali non saremmo nemmeno capaci di concepire, quella gratuita senza alcun fine. La violenza dell'uomo, tipica dell'uomo. Mi ha sempre devastato quella scena, creato un tormento così deflagrante che mi ha sempre saturato le orecchie del rombo del sangue che urlava vendetta. Se fossi stato io, quell'uomo? Se ti avessi vista cadere a terra, morta, la testa spappolata, solo perché... Mostri. Mostri che richiamo mostri. Do ut des, qui sì che funziona, qualcuno che inizi con la mostruosità c'è sempre, e cazzo quanto ci è facile replicare e rispondere. Escalation. Vaffanculo.

Come fa, dimmi, come fa...?

Bologna è gialla e rossa di pietre in questo crocicchio d'asfalto che intaglia palazzi del '300 e del '400 tra piazza Maggiore, via Indipendenza, via Rizzoli e via ugo Bassi. Il mostro gorgoglia felice di mettersi in mostra nell'ora dello struscio, ed a me frega poi poco che l'aggiornamento sia andato a puttane, i clienti avranno meno da fare, io una notte per dormirci sopra. L'importante è che sono finalmente fuori, e che fra tre-due-cento metri passo tra i fittoni di via del Pratello e passando saluto, faccio inversione, parcheggio ed il mostro si quieta con il suono di potenze che smettono di girare altissime. Clicchetta di acciaio e leghe che la morsa del calore ha dilatato. Ci son tavoli lucidi, ragazze belle e ragazze, uomini e ragazzi, e dove aspettavo un amico ed un'amica c'è una tavolata di 7 persone. Ne conosco due, sì, saluto e ne conosco 7, che sollevando il primo Verdicchio dei Castelli di Jesi e fumando sul gradino si conosce già tutti, qui. Chiacchiero e saluto, rido e c'è chi racconta di Ragusa Ibla, gialla e profumata di piccoli pesci mantecati con la pasta. C'è chi ha capelli rossi e sorrisi aperti di occhi verdi, chi è sbronzo e non lo dimostra, c'è un sacco di gente.


I portici rimandano luce aranciata che sembra autunno ma è estate ed è bello questo calore che più che altro ti senti ai lati degli occhi e te li distende in sorrisi che non sai smettere. Musica, accento toscano, lotta tra Bologna e Firenze per un blasone che a nessuno interessa, che l'importante è coglionarsi, ridere, bere il secondo verdicchio, spalmare crema di Nero d'Avola su formaggi stagionati, ordinare nero d'Avola di Rapitalà che sa di tabacco riarso e more fresche, e continuare a ridere. Guccini, i ColdPlay dal vivo fan cacare, Benigni e l'inno del Corpo Sciolto, Dio quanto è bravo Tognazzi in Amici Miei, e scopri che lo chardonnay sa di burro e che a Ferrara ci sono i Buskers e magari saremo mica in pochi a camminare per le strade bianche e verdi di platani.


Salgo in moto, il mostro gorgoglia, ha sete e lo lascio bere per 21 euro, quando giro la chiave si asciuga la bocca e dice "uaaaah amico, andiamo che qui ho voglia di scaricar potenza su questo asfalto scuro". Così il verde dei semafori non è mai stato così verde e l'ululare del mostro non è mai stato così cavernoso. Il tachimetro dice numeri senza senso in lampi che mi sbattono e scuotono, dice 140, 190, 210, 230, 160 110, rotonda, piega, l'asfalto lucido il mostro scivola di mezzo metro ma ha troppa voglia di correre per preoccuparsi ed io con lui, la manopola rimane girata, lui inspira e grida e la ruota dietro lotta per sorpassare quella davanti, l'asfalto firmato da una striscia nera, la notte ingoiata dentro il mio casco spalancato.


Non mi frega di niente. Ascolto Crossoroads, ho nelle gambe le vibrazioni della velocità, nelle mani la potenza del mostro, nel sangue l'alcol di amicizie, nella mente il sorriso di occhi gialli. Toh, sono vivo. E cazzo, sto bene.

martedì 26 agosto 2008

Eh ma così è dura!

Nota introduttiva:

soffri e lamenti questa merda di vita nella quale non trovi il tuo posto? Unico per enormità del tuo male di vivere dai fiato all'espressività acuminata delle tue pene? Stai leggendo queste righe imbecilli da me - Andrea Masotti, Bologna - scritte, grazie ad un portatile poggiato su una scrivania mentre dovresti studiare o lavorare? Ascolta, fidati, credimi: smamma! Ma se continui, ti garantisco che potrai insultarmi quanto ti pare, che ne soffrirò, che la tua dialettica tagliente mi avrà devastato e che tu avrai vinto lo scontro verbale indiretto che inevitabilmente abbiamo ingaggiato. Però, davvero: smammaaaaaaaaa!!!!


Ecco, dicevo, allora:

un tempo era facile: nascevi in una famiglia sfigata, il padre ubriacone e la mamma zozza; conducevi una macabra infanzia nella Londra macilenta di pioggia o nella Parigi sputazzante di tisi (massimo massimo nella Germania triste di Luteranesimo); prendevi botte di qua e di là, pisciavi in strada e mangiavi bucce di patata mentre denutrizione e malanni ti rendevano brutto e debole; scrivevi per qualche anno i tuoi lamenti giustificatissimi per la condizione sfigata nella quale vivevi e dalla quale non riuscivi ad affrancarti, ed era fatta.

Ancor meglio, nascevi da una famiglia benestante ma che ti costringeva a seguire la carriera militare o quella monastica, ne fuggivi abbandonando ricchezze e agi, e poi idem come sopra tra tisi, malanni, qualche anno di logorrea esistenziale, e via.


Ora, porco cane, se hai il padre ubriacone ci sono 12 assistenti sociali che ti stringono al seno e magari finisci sul giornale e tutti ti piangono. Se hai la mamma zozza idem. Metti che ti venga la tisi e 'ste chimiche balzane te la guariscono subito, che ormai è più onorevole avere un'intolleranza alimentare al mango piuttosto che tisi o tubercolosi. E poi che fai comunque? Scappi di casa e dagli agi per seguire la via della tua ribellione? No ma dico, se fai fuga a scuola poi chiamano i genitori e son cazzi mica da poco. Metti poi che dell'università non ne vuoi sapere, ora tra Tutors, CEPU, quizzini a crocette e crediti formativi, come diavolo fai a non laurearti? E se proprio proprio sei un dannato dannatamente libero e anticonformista per natura? Bè, ma mica puoi andare a vivere sotto un ponte, che la Municipale ti appioppa 36 multe alla settimana e poi a mamma' chi la sente? Sì, bello, andarsene via a far l'eremita, ma diavolo i low-cost ci sono per Olbia, Berlino e Parigi, e se uno cerca un po' di isolamento anassistenziale tipo chessò, Perù o Bhutan o Ruanda, dico chi li ha i 1500 euro del biglietto?! Cioè certo, puoi tentare la strada della consunzione tanto cara a tutti i personaggi della Dickinson, ma qui se smetti di mangiare sei subito anoressico/bulimico e insomma dai, l'hai capito che lo sciopero della fame ormai è concesso solo a istrionici, canuti e corpulenti radicali in vista delle ferie estive... E poi insomma, c'hai il PC, la cameretta o la casetta o l'appartamento fuori sede, e con tutte 'ste feste come minchia fai a concentrarti sul tuo dolore esistenziale? Allora: anziché il lume  a petrolio c'è la lampada Sfikka dell'IKEA; anziché la carta unta e bisunta di ultima lega c'hai un 1280 x 1024 antiriflesso ultrapiatto super LCD HDReady; anziché il pennino ed il calamaio una tastiera cherry dal design cimiterialmente sobrio di Microsoft; di là han messo su un po' di Rebel Hip-Hop Sociodenunciatario volgar-schokkante e stanno cucinando pasta al sugo per i 25 convitati (tutti anticonformisti) alla seratina tranquilla (che sta per ricominciare l'anno accademico, eh!); già qualcuno vomita perché il suo dolore esistenziale si è mischiato con Ruhm, pummarola, e THC... insomma proprio non c'è verso!


Provi a dirti che rimandi tutto a quando avrai i mezzi sufficienti a essere povero e vagabondo, ma poi insomma lo sudio di papà chiccazzo lo manda avanti? Senza parlare, magari, di quei concorsi ai quali svogliatamente ti sei presentato in infraditobarbalunga e che con una botta di culo notevole (data dal papà che conosce il tizio che ha parlato con quello che sa che quel posto...) hai vinto. Sì c'è la mobilità ma non per l'Africa Nera o le remote Ande Peruviane innaffiate di mercurio dai cercatori d'oro. Allora tanto vale stare lì dietro la scrivania, giustamente lamentando questo terribile mal di vivere che t'affligge, e che sarà ancor più terribile quando con una spinta iniziale della family (diciamo 150mila cucuzzeuri) ed un mutuo a tasso cazzuto (ah, ma il mutuo è una condanna, eddai che ce la fai a soffrire ancora un po'!) avrai la tua casetta. Ecco lì sì che potrai soffrire e lamentarti. Lì o ancora al posto di lavoro. Come in una fottuta catena di montaggio ad ingranaggi umani 'sti posti di lavoro: puah che schifo! Spersonalizzàti, incastrati in logiche assurdamente disumane, ecco che ciancicandoti le caccole e guardando il sito della Gazzetta incappi in Splinder. Oh, finalmente, tra una pratica che non ti va granché di completare ed uno studio che manco per il cazzo hai voglia di studiare, puoi aprire il tuo blog "sofferenza genitale e lamentazione esistenziale" e dar fiato a tutta la dolente creatività che questo mondo di merda ha insufflato nella tua unicità. Evviva, ora sì che puoi raccontare a tutti quanto soffri!

Sguilla l'anguilla lilla

250808 - Fresssssscaaahhh250808 - FireeeeeHo scritto filosofie minchioneggianti. Ho sproloquiato paragrafi sedicenti poetici. Ho provato la prima, la seconda, la terza e la settima persona. La settima però si è riposata, mentre le altre facevano semplicemente schifo.


Mi si è incistata un'idea demagogico-populistica che parlava di logiche strambe, ed ho provato a renderla in parole. Ho sconfinato nella politica, rigorosa come sa esserlo solo quella di  un qualunquista di professione.


Insomma son 40 minuti che riempio lo spazio a destra di queste due immagini e che poi cancello tutto. Perché in effetti non c'ho un bel gnente da dire, intorno o affianco a queste due foto scattate domenica. Si tratta di un bellissimo albero, verde come non ne ho mai visti (o forse era solo il cielo che era azzurro come raramente si vede); e si tratta di un campo e di una strana lotta tra due elementi opposti, acqua e fuoco, che qui appaiono fatti della stessa materia. Tutto questo è comunque contorno, il primo accettabile (credo) che sia riuscito a scrivere in ormai 3/4 d'ora. Il post sono le due foto che mi piacciono. Forse dovrei chiudere il blog e aprire un mediablog. Ma poi so che posterei sempre meno foto e le farcirei di sempre più parole.


L'erba del vicino è sempre la più verde. Ma quest'albero le batte tutte. Il titolo invece è invariato da due ore, che mi ha fiocinato la mente e si è imposto di forza, anche se non lo trovo così pertinente con il resto...

lunedì 25 agosto 2008

Microminchiate XII

Affettando mango m'ascolto Minghi

e danzo un tango su note di Renga

ma son poi guardingo se canta Mango

che pare ringhi, ed io quasi svengo.

Le labbra intingo,

la sete spengo,

nel fresco rinvengo

e più io non fingo:

che nulla mi tanga

o stretto trattenga

io mollo la vanga,

andatevi in menga!


(Scusate del menga, ma son versi di rango...)

Uhmmmm....

...c'è qualcosa di stupido, lento ed indolente in questa giornata. E temo di essere io.

All'incipit dico "son cazzi"

250808 - StartUp


La prima sigaretta della giornata mi fa sempre "effetto canna".

Stordito ricevo la prima telefonata della giornata e all'interlocutore rispondo con barriti, gloglottamenti e rantegazioni.

Il secondo caffé della giornata mi lascia rimbambito.

I colleghi sono tornati a frotte, torme e stormi, tutti freschi e abbronzati con la voglia di raccontare le loro ferie.


Qualcuno può, per favore, rallentare il ritmo e farlo scendere ad un numero di fps tale (frames per second, nda) per cui anche io riesca in qualche modo ad inserirmi nel flusso degli eventi???


P.S.: da oggi inizia pure la settimana di purificazione, cioè una settimana priva (o quasi, suvvia) di alcol. Uh, sarà dura questa settimana, ma ... stiamo lavorando per voi! (eeeeeh?)

domenica 24 agosto 2008

Ma quanto è enorme?

Dico, il cielo di oggi, quanto era enorme? Una piscina di acqua perfetta che ti ci puoi tuffare dentro al mattino. Un oceano di turchese e giada che ci puoi scivolare sopra nel mezzogiorno. Una galassia di pulviscolo lucente al tramonto, come oro zecchino soffiato nel vento, che anche ciò che è brutto diventa una poesia fiammeggiante di luci e contrasti caldi.


Ma diavolo, che splendore. In un cielo così enorme e alto, ci fai volare cuore e sorrisi come aquiloni leggeri e coloratissimi. Che bello.

sabato 23 agosto 2008

In and out

per me è in:



  • chi sa accettare un complimento, magari con un sorriso, magari con grazie;

  • chi vuole essere bello per qualcuno e ce la mette tutta per esserlo;

  • chi sa dire no grazie, non mi va e poi sorridere e continuare a chiacchierare;

  • chi sa accettare un dono senza chiedere il perché, del dono;

  • chi non racconta agli altri come lui è, perché non lo sa o almeno non del tutto, ma lo scopre, questo sì, istante dopo istante;

  • chi non si aspetta granché dal futuro e dagli altri, ma ha speranze semplici (e magari grandi) e desideri vividi (e magari pure potenti);

  • chi non si vergogna di commuoversi anche se il film è imbecille;

  • chi sa rispondere quello quando gli si chiede cosa preferisci?


per me è out:



  • chi non va al ritrovo dei compagni delle medie solo perché si vergogna di non fare il lavoro per cui ha una laurea;

  • chi dice sempre due settimane prima; sì ma vedo una settimana prima, ah no scusa ma mi è subentrato un impegno il giorno prima;

  • chi dice agli altri come lui è e lo ripete e se ne vanta e lo scrive in un blog e poi istante dopo istante fa figure da cazzo disattendendosi costantemente convinto magari che nessuno se ne avveda;

  • chi non sa accettare un regalo, chi risponde non è merito mio a qualunque complimento, chi si sente in dovere di restituire anche ogni minimo sorriso;

  • chi pensa che sia divertente fare battute su tutto anche se una battuta può ferire chi poi finge di ridere e ride invece amaro e a occhi bassi;

  • chi cammina nella vita grattandosi le palle con una mano e appoggiandosi al muro, sigaretta tra le dita, con l'altra;

  • chi dice hai ancora molta strada da fare (e tu? Tu no? Cazzi tuoi, io ho da camminare, tu solo da schiattare lì, allora).


E detto questo, spero di incontrare persone IN, spero di avere la chiarezza e le palle per mettere da parte quelle OUT. Con tutto che tutto questo IN and OUT è soggettivo; ben consapevole di essere IN per qualcuno, OUT per qualcun'altro, indifferente a tantissimi altri. Ma ogni complimento, io, lo prendo e lo bevo. Ciao.

Le due facce

230808 - DarkSide230808 - BrightSide


Ogni medaglia ha due facce, dicono. Io guardo il cielo e ci credo; rivolto ad ovest mi incendio e mi viene da gridare e correre e scaricare energia, rivolto ad est mi rinfresco e mi scappa via un sorrisetto serenamente vuoto. Quante volte però io sia capace di osservare il cielo da ogni possibile angolazione ed in ogni sua possibile manifestazione, me lo chiedo; non tante, mi rispondo. Troppo spesso il cielo è qualcosa che ho sulla testa così come la terra è sotto i miei piedi ed in mezzo corre lo spazio un po' grigio un po' amorfo di quello che devo fare, il posto dove devo andare, e via così. L'esperienza, soprattutto quella recente, mi continua a ripetere forsennata imbecille, smettila di scivolare via, fai trazione sulle cose e sentine la sostanza guardane i colori bevine la bellezza scoprine il pericolo. E oggi molto più di un anno fa ci riesco. Ma è ancora poco, molto poco. Però una cosa la so, ogni giorno con più forza: mi son rotto i coglioni di chi razzola nel dolore perché c'ha il suo bel perverso gusto a farlo. E ancor di più mi son rotto i coglioni di chi lo fa e poi si ammanta di questo atteggiamento masochistico usandolo come bandiera della propria alta unicità. Volete soffrire? Cazzi vostri. Io voglio stare bene. E mi sembrate dei grandissimi imbecilli.

venerdì 22 agosto 2008

Microminchiate XI

Dalla giungla fumigante di calore ed umidità si leva un'alta collina rotondeggiante, la sommità calva e splendente di erba verdissima. In questa piana si alzano alcune costruzioni di pietra grigia e chiara, ed una piramide a gradoni uno dei cui lati è intagliato da una ripidissima scalinata che conduce alla sommità quadrata; lì un altare alto tre metri, come una specie di baldacchino, rifulge d'oro e pietre preziose.


La popolazione armeggia e lavora, chiacchiera e passeggia. Ci sono vecchi dai corpi abbronzati e pieni di rughe; vecchie sdentate e sempre sorridenti; giovani dai muscoli flessuosi e ragazze dalle forme solide e seducenti, coi lunghi capelli scuri adornati di fili di rame, oro e giunco. Sono tutti nudi eccezion fatta per gli ornamenti come anelli, monili, bracciali, collane, e cinte di varia foggia. I corpi, sempre abbronzati e spesso lucidi di olii profumati riflettono la luce del sole in iridi aromatizzate al cacao e al peperoncino, al caffé e all'aloe. I giovani ragazzi mostrano orgogliosi la loro possente virilità (wow, sembra la Dikinson!) alle ragazze, che arrossiscono e voltano il capo ma solo dopo aver lanciato occhiate tanto fuggevoli quanto concentrate...


Poi, quando il sole è enorme e conficcato nel punto più alto del cielo, una figura ammantata di piume e tessuti scarlatti batte un disco d'oro puro che riverbera nell'aria densa 19 limpidissimi rintocchi. La popolazione cessa ogni attività e si raduna sotto la piramide in cima alla quale il Sommo Sacerdote sta per innalzare al cielo la quotidiana preghiera alla fertilità. Il salmodiare arcano si leva di tono e frequenza in un impeto di gioia che cresce al crescente ballare e danzare dei corpi; tamburi e suoni di corni e cembali risuonano insieme ai richiami degli uccelli e ai ruggiti delle belve nella giungla vicinissima. I corpi roteano e si toccano, si sfiorano, si stringono e saltano, danzano in preda a un'estasi sempre più mistica, ogni istante più forsennata. Quando il ritmo della litanìa diventa ossessivo i giovani si gettano al suolo e in un intrico di corpi lucidi e ansanti iniziano a fare l'amore senza alcuna distinzione o predilezione di sesso e partner. La gioia, conturbante e incendiata dalla giovinezza, diventa quasi feroce e dai corpi inizia a spillare sangue laddove la foga dell'estasi ha morso una spalla, addentato un collo, striato di unghie una schiena tesa. I vecchi cantano e barcollano ricordando innumerevoli anni prima di quegli ultimi nei quali sono solo spettatori. Ora i giovani giungono al'orgasmo, all'estasi, tra gemiti e ansiti, sospiri e lamenti prolungati, modulati, respirati bollenti su pelle e dentro bocche umide, su seni turgidi, tra cosce madide...


...e poi un'ultima sequenza di rintocchi, velocissima, cessa in un istante con un ultimo possente battito che fa risuonare l'intera foresta. Il sacerdote fa un cenno e inizia a spogliarsi, aiutato da due serventi che gli sono spuntati alle spalle. Una ragazza viene portata dalla folla fino alla base della scalinata. La sale, tremante di piacere, ancora sudata dell'estasi appena raggiunta, fremente per ciò che sta per toccare. La ragazza arriva davanti al sacerdote nudo, e si lascia scrutare fissare studiare. Il sacerdote fa un cenno, la ragazza cade in ginocchio, afferra i lombi del sacerdote e... magia, miracolo, estasi, si trova davanti alla microscopica perfezione genitale del Dio che si è fatto carne. Ah, che segno divino, ah quale maestosità celeste! La ragazza, con il piacere di questa inattesa elevazione mistica che le scuote il corpo in brividi di desiderio, accoglie la microscpoica virilità del sacerdote tra le labbra e ne porta a compimento il divino piacere.


Quotidiana celebrazione religiosa di un popolo preincaico, levata al dio MicroMinchiaTeXI!

(ma nella realtà, amici maschi, col cavolo che va così, quindi prima di vantarvi di certe penurie... ;) )

Trarre insegnamenti

Mi rileggo qui sotto nella fumosa descrizione della serata di ieri. L'importante è trarre insegnamenti dal quotidiano e dal vissuto; carpire la morale e farla propria che ci sia d'insegnamento per il futuro. Ecco, io questa morale l'ho colta e la farò mia, d'ora in avanti ed in caso di necessità:


...se decidete di farvi scippare,

fatelo  al tavolo di un'enoteca;

e tutto il resto verrà più facile,

né sarà poi troppo spiacevole!!

Pacca sulla spalla e via (ma con la borsa)

Che il sole mi cola addosso in rivoli di sudore, che la paura mi ruscella lungo la schiena e mi fa vibrare contro questa porta in questo posto in questo momento ed io odio e temo questa porta questo posto questo momento. Ma poi una faccia gentile mi dice, e dice la parola giusta. Ed io esco e chiamo e rido e respiro.


E allora sguinzagliamo cavalli per ogni dove, e torno alla stalla e ne faccio uscire 140 di cavalli, e ci salgo in sella e ruoto il polso ed il mostro ingoia aria come in pochi giorni già non ricordavo più. Ingoia aria e mangia asfalto divora asfalto mugghia ed ulula sotto un cielo che si è fatto limpido e fresco e dentro un'aria che ha perduto tanti bar di pressione ed è rarefatta come bollicine, come quel perlage che sa di agrumi e lieviti che mi versano nel bicchiere. Brindo con due amiche mentre qualcuno smarmitta. Il qualcuno smarmitta, passa rasente, dev'essere amico di L, ma guarda te che carino la conosce e fa lo scherzo che sta protendendo un braccio, le vorrà dare una pacca sulla schiena farle prendere paura ... O no?


Che strani 'sti amici che anziché dare pacche prendono borse e smarmittano via inseguiti dalle amiche che non hanno salutato... L leva un urlo e lo rincorre. Io e T basiti siamo pietre col bicchiere scolpito in mano. In strada, poco dopo, il mostro ingoia aria mentre io ingoio Bologna alla prima sera e vedo nemici ovunque senza trovarne nemmeno uno. I poliziotti all'enoteca sono simpatici, la trafila dura tempo, si chiacchiera e si beve champagne, riesling, pinot grigio. Si mangia pasta con mozzarelline sode e pomodori secchi all'olio del Salento, odori di basilico e pietra dei palazzi, di lieviti e capperi sotto sale, di sudore tiepido e di stralunata stanchezza che vira tutto al ridere.


Come scassinatori siamo falliti. Come cistercensi che fan numeri fuori delle finestre del quarto piano siamo nulli. Ma tra sigarette, stanchezza, ennesime birre ed ennesime chiacchiere, si parla del buio profondo e solido dell'Ungheria, dei colori del Gargano, dell'obesità dello scippatore e dei vicini del piano di sopra che scopano morbidi fino al gemito conclusivo di lei.


Il mostro ingoia aria fresca ed io rido scuotendo la testa dei pirloidi che con macchinette semipotenti pensano di tenere testa ad un leviatano con la ruota anteriore che galleggia ed i polmoni che tramutano aria in cavalli di fuoco. Nella stalla, ora, il leviatano, ed io qui, a scrivere senza pensare di una serata in cui non ho pensato. Tutto è qui sotto, in un happy ending che scioglie iceberg che non ci sono forse mai stati.


Ho voglia di un vestito di fiori.

Terra-Cielo ending

Happy ending, ed io respiro e tu respiri e noi sorridiamo.

giovedì 21 agosto 2008

Microminchiate X

Venti bollenti spazzano la piana brulla. Altissime torri di arenaria, con la testa più larga che il tronco, si levano diritte da cumuli di detriti: paiono gargantuani torsoli di mela calcificati da questo sole del Colorado. (o della Utah che non mi ricordo. Scusate, vabbè. Dicevo...)


La calma immobile della distesa rosseggiante viene d'un tratto lacerata da un grido straziante: aiuuuuutooooooo, aiutaaaaatemiiiiii! Se ci fosse qualcuno costui potrebbe vedere una bella fanciulla, rosea e virginale, correre nella piana sollevando piccoli sbuffi di polvere, allontanandosi in una corsa fradicia di nero terrore da una carrozza ribaltata. Il conducente è trafitto da almeno venti frecce. I temibili banditi semipellerosse del luogo, i famigerati Rocchos Siffredes, la inseguono veloci sui loro destrieri arrazzati (e dico sempre, sempre, sempre arrazzati, tanto che ci si chiede come cazzo non inciampino nel... ehm, vabbè). La inseguono e la raggiungono, e quando il loro brutale capo John Grosso Olmo Rosso la branca, lei emette un altro lacerante grido: "NOOOOOOOOOOOOOOOO.....". Ma il grido si perde inutilmente nella piana, inutilmente frustando l'inutile aria col suo inutile carico di disperata disperazione (ed inutile, eh!).


Anzi, a-ah, quasi inutilmente! Perché lassù su una collina due cavalli si annusano i culi (ehm, forse meglio "brucano l'erba"? Mah, è però vero che più spesso s'annusan il culo anziché mangiar dell'erba. Mah!) cavalcati (cavalcati i cavalli, mica solo i culi) da due impavidi cavalieri: uno è un bianco coi pantaloni blu e la casacca gialla ('o famo bello trendy...) e l'altro un saggio pellerossa dalla casacca rossa. I due si guardano mentre i cavalli si infilano le lingue negli ani. I due si scrutano severi mentre i cavalli si slurpano gli ani. I due si scocciano che i cavalli si slappino gli ani e imprecano, poi si riguardano e come un sol uomo spronano i destrieri: salviamola! il loro muto grido.


La corsa a rotta di collo porta in un baleno i due prodi sulla scena del misfatto che va compiendosi: la virginale e rosea fanciulla giace al suolo, le caviglie ed i polsi tenuti bloccati da 4 brutti ceffi; i vestiti laceri mostrano sode grazie e turgide forme (mmmmhhh....) di lattea pelle immacolata. JGOR (si legge igor ma sta per John Grosso Olmo Rosso, occhei?!) ha slacciato i legamenti che gli tengon nascoste le pudenda ed ora mostra un torsolone di mela che poco ha da invidiare alle torri marmoree dello Utah (o del Colorado? Boh!). La fanciulla fremente di terrore scalcia e si divincola emettendo tra le tumide labbra gemiti disperati. Ma i due prodi sono ormai piombati come falchi di vendetta nel mezzo della mischia e, saltati dai cavalli in corsa (che a questo punto vanno a slurparsi gli ani secchi, direi) atterrano tra la scena del misfatto ed il resto della tribù dei Siffredes che, colti alla sprovvista da cotanta apparizione si danno alla fuga urlando disperati ecchedduemaroni ma si facessero 'n po' li cazzi sua 'sti due minchiettoni.


Altolà Jgor, questo non è pane per i tuoi denti, lascia andare la ragazza o te ne pentirai! - dice il prode di giallo casaccato.

Stall'a'ssentì Olmo Rosso, che oggi è in fregola - aggiunge minaccioso e impavido il prode rosso casaccato.

Ma voi li cazzacci vostri 'un ve li fate mai? - sbuffa Olmo Rosso mentre il suo Grosso nome va smosciandosi come un ramo piegato dal peso della neve invernale.

Jgor vattene ora! - tuona il giallo eroe estraendo un coltello da uno stivale e ponendosi in atteggiamento di feral predatorio assalto.

Olmo tiggiuro, 'un lo sopporto più, dagliela vinta o mi ci metto pur'io che 'sta storia ha 'dda finì - chiosa il rosso eroe.

Oh' belli, ma l'avete vista codesta figliola? L'è un bocconcino... 'un si po' fa' a metà magari? - butta lì in un ultimo tentativo velato di residua minaccia il famigerato capo dei Rocchos Siffredes; ma il giallo ed il rosso scuotono la testa, gli occhi come diamanti che abbruciano di ferrea volontà. E così la fanciulla viene liberata e, piangente, corre a farsi da parte cercando di coprire i turgori con brani di vestiti laceri (e contusi, toh!).


I temibili banditi montano in sella, e bofonchiando 'un si tromba mai porc'i'ggiuda scappano nel sole minacciando il futuro con la loro terribile malvagità. Il prode rinfodera il coltello e il prode (quello rosso stavolta) lancia un fischio per richiamare i cavalli che si stanno ciancicando gli ani. La fanciulla piangente e riconoscente si avvicina ai nostri due.


Chi siete miei signori, ditemi i vostri nomi v'en prego! - mormora pudica.

Ah! - dice il giallo - AH!! - ripete - Vuol dire mia signora che non mi riconoscete?!

Eh, che non lo riconosci??
- aggiunge levando gli occhi al cielo il rosso compare.

Temo di no, proprio no miei signori non vi conosco no no nno! - aggiunge pudica la fanciulla.

Ah! - sbotta nel sole il giallo - Ma come non vedi, sono la pistola più veloce del west!

seeeee, uffa che barba...La pistola più... mavvaff... ma diciamo il pistolino, va'... - aggiunge il rosso compare bofonchiando a bassa voce.

Oh, ma come, pistola o pistolino? - domanda la fanciulla (pudica) mentre il giallo tace e arrossisce ed il rosso fa segno con due dita come a dire "pistolino-ino-ino, piccolino così".

E tu chi sei, rosso guerriero? - domanda ora la pudica fanciulla un po' sbuffando e con un filo di (chissà perché) speranza nell'esile voce ansimante.

Io sono Nuvola Rossa! - tuona il guerriero mentre il giallo pistolino bofonchia "Nuvola Rotta, semmai..." sottovoce.

Rossa o rotta, allora?! - domanda la pudica fanciulla.

Eh ragazza, tutti i gai pistoleri di qua dal Missouri conosco il nostro Nuvola Rotta, e lo conosco bene...! - ridacchia il giallo pistolino.


La ragazza tace e li osserva, e poi osserva se stessa ed i segni bluastri su caviglie e polsi, ed il rossore si fa ancora più pudicamente intenso. - E quelli chi erano? - domanda infine.

Ah, quelli! I Rocchos Siffredes - rispondono gli eroi all'unisono - temibili e famigerati banditi, bestie assatanate peggio degli assatatanati e scorbutici cavalli che montano.

E ditemi miei signori, coi cavalli hanno anche in comune altro? - domanda pudica la ragazza.

'n'effetti... Così si mormora... - risponde il pistolino eroico con le mani dietro la schiena, lo sguardo basso, calciando distrattamente un sasso.


E dunque... e dunque... e dunque insomma voi, brutti bifolchi imbecilli! Voi proprio voi!  VOI mi avete sottratta a una banda di enormi, grossi, assatanati, muscolosissimi, arrazzati, iperdotati banditi, per restituirmi a un marito impotente e fortunatamente schiattato laggiù (che però mo' non mi manterrà più) e così, cornuta mazziata e non soddisfatta finirò pure in qualche convento?!?! No dico, è così?!?!?! Voi mi avete regalato questo futuro privo di solide e dure ed enormi certezze?!?! Voi!!! Un pistolino che oltre che ino è pure il più veloce del west, ed un indiano vestito da odalisca che si chiama Nuvola Rotta perché tutti sanno quanto sia ormai rotto (a ogni esperienza, si intende!) !!?!?!?!


Taci, riposati mia signora, è lo shock mia virginea fanciulla, ti riprenderai in men che non si dica, suvvia - mormora il pistolino veloce.

Sì sì è lo shock, e poi io son rotto ma almeno normodotato... - aggiunge Nuvola Rotta.

E sarai normodotato ma attè chettiserve che tanto rotto sei e solo il rotto fai, scusa?!?!?! - rintuzza il pistolino. Ed in men che non si dica è maschia (o quasi) baruffa tra i due, un'amichevole baruffa che scioglie le ultime tensioni prima di una bella bistecca con patate, mentre la ragazza pudica e piangente si allontana mormorando meste parole. Parole strane e mai sentite sulla piana rossastra che s'iscurisce di tramonto. Parole che in questo selvaggio Far-West forse mai avremmo pensato di udire: 


Ziopporco VOGLIO TROMBAAREEEEE!!!


E qui finisce, miei cari lettori, la prima ed ultima puntata delle avventure di... TA-DAAAAAA!


MICROMINCHIATEX e NUVOLA ROTTA

Microminchiate IX

Ecco, c'è dunque questo villaggio gallico nel quale grosse querce, tonde di forme e di fronde folte (vacca che bell'allitterazione!), ombreggiano casùppole un po' storte dal tetto in paglia col camino che sbuffa fumo. Perché sbuffa fumo? Perché all'interno tra tavoli e sgabelletti, di legno e tondeggianti è ovvio, c'è un grosso camino nel quale gira sui ceppi (accesi lo spiedo scoppiettando, sta il cacciator fischiando... aaaah no no bastaaaa) un cinghiale che va arrostendosi. In 'sto villaggio ci son galli e galle e pure qualche gallina, com'è ovvio. E tutti hanno nomi come Idefìx, Obelìx, Asterìx, Assuracentourìx. E poi c'è pure il gallo ipodotato oppure, a seconda del caso, suo cuggino normodotato (si pensa) che scrive balzanerie in serie.


In ogni caso tutto ciò non serve a nulla ma è solo un delirio autoreferenziale per dare il via alla xeno-trilogia microminchioide. Ed ecco che infatti oggi abbiamo la Microminchiata gallica (di cui sopra): Microminchiateìx! E, sinceramente, sono basito da cotanta (la mia) idiozia. Coquanta? Cotanta davvero.

Terra-Cielo III

iiiiiiiiii-aaaaah!

Insuperabile (3tonno)

200808 - TriathlonCe ne saranno di migliori, ma in mancanza di deca-ena-epta-pentaatleti, anche un trialtleta è un mostro di potenze, no? E poi dai, 3 è il numero perfetto, anche se 9 è 3 alla 3 ed è la potenza della perfezione, ma allora 81... Ok, bene così, stop.


La mia pista è a tre corsie.


In una c'è il mare di uno sauvignon esploso duro fuori dal calcare friulano, grezzo e appuntito di iodio e salmastro. Nella seconda c'è l'Ardenza (di Cottanera), sudata e desiderata, aspramente ma rotondamente, fuori della terra ustionata di sole. Nell'ultima corre nel cielo il figlio del vento, un Ben Ryè ammantato di cotone e lana azzurra che corre a spremere l'oro colato denso di un'estate tarda e dolce. E la morale è che sono ubriaco.


La mia pista è a tre corsie.


In una le mie dita sono compresse su piccole tacche di roccia alle quali mi appendo e sulle quali mi spingo e isso fino in cima fino a essere un gesto immemore della paura di cadere. Nella seconda pista ho imparato come si fa a respirare anche nell'acqua e scivolo alieno dentro un universo al quale cavo bolle e gorgoglii. Sull'ultima pista urlo con i polmoni gonfi mentre precipito volando verso una gioia che non mi voglio spiegare e che voglio solo sentire fischiare intorno al mio corpo a 3cento all'ora. E la morale è che è bello abbandonare il pensiero per vivere le sensazioni.


La mia pista è a tre corsie.


E in ciascuna di esse ritrovo uno degli elementi coi quali costruisco ogni istante che vivo. Acqua per bere e fare giochi, aria per respirare e volare alto, terra per trovare solidità e concentrare potenze. Manca il fuoco, e quello spero sia pulito e chiaro dentro di me, che ne ho bisogno per purificare e vincere questa paura. Enorme paura.

martedì 19 agosto 2008

E poi? E poi andiamo

Dico, ma dove? Non so, ma andiamo. E andiamo tutti allegri tutti in macchina tutti su queste tre corsie che diventano due mentre il cielo starnutisce fiocchi di nuvole e si libera dalla costipazione di Bologna cominciando a rasentare la perfezione. Il mare dov'è il mare voglio il mare dov'è? Gira oltre una collina quest'autostrada, e alla signora si dechappa un pneumatico, lei suda e parla al cellulare mentre noi anticipiamo la coda che si formerà: checculo! Il mare dove cavolo sta 'sto mare? Dietro la collina. Dietro la curva. Dietro il dosso. Doveeeee? Eccolo. Aaaahhhh! Miiiira, o maaareeee! E ridiamo e beviamo caffé e mangiamo gomma colorata. Dove andiamo? Al mare! Mare che c'è gente che parla e non la si capisce. Mare che sa di piada fritta e ghiaccioli stecca-lecca. Mare che sa di caldo e sabbia e sale. E poi via, andiamo. Dove andiamo? In montagna, andiamo in montagna al fresco dei monti dei sassi dei sassi grandi del Gransasso! Prova di qua mentre la gola si fa stretta tra bastioni di roccia farciti di alberi fiammeggianti in verde-oro (brasile?). Prova di qua ma non c'è niente di qua allora torna giù ma quanti chilometri sono 2 infiniti chilometri? Sono 4700 metri e vinco io, toh! Prova di qua e di qua c'è una casetta tanti posti letti infiniti bagni Francesco che c'accoglie clap clap le manine pronte a ticchettare. Notte, luna, salumi e formaggi e timballi e vino color porpora. Yawwwwn che dormita dove andiamo non lo so ma andiamo andiamo in piazza ed è piazza! Oh, han tutti gli occhi azzurri in questa piazza gialla sotto questo portico farcito di tartine e prosecchetti alle dieci e mezzo del mattino. Oh, che quasi quasi... ma no! Andiamo al mare! Mareeeee! Agosto si ferra e frange ed il cielo si intasa di muco grigio. Ohmmamma 'sto mare 'ste canne da palude 'ste casupole macilente 'sti trabocchi sfasciati 'sto grigio che nun se respira via via vieni via con me andiamo via di qui. Via! Chilometri su chilometri. Silvi Roseto Pineto Lanciano Molise. Molise??? Mah, una regione che l'attraversi sulle strisce, guardi a sinistra guardi a destra sei già di là, mah! Garr garr garr Gargano riderebbe compiaciuto Pietro - Gambadilegno e Testa a Pinolo e Testa a Ginocchio! O' mare? Uhmmamma Africa. Africa? No l'Africa è rossa è verde è azzurra è oro bollente. Qui c'è piombo fuso che ti scioglie la sicurezza, che sei su un altro pianeta che non è rosso come Marte non è d'amor acceso come Venere. Ma che è? Piane desolate vacche desolate deserto desolato sono desolato ma qui non vorrei mai essere stato. Dove andiamo? Andiamo! Garr garr garr Gargano!!!! Rodi! Grecia? Macché dai suvvia Garr Garr Rodi Garganico! Si respira. Un po'. Si mangia uva caramellata colta dalla pianta (caramellata?). Si scende al mare si suda al mare ci si bagna al mare si risale e si pianta la tenda nel Garr garr garr Gargano! Bastioni di roccia mentre le bottiglie di liquore saltano di caldo. Mai accaduto, dicono, e se lo dicono loro che a noi parlano in italiano e tra loro parlano lingue normonormanne, allora dev'essere vero. Peschi? Pesco?? Peschici? Pescaci? Mannò, Peschici!!! Case bianche tutte bianche tutte accartocciate su strade strette così strette che si fa la sauna tutti quanti a girarci con la macchina a camminarci con i piedi a berci Planter's punch. E poi aria. Gechi corrono sui muri noi mangiamo troccoli (noi? Io no, azz!) la tavola ce la sparecchia il vento si sale si scende si scivola e la nonna (MDMA, ma ti facessi li cazzi tua, vecchia baldracca!) fa volar via la farfalla che vola in cielo alta ed esplode in fuochi artificiosi. Uff, no, tranquilla signora, è solo per aver aggio alla visione che sa, cavalleria docet et imponet... Bum bum bum meraviglia e fiori e farfalle e colate d'oro e piogge d'argento. Hai un accendino? Tieni due sigarette e sorridi a un gesto. Un croissant per digerire l'indigestione.... ed è mattina che la tenda s'infiamma è mattina che il cielo si infiamma è mattina che ci sono 15 gradi in meno è mattina che ci sono onde e pinete e sabbia e cielo perfetto che non rasenta, no, è perfetto ebbasta. E poi via tra vongole e strade, e la piana desolata è tutta colori e l'angoscia è stata spazzata via. Corri su corri su sali e guardi a sinistra a destra e via il Molise via l'Abruzzo via Ancona che sarà bella, sì, ma dove non so non da Gino che la notte ad arbitrar piattole vs. pulci non ci va a nessuno non ci va proprio no. Giochi a Golf? No ma ci son biscotti. Fai tutta la via e occhi azzurri dicono torna indietro mangia bene mangi beni chiacchieri meglio la luna si eclissa solo per tutti noi seduti qui così pochi.


Ed ecco, sì, improvvisare poi alla fin fine vien bene, che dite? O no? Che mica per forza Prussiani...

Microminchiate VIII

L'esperienza insegna...

...e le microminchiate pure. Così nella stanchezza nella non-voglia nella frammentazione di palle a me proprio mica va di uscire dal bagno dove fumo, dove penso ai fatti miei, dove sto alla finestra a guardare il cielo. Non ne ho voglia mappoi (vaccaranaporcobboia) mi ricordo che venti minuti fa iniziava la riunione e che il direttore di produzione m'ha visto andare in bagno, e se io esco ora dal bagno mi diranno checcacchiocifai in bagno e quantocimettidaichetiaspettiamo! Allora di nuovo - ma questa volta sbloccando prima la porta - butto la sigaretta, esco dalla finestra, entro dalla porta principale, e mi vedono arrivare da dove non si aspettano. La sorpresa li zittisce per quei 7 secondi sufficienti a lasciarmi dire "scusate, eccomi, dunque per il 20 come iniziamo?" e tutto fila via liscio.


Ah, bello, basta coglierli di sprovvista e non reagiscono. Ah, bello, sì! Pirloniiiiiiiiiiiiiiiiiiii!!!!

lunedì 18 agosto 2008

Solo per le foto

180808 - Rosso e giallo180808 - Rosa e azzurro


Rosso e giallo, rosa e azzurro, e la semplicità delle cose belle ancora mi sconvolge. Mica che mi rovescio a terra sbavando, solo mi sconvolge piano e sorprende delicatamente.


I peperoncini... ne volevo prendere una collana, stavo per comprarla, farla mia, portarmela via, e poi me la son vista appesa ad un chiodo ad appassire, avizzire, coprirsi di polvere, perdere profumi e colori, diventare un badanaglio (bolognesismo per "complemento d'arredo molestamente inutile e fuori luogo") e finire prima o poi nel rusco (bolognesismo per "pattume"). E allora ho deciso che stava meglio lì, appesa ad una bancarella di frutta e verdura sul litorale garganico. Il fiore e la collina che si incastonano dentro quel cielo perfetto: potevo poi anche solo fare sosta e pisciarci, in quell'autogrill, invece basta guardarsi un po' intorno, e vien fuori qualcosa che dà alla pisciata un sapore imprevisto, e così mi son svuotato la vescica con la mente rinfrescata dalla tenue potenza di questi freschi colori.


Ora, questo post non dice nulla perché io c'ho il rigetto da blog, ma le foto le volevo postare, che come scrivevo non-so-quando la bellezza è qualcosa che se lo condividi aumenta il suo valore anziché dividerlo e frammentarlo. E ora, appppperitivo!

Rigetto

  

Ho il rigetto da blog, al momento.

mercoledì 13 agosto 2008

carpe wow

Mica nel senso di wow che pescioni no no; nel senso di cogli ogni wow possibile. Cos'è un wow? Questo è un wow:


130808 - CampiL'altro giorno scrivevo dei fotografatori (non fotografi ma fotografatori) ossessivi e compulsivi che vivono il bello sempre e solo in differita, cioè o con l'obiettivo fiocinato dentro l'occhio o rivedendo le foto scattate. A vedere quante foto posto qui credo di dare idea di avere anche io la macchinetta sigillata sull'orbita, ma è diverso: ho iniziato a fotografare scene che casualmente mi colpivano, magari andando al lavoro, magari facendo colazione, magari aspettando un treno. E quelle prime foto mi hanno permesso a volte di scoprire intense bellezze anche in istanti che senza quegli scatti avrei ignorato. Ora scatto a ripetizione in quasi ogni tempo morto che mi capita, tipo viaggiando in autostrada, lasciando scorrere i 10 minuti di anticipo ad una cena, scattando da un ponte mentre attendo una persona, e così via.


Un amico scultore, che fa bassorilievi (e non solo) ed il cui sito è qui, disse una volta della sua ispirazione a ritrarre angoli magnifici, pubblicamente accessibili, ma sempre ignorati di Bologna: è che voi che ci vivete basta guardarvi per capire: camminate sempre con la testa bassa e non guardate mai in su. Ha ragione, parecchia, e così ci priviamo di tante cose semplicemente belle. Mica che questo curi le nevrosi o la piorrea, però è un buon modo per distrarsi in quei tempi che solitamente definiamo morti (ben consapevoli che non sono i tempi ad essere morti, ma siamo noi che ci spegniamo quando non siamo impegnati in qualcosa di compiuto).


Bene. Ora, finito questo pippone autoconsapevolente (uh?!), vi saluto che tra una cosa e l'altra me ne starò lontano da qui 3-4 giorni. Baciottonissimi e ciriciaociao! (??? Mah!!!)

martedì 12 agosto 2008

4 chiacchiere al bancone

...mi piace così, semplice: oggi qui e domani non lo so.

Sì certo, lo dicono tutti, anche a me piacerebbe una vita così.

Piacerebbe, e perchè?

Come perché, tu la fai, lo saprai no?

Lo so per me, non per te. E poi dicevo del piacerebbe: la Voglia Vera è all'indicativo, al condizionale c'è quella finta.

Condizionale, indicativo, filosofia da 4 soldi. Mi piacerebbe ma è ovvio che non posso.

Perché?

Ecco, lo sapevo...

No, dico davvero, perchè non puoi?

Perché... Perché ho affetti, e la casa, e un lavoro che mica posso mollarlo così, e poi che farei?

Di questo parliamo, del fare nel senso di essere in un posto in un momento, e chiedersi poco del resto.

Seee, la fai facile...

No ascolta, guarda bene, è facile, ma a patto che sia quel che vuoi.

Sì sì continua, ma come allora, che faccio col lavoro, i soldi, le moto, la casa, gli affetti, gli hobby... tutto quanto insomma?

Ecco, ce l'hai lì l'unico problema vero, ma capisco che non è un problema da poco, è proprio un gran problema.

In che senso scusa?

Affetti, lavoro, un bel problema no?

Bè, non sono mica affetti fasulli, ci tengo, son persone importanti. E belle.

Sì, non ne dubito.

Già. E il lavoro, ok mi scazza a volte, ma mi dà soddisfazioni, è un bell'ambiente tuttosommato.

Bè, allora hai più fortuna di molti che si siedono lì dove sei tu.

Eh, forse sì, in fondo credo di esserlo, fortunato dico.

Già, mi pare, e la casa, che mi dici?

Bah, non è mica mia.

Ah, quindi sei in affitto?

Sì, ma pago poco ed è bella, cioè grande per il costo dell'affitto, e poi ce ne ho messo ma è proprio come la immaginavo...

Bravo, non è cosa da poco. Immaginare una cosa, dico, e poi realizzarla.

Eh... Me ne fai un altro?

Sì, certo, uguale o questa volta senza cetriolo e magari lo zenzero?

Uhmmm... Ma sì dai, con lo zenzero, che mi piace sperimentare cose nuove.

Eh, bene, per me è altrettanto buono sai, solo diverso...

Ma tu dove hai imparato?

Qui, più o meno.

Più o meno in che senso, proprio qui? Niente scuola alberghiera  corsi di barman o che so io?

Non proprio qui, anzi più o meno agli antipodi, in Nuova Zelanda.

Wow!

Bella terra, se ha un senso dirlo di qualcosa più grande di... di un posto, ecco.

E hai imparato dove?

In un bar simile a questo, con sgabelli e bancone lucido, e mare davanti anche se era ben diverso, quello. E si stava bene davvero.

E poi?

Poi cosa - ah eccotelo qui, dimmi com'è

mmmh... buono, e diverso. Poi come mai te ne sei andato?

Bè, un giorno me ne sono andato.

Ma cosa non andava?

Non capisco.

Cioè perché scusa hai mollato tutto?

Non ho mollato tutto.

Non ti capisco, avevi un lavoro come questo - che ti piace si vede - in un posto come questo anzi forse più bello da come ti luccicano gli occhi, e te ne sei andato. Perchè?

No aspetta, più bello no, diverso. Ma me ne sono andato perché ne ho avuta voglia.

Perchè?

Oddio, non ti seguo, perché cosa?

Perchè? Cioé insomma dai, ci sarà stato un motivo no?

Sì, certo che c'è stato!

E quale? - ma sai che è proprio buono con lo zenzero?

Il motivo è che ne ho avuto voglia!

Ma così, dal nulla, ti è venuta voglia di andare e te ne sei andato?? Dai su...

Bè, guarda, non voglio insistere, ma mi vien da dirti che le voglie vere sono all'indicativo, e fanno poco i conti con qualsiasi altra cosa. Bè, almeno per me...

Ecco, di nuovo, che fai quello che se ne veleggia libero ovunque gli vada.

Lui mi guarda, e sorride.

Io lo guardo e mi sembra di cadere in avanti, e allora continuo e mi stacco dal Cocktail:


dimmi davvero, allora: come si fa ad andarsene e basta?

Bè, si va.

Oddio ma casa lavoro affetti...?

E' come una bilancia, no?

Cioè? Questa è nuova, sentiamo.

Una bilancia: su un piatto una voglia Vera, e sull'altro tutto il resto. Vedi cosa pesa di più.

E per te pesava di più la voglia Vera?

Se non fosse stato così, non sarebbe stata una Voglia Vera.

Ma quando hai iniziato a girare avrai mollato delle cose pure tu, no?

Le ho lasciate libere, sì, e me ne sono lasciato libero.

Figo, molto zen, sì ssì.

No, scusami, lo zen non c'entra nulla, mi sento di dirlo con buona certezza.

No ok, facevo per dire. Così ti sei liberato di tutto.

Non mi sono liberato, che sembra che scarichi qualcosa di pesante. No: mi son lasciato libero da ciò che avevo, e ciò che avevo l'ho lasciato libero di essere con me così come volesse, che fosse ogni alba e tramonto, che fosse nel ricordo, che fosse in un bicchiere di ruhm una volta ogni due anni.

E te ne sei andato?

Sì.

E tutto il resto?

Tutto il resto ha continuato per la sua strada, ed io pure. ma ciò che avevo davvero, non l'ho perduto, è solo lontano, o più rarefatto nel tempo e nello spazio. E tutto quello che possedevo, ecco quello l'ho lasciato andare, perché mi possedeva.

Tutto?

Tranne qualche centinaia di euro per il primo viaggio.

Ma in che senso ti possedeva?

Bè, che non vedevo oltre.

Cosa?

Non vedevo cosa ci potesse essere oltre.

E cosa c'era?

La mia Voglia Vera.

E che hai fatto?

Ho abbassato l'orizzonte.

Cioè, eh?!

Cioè ho mollato il cumulo di quello che possedevo, mi son lasciato libero di serbare ciò che avevo e di esserne serbato, e l'orizzonte si è abbassato. E ho visto oltre.

E te ne sei andato?

Sono partito.

Per cosa?

Non vorrei insistere... ma perché avevo voglia di andare e di essere leggero.

Ma non ti manca niente del passato?

Sì, mi mancano alcune cose.

E...?

E a te no manca niente del passato?

Ah, già...

Quindi non dipende da dove sei e da cosa fai, no?

Forse, in una certa misura...

Ecco, forse.

Ma allora come si deve fare?

Guarda, per me non lo so bene ma l'ho fatto, ma per te devi trovarlo tutto. Però ti consiglio di ascoltare questa canzone.

Mette su un CD e la musica si diffonde nell'aria dolce come alisei che sanno di tropici lenti e morbidi.

Le prime parole... Qui sono forse un po' dannate, ma tu ascoltale sorridendo. Le capisci?

Eh, no, non proprio.

Allora ascolta, dice così:


You got a fast car

I want a ticket to anywhere

Maybe we make a deal

Maybe together we can get somewhere


Anyplace is better

Starting from zero got nothing to lose

Maybe we'll make something

But me myself I got nothing to prove


ma qui c'è disperazione...

Sì, ma tu cavala la disperazione, e tieni la speranza, che è più delicata e fragile della Voglia Vera, ma sempre all'indicativo. E se cavi la disperazione qui ti dice una cosa semplice in fondo, ti dice che è bello aver voglia di un biglietto per partire, ovunque poi si finisca con l'andare. E ti dice che se non hai niente, non hai nemmeno niente da perdere, e nemmeno da dimostrare.

Sento un pugno nello stomaco, una carezza liquida sugli occhi, lui prosegue:

Giochetto scemo, domanda che mi è già capitato di fare: non ti ricorda nessuno?

Taccio, scuoto la testa, se dico una parola scivolo dentro i singhiozzi che mi montano dentro.

Bè, a me ricorda San Francesco...

Non so perché, ma i singhiozzi mi squassano, ed io abbraccio il bicchiere e non mi frega se ci sono altri avventori. Lui forse sorride, e vedo le mani asciugare un bel tumbler; mani abbronzate e delicate, mani pelose mani da ragazzino, un anello delicato, un bel turchese sopra, unghie curate unghie corte, mani semplici, mani bellissime che stringono vetro come fosse un amante. E la sua voce ancora:

ti dico solo una cosa, una cosa importante per me. Ricordati sempre, sempre, di desiderare all'indicativo. Il resto, lo gestirai.

Niente, nulla, sai proprio zero?!

Dico ma un po' di ispirazione no? Gnanco 'n pochetto per chessò, una microminchiata? Non dico un racconto, no, non esageriamo, ma boh, proprio nada de nada? Cheppalle, c'ho il cranio vuoto! Cioè no, cioè in verità penso che ho voglia di pesce e vino bianco, perché insieme fanno una gran magia, e se poi il pesce si porta dietro la piccantezza dell'olio buono, i filamenti insinuantemente potenti dell'aglio, e la freschezza del prezzemolo... Un infuso di prezzemolo può uccidere, lo sapevate (ecco che parlo rivolto a voi, ma chimminchiasietevoinonso-ah!)? D'altro canto anche un infuso di digitale purpurea, e così un infuso di cicuta (Socrate lo sapeva, o era Aristotele? Se era Socrate, Aristotele avrebbe dovuto, con tutte le cazzate che ha scritto che ci son voluti mille anni prima che qualcuno iniziasse a pensare che la terra non è il fulcro dell'universo). Però certo che come suicidio c'è un bel po' di differenza, che no?



  • Si è ammazzato con un infuso di prezzemolo: vacca che imbecille, avrà sbagliato il brodo!

  • Si è ammazzato con un infuso di digitale purpurea: wow, figo, ma secondo me è un omicidio e Colombo troverà l'assassino!

  • Si è ammazzato con un infuso di cicuta: ma chi, Aristotele? No imbecille, era Socrate! Porcozzio...


Ecco, appunto...


I trentini in media sanno fare vini discreti, gli altoatesini in media ne fanno di ottimi. La domanda che mi inquieta è se un altoatesino (non so, un qualunque Werner Zwiebelbrunner) trasferito a Trento inizi a fare vino solo discreto o alzi la media qualitativa trentina conservando la sua eccellenza. Credo sia una questione di terroir e di approccio vocazionale, che è bella questa cosa, come comporre un puzzle: non è che dalle marne della Francia ci puoi far venir fuori buon Lambrusco (il concetto di buon Lambrusco mi rimane oscuro, ma vabbè...): là ci vien bene il Pouilly-Fumé, e ci vien bene perché mette insieme il terreno, l'ambiente, il clima, la lavorazione. Allora però lo chardonnay (esempio estensibile ad altri vigneti) è un po' la zozza maiala dell'ampelografia mondiale, che lo fanno bene in Sicilia (ah, fa' te se non lo fanno bene, senti quello di Tasca d'Almerita va'!), lo fanno bene nelle marche e in umbria, lo fanno da Dio in Alto-Adige. Boh!


Però le degustazioni che più mi fan godere son quelle su base localizzata, tipo (una a caso) stasera Abruzzo! Sì, che l'Abruzzo ha quel mix di vini ottimi, ottimi produttori non troppo evidenti, bella regione non troppo antropomorfizzata, DOC e DOCG con senso e non strabordanti, varietà e cura. Marramiero, Valentini, Mancinelli... godete! Gaudeamus igitur, anzi, tous ensemble tous ivre! Ah: antropomorfizzato: termine che ho scoperto percorrendo la Val di Fassa con un amico Guida Alpina mentre andavamo al Ciavazes a ripetere la Micheluzzi (sì sì il traverso di 90 metri una figata, ma io avevo le chiappe strette a spillo!!!). Ecco, la val di Fassa è troppo antropomorfizzata. La luna troppo poco. In mezzo c'è tutto il resto. Anche se Shangai o Singapore... ma quei mostri urbani mi ricordano il pianeta centrale della serie di Asimov, quello che era un'unica città da 40 miliardi di abitanti. Orpo!


Comunque ho fatto streching alle dita - che è quel che conta - e si appropinqua l'ora della pappa. A mensa chiusa la pappa prandiale sarà un Big Mac. Che vino ci metterei su? Ma dico, approccio vocazionale! Per qualcosa che viene da un popolo mai toccato dalla cultura, la Coca Cola è inevitabilmente il miglior companatico. Inevitabilmente! Ciaaaaaaaaaa


P.S.

Mancinelli secondo me non è per niente abruzzese, oppure coltiva Verdicchio dei Castelli di Jesi mooooolto lontano da Jesi. Vabbè, ogni grande scritto ha dei refusi sennò non è un grande scritto. E questo inevitabilmente lo è. Inevitabilmente.

Terra-Cielo II

Serenamente, leggermente, un sorriso. E in bocca al lupo! iiiii-ahhhhh!

lunedì 11 agosto 2008

Oggi niente trippa...

...nemmeno per i gatti, figuriamoci per il Mulo.


Il quale, dopo numerosi incipit e scavallando di qua e di là da operazioni sistemistiche che poco capisce e meno lo interessano, decide che l'11 agosto è un buon giorno per non produrre alcunché dalle parti del Cetriolo Wcubed. D'altro canto solo in ieri posso annoverare una discesa dall'Alto Adige a Bologna reggendo un monologo che mi ha istupidito; una circumnavigazione di Tara delle Lepri che era bella come non mai nei contrasti del primo tramonto; fiori di oro zecchino che sbocciavano in cielo, e un ritorno alle spiagge californiane dove tra falò e cocktail si ascoltavano Led Zeppelin e Beach Boys. Insomma, oggi proprio non c'ho voglia di scrivere, e va bene così in fin dei conti.


110808 - Tara delle Lepri110808 - Incantesimi110808 - Primordi

domenica 10 agosto 2008

Menzogne e quantum leap

unused - Me good


xx: Ah hai un blog, e cosa ci scrivi?

mm: Bè, quello che mi viene in mente, che capita...

xx: Sì ma tipo...?

mm: Ecco, tipo... Mah, non so, cose...

xx: Ah.

mm: Bè sì, cose.

xx: Ah.


Davvero ho risposto quello che mi viene in mente. Come se il blog fosse un mezzo per esprimere parole che ti salgono in gola e che o trovano un urlo, o trovano un interlocutore, o trovano il blog. Uh, per quel che mi riguarda, palle. Il blog è il fine, le parole il mezzo che mi consentono di animarlo. Se il blog non fosse il fine non ci sarebbero tanti post, qui e altrove, che si rivolgono all'esterno in seconda plurale: io preparo una parte e poi la recito per un pubblico (in buona misura invisibile). Mica che siano falsità o artefatti stratagemmi: ciò che scrivo è viscerale e vissuto, ma sì che sto anche mezze ore a lambiccarmi su cosa potrei scrivere. E sì che il 99% di chi ha un blog l'ha aperto nel momento in cui aveva qualche enorme parola che gli si gonfiava dentro e doveva trovare sfogo. Ma poi ci sono i numerini del counter, i commenti, e diventa troppo facile essere orgogliosi di questo diario che poi diventa una vetrina. D'altro canto, se non ci fosse una volontà divulgativa e sociale anche alla base stessa dell'idea di blog, allora il blog più semplice, portabile e logico sarebbe una cartella sul PC con dentro documenti di word. O no? Bè, quello che scrivo lo scrivo perché prima penso "ora voglio scrivere", e poi penso a cosa. Al che il fine cos'è, ciò che si scrive, il mezzo che si usa, o l'atto in sé di scrivere (col corollario di essere letti)?. Punto sull'ultimo. Ma quanti scrittori scrivono solo per se stessi e non per essere letti? Direi tutti quelli che non abbiamo mai letto, quindi nessuno che sia mai stato definito scrittore. Allora, a questo punto, mi sento in pace. Ciao!


Ah, questo era per le menzogne (che poi c'entra come cavoli a merenda ma vabbè). I salti quantici li fa chi va in vacanza e usa la macchina fotografica come fine e non come mezzo. Ma non al livello da essere un fotografo, al livello solo da essere uno (e ne vedo tanti, e nonostante le foto che posto qui io non sono tra questi, giuro giuro!) che di fronte alla bellezza zompa avanti nel tempo scattando foto che potrà vedere in futuro, e appena passa oltre il manifestarsi della bellezza, si riguarda le foto già sul display della macchinetta. Avanti nel tempo indietro nel tempo. Una bella metafora in scala della nostra incapacità di godere del presente. La cosa mi fa ruttare acido.


P.S.

La foto l'avevo scattata e convertita venerdì sera alle 2 prima di scrivere il post qui sotto. Mica sapevo perché, ma proprio nell'ottica ho belle emozioni e sensazioni e voglio scrivere qualcosa. Ma ancora non sapevo cosa, non sapevo che sarebbero state le colline d'Africa qui sotto, e così mi sono scattato una foto nel caso mi ispirasse qualcosa. Così la metto qui, che vale per l'istrionismo di chi ha un blog, e pure per il discorso dello star sempre a scattare foto. Va mo' là!

sabato 9 agosto 2008

Trattengo tutto ciò che ho

080808 - Africa 1080808 - Africa 2080808 - Africa 3


Non solo il respiro, trattengo, ma tutto ciò che ho e che non ho sottratto ad altri.


Ho voglia di Africa come non l'ho mai avuta, perché per quasi tutta la mia vita l'Africa non l'ho desiderata, pensata, nemmeno immaginata. Poi ho letto i 49 racconti di Hemingway, e le colline verdi, la terra rossa, il sole che si muove lento in cielo e poi cola a picco dietro un orizzonte sconfinato, mentre sotto una tenda che sbatte nel vento il ghiaccio tintinna in un bicchiere, affogato di brandy (ma io preferisco l'Armagnac, sia beninteso)... Ok è l'Africa pseudo-coloniale degli anni '20, vista da un bianco con elmetto coloniale che chiama boys i servitori, ma io non sogno di essere servito, sogno di respirare quegli spazi, di farmi vastissimo e averli dentro a soffiare e scaldare e battere polvere da sentieri appena tracciati.


E poi ho ascoltato per settimane Living Darfur di Mattafix, facendola mia fino a storpiarla per ignorare la guerra e la repressione e riempirmi gli occhi di quel video, in cui ci sono occhi enormi che sorridono e voci lontanissime che cantano con voci piene di forza parole che io non capisco.


E poi ho ascoltato Crossroads di Tracy Chapman, e le percussioni mi ricordano tamburi e ritmi essenziali e potentissimi mentre il titolo continuava a rimandarmi l'immagine di piste di terra rossa e polvere finissima che si incrociano attraverso altopiani verdi e gialli, ed io in piedi dentro un cielo infinito con ogni strada e scelta possibile.


Non so cosa sia, davvero non lo so: fino a 6 settimane fa scrivevo solo di rum e spiagge, di mari al tramonto e luci fioche sotto le quali ballare, sudando e bevendo, ridendo e spogliando il corpo ad un sesso che tra calori e temperature, tra baci freschi e occhi infiammati, scivolasse sulle labbra, tra le mani e fra le cosce fino all'alba rosa e tiepida. Ed ora invece mi vedo camminare in posti che non ho mai visto, alla ricerca di una strada sconosciuta sulla quale perdermi perdendomi nella bellezza di ciò che mi avvolge e contorna, che mi stringe stretto e getta in aria come una palla, un sole che sorge, una manciata di stelle che tremolano vivissime.


Trattengo il respiro, trattengo ciò che immagino, annuso e cerco come un cane da tartufo ogni istante che mi si illumini di bello, e tutto questo lo tengo e trattengo e serro dentro una macchinetta perché lo vorrò rivivivere domani e tra una settimana, e perché la bellezza è una delle poche cose che puoi stringere e serrare forte tra le mani senza privarne chiunque altro. Anzi, ecco, forse condividendola, forse mostrandola, diventa ancora più luminosa.


E non so che dire se non che a 50 chilometri da Bologna mi son trovato lì, su terra rossa osservando il sole scivolare dietro verdi colline, mentre la luce era un oro tiepido che faceva vibrare ogni minuscolo contorno. Ed io sono arrivato con 20 minuti di ritardo alla cena, e sono stati i 20 minuti più belli di questa giornata.

venerdì 8 agosto 2008

Arrotolo sigarette intorno a pensieri

Il bestiario tace, le bestie son scappate verso spiagge verso monti verso colline verso dove gli va che a me non interessa. Il Macellaio Macilento quello c'è, ma anche lui oggi va e viene, gironzolando per uffici che non sono suoi, e mi pare giusta questa condivisione della sua stordente scia che solitamente mi viene integralmente riservata. Così guardo foto di soli passati e mari futuri, e sto immobile sui miei piedi lasciando che il tempo mi scorra lento sotto le suole. Poi prendo il pacchetto verde di Golden Virginia e lo annuso, che sa di larghe foglie di tabacco umide e appiccicose, prendo l'accendino giallo tuorlo e ne clicco fuori una fiammella, prendo le cartine OCB scritte in mercurio su un fondo di acciaio satinato al cobalto, e vado fuori con un bicchierino di caffé in cui un cubetto di ghiaccio si immola. Nelle orecchie una corrente di numerelli stupidi come zero e uno viene fusa in una magia che scorre (QUESTA MAGIA QUI), ed io esco nel sole ad arrotolarmi una sigaretta. E fumo.


Fuori del cancello passa un africano, parla al cellulare in una lingua aspra con voce rotonda, concitato tesse parole che non capisco dalle quali ogni tanto emerge un vaffanculo aspro e rotondo. Io fumo e lo guardo. Lui parla e dice vaffanculo. Va avanti e sparisce nel sole, e la sua voce lo segue senza lasciarmi. Poi ritorna e attraversa di nuovo la fetta di orizzonte incastrata nel cancello che ci separa. Parla al telefono e dice vaffanculo, chiude con vaffanculo, mette il cellulare in tasca e si ferma. Le braccia lungo il corpo, mi guarda e guarda il sole, il sole gli cola addosso come una doccia, e lui di sole deve averne visto come io mai, luce enorme sulla sua pelle nera. Mi guarda ed io fumo. Mi fa un cenno e abbozza un sorriso. Mi fa un gesto e io arrotolo una sigaretta mentre lui aspetta sotto quella doccia. Il cancello in cui si incastra questa mia fetta di sole separa i continenti e non può nulla su semplici mani bianche e nere che porgono una sigaretta, che ricevono una sigaretta. Un cenno. Un sorriso. Niente parole se non quelle di un torrente nelle mie orecchie, uno scorrere di note che mi scatena brividi lungo la schiena che mi fa ballare con tutto il corpo e l'anima anche stando immobile in un gesto.


Lui fuma, ora, ed io fumo. All'ombra io, al sole lui che sembra non averne abbastanza. Fuma in silenzio, prende fuori dalla tasca un fascio di banconote da 50 euro e le conta 1, 2 e 3, le conta 4, 5 e 6, le conta che io non le conto più. Mi sorride e fa un cenno, e nel sole va via.


Io fumo, poi getto la sigaretta oltre il cancello e ci getto me stesso oltre il cancello, ci getto i miei piedi che mentre percorrono il corridoio e mi portano su questa sedia camminano su terra rossa, tra erba enorme e verde, dentro un vento che non ho mai odorato, fino a un mare dove tra conchiglie e reti i bambini con occhi enormi ballano una gioia così semplice che io non saprei nemmeno pensare.


Penso a quel cancello che non ha saputo dividere un gesto.

In bocca al lupo, che i tuoi soldi non brucino la tua felicità.