mercoledì 12 ottobre 2011

RETHINK II: Siamo italiani o siamo umani

Il 6 ottobre Jobs muore e si innalzano ovunque cori piangenti, si abbassano ovunque capi e cappelli, cadono ovunque lacrime, e si levano da ogni dove preci e preghiere.

L'8 ottobre girano mail, blog e proclami su quanto Jobs fosse un tagliatore di teste, un padre degenere dedito al lavoro a scapito della famiglia, un iracondo bastardo che tutti temevano.

Sui forum di arrampicata, subacquea, giardinaggio, cucina, amateurs sex, feng-shui e ikebana si alza la polemica tra chi protegge il buon nome di Steve e chi lo denigra. Qualche voce pare più oggettivamente pacata e invoca l'espressione da parte della massa (tutti noi) di semplici opinioni sull'operato di Jobs (Apple, il Mac, l'iPhone, etc), anziché di giudizi sulla persona.

Condivido questo atteggiamento fintanto che queste persone non citano la trasposizione campana della vita di Jobs e di Apple Incorporated (che può essere trovata su un blog che si chiama isegretidellacasta). Ovviamente in questa trasposizione Jobs finisce a fare il garagista dopo essere stato vessato da strozzini, agenti corrotti (di qualsiasi arma e ordine), malfidenza, delazione, camorra, e chi più ne ha più ne metta.

Senza contare che, se io fossi campano, forse un po' dovrei risentirmi, o quantomeno affrancarmi, o spiegare agli altri che stronzate simili fanno (poco) ridere e fanno molto comodo a chi abbia tutto l'intresse a lasciarsi ricadere in luoghi comuni ed etichette trite e ritrite, ciò che più mi colpisce è il primo (più recente) dei 26 commenti a quel post: un tizio che dice che in Campania proprio non c'è verso di far emergere la genialità: lui stesso ci ha provato ma lì a Napoli è impossibile.

Io ho qualche domanda:
  • da dove ci deriva questa compulsione irresistibile a giudicare esseri umani dei quali nosappiamo nulla se non le poche informazioni diffuse sull'orbe terrarum, spesso connesse a ciò che l'essere umano fa (e non ciò che è)?
  • perché dobbiamo sempre uniformarci a tendenze (contribuendo a crearle, diffonderle e potenziarle)?
  • perché non siamo in grado di prendere il meglio e lasciare il peggio? Eppure lo facevamo quando non ci chiedevamo se Schweizer, Einstein o Churchill fossero santi o figli di troia e ne apprezzavamo le scoperte, le teorie e le doti di statista e politico.
Ma soprattutto:
  • se un qualche tecnico informatico nostrano non è il Jobs, il Gates, lo Zuckerberg italiano, è perché da noi la genialità non ha modo di esprimersi?

lunedì 10 ottobre 2011

RETHINK: stay hungry, stay foolish


Steve Jobs muore, e ovunque rimbalzano le sue 4 parole più recentemente famose: stay hungry, stay foolish. Parole del 2005 - lo scopro ora - che riemergono all'attualità viva e drammatica come pronunciate dal letto di morte per un'imperitura epigrafe, un testamento morale: restate affamati, restate folli.

In realtà so di questo suo dicorso da un certo tempo, ma fino ad ora non ho sperimentato alcuna curiosità di leggerlo; quelle 4 parole mi sembrano un ottimo mantra per aspirazioni pseudoeroiche, proprio ciò che in me combatto dopo aver percepito che per me erano spinte viziate dal bisogno di compensazione.

Però, ora che quelle parole si sono gonfiate in uno dei più densi cumulonembi nelle tag-clouds del web, mi prende la curiosità di approfondire. Cerco e trovo il discorso, che leggo in dieci minuti e che prima di arrivare al roboante epilogo riporta tre episodi di vita vissuta. Non ho bisogno di spremermi le meningi costipate dall'influenza per comprendere che quella fame e quella follia sono forse ben diverse da ciò che suggeriscono se decontestualizzate.

Restate affamati, restate folli.

Cosa significa, conservare la fame di successo, gloria e realizzazione?
Conservare la follia di avanzare casualmente sull abase di impeti ed impulsi irragionati?

Perché quelle 4 parole, private delle duemila che le precedono e che danno loro contorno e contesto, genesi ed esegesi, richiamano alla mente scene di un Vin Diesel furente e muscoloso, fuorilegge eroico e fascinoso, che sbaraglia i Necromonger per ergersi infine sul loro stesso trono. Bello, eroico, un po' dannato, affascinante, potente, irriconducibile entro leggi e schemi...

E' questo che intendeva Steve Jobs? Magari sì, ma io non lo credo. Ovviamente, però, che ciascuno creda ciò che preferisce, anche perché è irrilevante, mentre molto più rilevante è come ciascuno di noi deciderà di fare suo, se vorrà, quel monito. Innegabilmente a me il discorso ed il suo epilogo hanno toccato nervi scoperti, sensibili, che forse avevano bisogno di parziale rivitalizzazione. Allora cosa significa, secondo me, restare affamato e restare folle?

Significa non dare mai per scontato che ogni traguardo raggiunto si trasformi in un valore pienamente acquisito e indefinitamente disponibile. Significa non cedere mai alla stasi derivante dalla comodità. Significa non smettere mai di dialogare con se stessi e continuare a porsi domande per trovare nuove risposte o confermare quelle già pensate. Domande come

chi sono?
cosa voglio?
sto bene così?
potrei stare meglio?
sono ancora vivo?
sono ancora curioso?
sono ancora capace di vedere il bello che c'è al mondo?
sono ancora capace di inorridire del brutto che c'è nel mondo?

E per quanto riguarda la follia? Mah, qui è più difficile, fumoso, qui è possibile trovare mille declinazioni diverse per ciascuno dei 6 miliardi e mezzo di persone del pianeta. Per me questa follia è la follia di non essere affamati di altro che di se stessi. La follia di mirare a volersi bene anche quando questo dovesse significare, per tanti, rinunciare al proprio bene in termini di realizzazione professionale, stipendio, beni accumulati, etc.

Perché una cosa che ho capito - e non nel senso che sia assoluta e dogmatica, ma nel senso che l'ho capita perché per me vale ed ha senso - è che l'unico modo per volermi bene è trattarmi come una pianta, un fusto ancora verde, o pure vecchio e scorzoso, ma che comunque ha bisogno di poche cose semplici, grandi e importanti, per crescere: luce e acqua, vista e nutrimento. Non macchine, vestiti, manie, identificazione con miti o squadre di calcio o eroi o partiti; nemmeno potere o fama o gloria. Luce e acqua, elementi essenziali per vivere, rigenerare ogni mio pensiero in continuo, alimentarne di nuovi e più freschi.

E mi chiedo se Steve Jobs considererebbe / considerava affamati e folli quelli in coda per 12 ore per avere l'i-pad2. Se considererebbe affamati e folli i cori piangenti che salmodiano preghiere davanti alle vetrine degli Store accendendo lumini e attaccando post-it.

Mi chiedo cosa ci sia di affamato e folle nel vivere per accumulare amici su Facebook, per avere in anteprima i-Phone 4 e i-Pad 2. Mi chiedo cosa ci sia di affamato e folle nel delegare se stessi ad un logo, ad un'innovazione tecnologica, a 4 parole sulle quali non ci si sofferma a pensare nemmeno un istante e subito si dice "che belle, che genio".

La differenza è che Steve Jobs quelle parole le ha pronunciate e fatte sue alla fine di un discorso di altre 2210. La differenza è che Steve Jobs l'i-Phone lo ha immaginato e poi realizzato. La differenza è che Steve Jobs si è tolto dall'università perché non ci vedeva un senso ma ci è rimasto senza pesare sui genitori per seguire corsi di materie che gli interessavano (anziché chessò, ad esempio, rimanerci per anni a cazzeggiare ben pasciuto dall'affitto pagato da papà). La differenza è che Steve Jobs ... è Steve Jobs. E chi anziché seguire se stesso si ponga in scia a Steve Jobs, credo non abbia proprio capito un cazzo di ciò che Steve Jobs voleva dire.

Ma questa è solo la mia personale opinione. Ed io non ho mai nemmeno avuto un Mac...